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Vozroždenije, l’isola d’antrace scomparsa

C’era una volta il lago d’Aral. Può sembrare l’incipit di una favola, ma in realtà questa storia non ha un lieto fine. Il lago d’Aral oggi, a tutti gli effetti, non esiste più. A causa di varie vicissitudini che includono anche il cambiamento climatico che attualmente sta investendo tutto il mondo, il lago si è prosciugato diventando un deserto, il cosiddetto Aralkum, che copre buona parte del confine tra il Kazakhstan e la repubblica autonoma del Karkalpakstan, situata nella regione settentrionale dell’Uzbekistan. Il nome del lago è di origine turco-mongolica e significa letteralmente “mare di isole”, e infatti ne contava quasi 1.100. Tra queste vi era l’isola della Rinascita – in russo Ostrov Vozroždenija – che negli anni ha servito uno scopo molto particolare, diventando la base di un centro sperimentale per la creazione di armi batteriologiche.

Posizione dell’isola (Elaborazione dell’autore)

L’isola degli Zar

La scoperta dell’isola avviene durante la metà del XIX secolo a seguito di una spedizione congiunta della marina imperiale e della società geografica russa guidata dal luogotenente Aleksej Ivanovič Butakov, il quale scoprì l’isola insieme a Karl Ernst von Baer nel 1848. La battezzarono da subito isola zar Nicola I, nome con la quale rimane nota fino al 1917. Tra le persone che presero parte alla spedizione ci fu anche il poeta e scrittore ucraino Taras Ševčenko.

Una mappa del Lago d’Aral risalente al 1853 (Wikimedia Commons)

Arriva la Rivoluzione

Con la Rivoluzione d’Ottobre del 1917 e l’ascesa al potere del Partito comunista, l’isola deve cambiare nome perché non c’è posto per gli zar nell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche: si decide per la parola russa Vozroždenije che significa rinascita. Nel 1926 l’allora Ogpu (che di lì a poco sarà succeduto dal Nkvd e poi ancora dal Kgb) individua nell’isola il luogo perfetto per costruire un campo di prigionia per i kulaki, ovvero i contadini proprietari terrieri. Si dice che il nome Vozroždenije derivi proprio da quella che doveva essere la “rinascita” dei kulaki imprigionati, ma molto semplicemente il nome fu scelto per celebrare la nascita dell’Urss.

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Il luogo perfetto

Durante gli anni Venti del XX secolo, dopo la fine della guerra civile, l’esercito sovietico era alla ricerca di un sito per costruire un complesso a uso scientifico e militare per sviluppare e testare armi biologiche e batteriologiche. Così, nel 1936 la gestione dell’isola sul quale era presente il campo di prigionia passò all’Istituto tecnico-sanitario (Sanitarno-Tekhničeski Institut) facente parte del quindicesimo direttorato dell’Armata Rossa dei Lavoratori e dei Contadini: l’accesso all’isola venne limitato solamente ai lavoratori dell’impianto e alle loro famiglie.

Il primo progetto, guidato dal direttore dell’istituto Ivan Velikanov, prevedeva un test all’aria aperta della tularemia e fu condotto nel maggio del 1937. Lo scopo della sperimentazione era di misurare l’efficienza degli equipaggiamenti dell’Armata Rossa in caso di attacco batteriologico. I test terminarono il mese successivo quando Velikanov fu arrestato dall’Nkvd insieme alla sua équipe su ordine del generale Michail Tuchačevskij, durante le Grandi Purghe staliniane. I successivi diciassette anni di storia dell’isola sembrano essere stati spazzati via, perché non vi è alcun resoconto di quello che è successo su quel pezzo di terra in mezzo al lago d’Aral in quegli anni.

Dopo la Seconda guerra mondiale e dopo aver visto i progressi delle tecnologie delle armi biochimiche americane e britanniche, il governo dell’Unione Sovietica decide, nel 1952, di fare un altro tentativo nell’ambito delle armi batteriologiche tornando sull’isola di Vozroždenije e migliorando le strutture già presenti. Gli esperimenti avvenivano su animali e includevano batteri quali antrace, tularemia, peste, vaiolo e botulino.

