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Tito contro Stalin: storia di una rottura politica e personale

Josip Broz (1892-1980), meglio noto come Tito, e Iosif Vissarionovič Džugašvili (1878-1953), meglio noto come Stalin; il maresciallo e “l’uomo d’acciaio”; la Repubblica Socialista di Jugoslavia da una parte, e l’Unione Sovietica dall’altra; due paesi e due leader che alla fine della Seconda guerra mondiale, dopo la vittoria degli Alleati sulle potenze dell’Asse, apparivano come molto simili e affini sullo scacchiere internazionale.

Portatori del medesimo ideale, quello socialista, e appartenenti allo stesso blocco, quello comunista, Jugoslavia e Urss si trovavano, perlomeno “in teoria”, dalla stessa parte della storia, quando nel mondo postbellico iniziarono gradualmente a emergere le prime inconciliabili differenze col blocco occidentale, che portarono alle decennali tensioni della Guerra fredda. Ma Tito e Stalin la pensavano davvero allo stesso modo?

I due furono fra le figure politiche più controverse, più discusse, più venerate, ma anche più detestate nella storia del Novecento, non solo nel mondo comunista, tanto che ancora oggi le loro politiche e i loro lasciti sono dibattuti. Alcuni amano Tito, e odiano invece Stalin; altri all’opposto, nonostante tutto, sono nostalgici nei confronti di Stalin, e sono indifferenti invece verso Tito; qualcuno li ama entrambi e qualcuno proprio non li sopporta, né li vuole ricordare; ma quale fu il rapporto fra i due? Tito e Stalin si amavano o si odiavano?

Tito contro Stalin
Poster di Stalin e Tito durante una manifestazione a Belgrado nel 1946 (Wikipedia)

L’espulsione dal Cominform e lo scisma

All’inizio del 1948, nonostante le similitudini fra i due paesi e contro ogni previsione, Tito e Stalin entrarono in conflitto: il Partito Comunista Jugoslavo (Pcj) iniziò infatti a manifestare per la prima volta la propria forte dissidenza nei confronti dell’egemonia assoluta di Mosca. In risposta, il 28 giugno di quello stesso anno, durante una riunione a Bucarest, Stalin decise di espellere la Jugoslavia dal Comitato d’Informazione dei partiti comunisti e operai, ovvero il cosiddetto Cominform, accusando il Pcj di “deviazionismo dal comunismo e trotzkismo”.

Il Cominform era un’organizzazione internazionale dei partiti comunisti, costituita nel settembre del 1947, di cui oltre al Pcj e il Pcus (Partito Comunista dell’Unione Sovietica), facevano parte anche i partiti comunisti dell’Europa dell’Est (Polonia, Cecoslovacchia, Bulgaria, Romania, Ungheria) e i due maggiori partiti comunisti dell’Europa capitalista dell’epoca, ovvero il Pci e Pcf (Partito Comunista Francese).

L’espulsione della Jugoslavia dal Cominform, inattesa e imprevista fino a quel momento, fu quindi un fatto clamoroso, e tuttavia divenne irreversibile: da allora nacque infatti un vero e proprio scisma interno al blocco comunista e la Jugoslavia intraprese un percorso via via sempre più differente e soprattutto autonomo da quello dell’Unione Sovietica.

Alla base vi erano delle sempre maggiori differenze ideologiche e strategiche nella costruzione della cosiddetta “società socialista”, ma soprattutto Tito non sopportava il dispotismo di Stalin e l’ingerenza dell’Urss nei Balcani, soprattutto nella spartizione delle sfere di influenza tra Bulgaria, Romania, Albania e in parte Grecia (che pur fu protagonista di una sanguinosa guerra civile, che vide la disfatta della fazione comunista nel 1949).

Tito contro Stalin: fra spie, minacce e sicari maldestri

Dopo l’uscita della Jugoslavia dal Cominform, Stalin e i suoi la definirono addirittura come “Stato canaglia” e “covo di spie e assassini” e i rapporti fra il maresciallo Tito e Josif Stalin si fecero sempre più tesi e pericolosi, tanto da originare una serie di bizzarre e mai del tutto confermate teorie secondo cui Mosca mandò più volte spie e sicari ad assassinare Tito. Secondo queste stesse teorie, Tito riuscì però sempre a scamparla e anzi, resosi conto dei tentativi di farlo fuori da parte di Stalin, gli scrisse una lettera di suo pugno, in cui lo ammonì:

“Smettila di mandare persone ad uccidermi. Ne abbiamo già catturati cinque, di cui uno con una bomba e uno con un fucile. Se non la smetti di mandarmi sicari, ne manderò io uno a Mosca e non avrò bisogno di mandarne un secondo.”
Frase attribuita a Tito, rivolta a Stalin dopo l’uscita della Jugoslavia dal Cominform

La Jugoslavia sullo scacchiere internazionale

In un primo momento, a seguito dell’espulsione del Pcj, gli altri paesi del Cominform interruppero i rapporti con Belgrado, eppure Stalin non riuscì nel suo intento di isolare la Jugoslavia: dopo la rottura, Tito intraprese infatti una politica interna ed estera autonoma, che fu in grado, nonostante le numerose controversie, persino di normalizzare i rapporti con la maggior parte dei paesi occidentali, facendo guadagnare al maresciallo il rispetto dei leader di tutto il mondo. Josip Broz rimase infatti al potere fino alla sua morte, avvenuta nel 1980, e ideò una sua personale visione di socialismo, una sorta di via “alternativa”, che fece della Jugoslavia una potenza concorrente dell’Urss nell’Europa orientale.