La struttura dell’impianto

Sull’isola era situata la cittadina di Qantubek che, con l’apertura di Aral’sk-7, diventò sostanzialmente una delle tante città chiuse presenti sul territorio sovietico. Qantubek era il centro amministrativo principale sull’isola di Vozroždenije e durante la stagione degli esperimenti ospitava circa 1.500 persone, 600 delle quali erano soldati dell’Armata rossa. La cittadina era fornita di un bar, una mensa, uno stadio, una piazza d’armi e una piccola centrale elettrica. Gli abitanti di Qantubek, inoltre, ricevevano vaccini gratuiti e cure mediche. Fuori città era situato l’aeroporto di Barchan che serviva la città con le provviste necessarie ed era fondamentale per i test batteriologici con aerei per verificare la dispersione aerea dei bacilli sviluppati in laboratorio.

Uno scorcio dei laboratori di Qantubek (Youtube)

Il sito di Aral’sk-7 è stato protagonista di diversi incidenti durante la propria esistenza: tra luglio e agosto del 1971 un test sul campo effettuato con 400 grammi di vaiolo ne ha scatenato un’epidemia nella città di Aral’sk che risultò in una ventina di contagi, cinque dei quali fatali. L’anno dopo, nel 1972, due pescatori furono trovati morti su una barca nel lago d’Aral: le autopsie rivelarono la causa della loro morte, ovvero un’infezione da peste proveniente dai laboratori locati sull’isola di Vozroždenije. L’incidente divenne di dominio pubblico solamente nel 2002.

La fine dell’Unione Sovietica. Cosa si fa con l’isola?

Alla fine del 1991 l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche cessa di esistere: il 31 agosto una delle due repubbliche nelle quale era situata Vozroždenije, ovvero l’Uzbekistan di Islom Karimov, dichiara l’indipendenza; il Kazakhstan la segue il 16 dicembre. La giurisdizione dell’isola passa quindi a due paesi differenti. Il centro di ricerca di Aral’sk-7 viene ufficialmente chiuso nel novembre del 1992 per decreto del primo presidente della Federazione Russa, Boris El’cin: le persone rimaste sull’isola vengono evacuate in una giornata, con gli abitanti convinti che fosse soltanto un’esercitazione.

La cittadina di Qantubek divenne di conseguenza una città fantasma. I governi di Kazakhstan e Uzbekistan si accordarono con quello russo per un piano triennale sulla bonifica e lo smantellamento dei centri di ricerca, ma l’accordo non andò in porto per disinteresse e mancanza di fondi da parte russa. L’isola di Vozroždenije divenne quindi la più grande discarica di antrace sul pianeta, dato che i contenitori di spore modificate si deteriorarono a tal punto da aumentare esponenzialmente il rischio di epidemie potenzialmente letali. Così, le autorità kazake e uzbeke si rivolsero al governo degli Stati Uniti nel 1995, con la bonifica che avvenne nell’estate del 2002.

La città di Qantubek oggi (Youtube)

La scomparsa di Vozroždenije

Ad oggi Vozroždenije ha seguito il destino del lago d’Aral, ovverosia è scomparsa. Com’è potuta accadere una cosa del genere? La risposta si può trovare principalmente in due fattori: i piani agricoli sovietici e, naturalmente, il cambiamento climatico.

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Il prosciugamento del lago inizia negli anni Sessanta quando le autorità sovietiche decidono di prelevare l’acqua dei due principali corsi d’acqua che irroravano il lago d’Aral, ovvero il Syr Darya e l’Amu Darya, principalmente per aumentare la produzione intensiva di cotone nelle repubbliche dell’Asia centrale nella speranza di raggiungere le quote stabilite dal Politburo per i piani quinquennali.

Negli anni più recenti la situazione è stata esacerbata dall’innalzamento delle temperature a livello globale, cosa che ha aumentato la desertificazione nella regione. Intorno ai primi anni Duemila l’isola cessa di esistere diventando una penisola e negli anni successivi viene inglobata nel deserto dell’Aralkum.

Immagine di copertina tratta dal video Rebirth Island. Aralsk-7 di Ninurta.

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Tobias Colangelo
Tobias Colangelo

Laureato in Scienze della Comunicazione, si occupa principalmente di calcio e basket specificatamente nell'area balcanica, avendo vissuto in Serbia nel periodo tra agosto 2014 e luglio 2015. Ha collaborato da giugno 2020 a dicembre 2021 con la redazione sportiva di East Journal. É co-autore del podcast "Conference Call" e autore della rubrica "CoffeeSportStories" sul podcast "GameCoffee". Da agosto 2022, collabora con la redazione sportiva della testata giornalistica "Il Monferrato".