Tito contro Stalin
Josip Broz Tito e il Presidente americano John F. Kennedy nel 1963

Durante i suoi numerosi viaggi, il maresciallo Tito incontrò inoltre moltissimi leader politici e personalità di spicco, fra cui la Regina Elisabetta, i presidenti americani Eisenhower, John F. Kennedy e Nixon, Indira Gandhi, oltre a numerosi leader africani e mediorientali, le attrici Elizabeth Taylor e Sophia Loren e persino Papa Paolo VI, che contribuirono a riavvicinare la Jugoslavia all’Occidente, pur mantenendo una politica di non allineamento fra i due blocchi.

Anche per quanto riguarda la politica interna, il Pcj si distinse dal Pcus: esso concesse infatti maggiori libertà ai cittadini jugoslavi ed esercitò meno censura sui prodotti provenienti dal mondo occidentale. I cittadini jugoslavi potevano per esempio oltrepassare i confini statali e viaggiare all’estero liberamente, cosa che non era invece concessa, se non con particolari permessi, ai cittadini dell’Urss, così come non lo era per i cittadini della maggior parte degli altri paesi del blocco comunista.

Tito contro Stalin
Josip Broz Tito e la Regina Elisabetta nel 1972 a Belgrado (Picryl)
Tito contro Stalin
Josip Broz Tito e la moglie Jovanka insieme al Presidente americano Richard Nixon e sua moglie Pat nel 1970
Il maresciallo Tito in visita in Tanzania (Wikipedia)

La morte di Stalin e il disgelo

Le tensioni fra Tito e Stalin terminarono definitivamente soltanto nella notte fra il 28 febbraio e il 1° marzo del 1953, quando il segretario generale del partito comunista dell’Urss venne trovato morto nella sua dacia presso Kuncevo, non lontano da Mosca.

Il successore di Stalin, Nikita Sergeevič Chruščëv (1894-1971), intraprese una politica molto diversa da quella di Stalin tanto che nel 1956, nel corso del XX Congresso del Pcus, sorprese i delegati presenti con un discorso che per la prima volta denunciava agli occhi del mondo i numerosi crimini di Stalin, l’assurdo culto della sua personalità e soprattutto le grandi purghe degli anni Trenta, che fra il 1936 e il 1939 condannarono a morte oltre 200mila persone.

Tito contro Stalin
Incontro tra Josip Broz Tito e Nikita Chruscev nel 1963

Il discorso di Chruščëv fu un primo importante passo per avviare il processo di “destalinizzazione” e, soprattutto, per aprire la nuova fase di disgelo dell’Urss, sia nei confronti dell’Occidente, che nei confronti della Jugoslavia di Tito. Nel giugno del 1955 Chruščëv visitò anche Belgrado, e i rapporti fra i due paesi iniziarono gradualmente a normalizzarsi, seppur avviati ormai su due binari paralleli.

Tito fu infatti tra i promotori e i fondatori del Movimento dei paesi non allineati, che prese forma a partire da una conferenza in Indonesia nel 1955, e si consolidò definitivamente nel 1961 proprio a Belgrado, con la partecipazione di altri 24 Stati membri. Il Movimento dei paesi non allineati si pose come obiettivo primario quello dell’autonomia e della neutralità all’interno dei due blocchi, occidentale e comunista, con l’impegno di non alimentare le tensioni fra Stati Uniti e Unione Sovietica durante la Guerra fredda in corso, e soprattutto con l’impegno di mantenere la pace, come affermò anche lo stesso Tito nel suo discorso inaugurale il 1° settembre del 1961.

“Questa conferenza dimostra il vostro interesse e quello del vostro paese per il destino del genere umano, e il vostro desiderio perché sia trovata finalmente una via che permetta al mondo di uscire dalla grave crisi in cui oggi si dibatte…”
Estratto dal discorso di Josip Broz Tito, durante il primo vertice del Movimento del Paesi non allineati, tenutosi a Belgrado nel settembre del 1961

Tito contro Stalin
Josip Broz Tito, insieme al presidente egiziano Nasser, il Primo ministro indiano Nehru, durante un vertice del Movimento dei paesi non allineati alle Isole Brioni (oggi Croazia)
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Diana Mihaylova
Diana Mihaylova

Bulgara di nascita, ma milanese d’adozione, è una mediatrice culturale, blogger e studiosa che si occupa di Russia, Bulgaria e più in generale dei Paesi Est europei. Dopo la laurea in Mediazione Linguistica e Culturale presso l’Università degli Studi di Milano e alcune esperienze di studio all’estero tra Mosca, San Pietroburgo e Plovdiv, ha scritto per Il Tascabile, Pangea News e MowMag. È ideatrice del canale Instagram @ilmaestroemargherita_ dedicato alla promozione della letteratura e della cultura russa, con l'intento di approfondire la "Cultura" in senso ampio, contro ogni forma di pregiudizio e cancel culture. Collabora inoltre con il canale Instagram @perestroika.it che si propone di presentare e promuovere il cinema russo in lingua italiana.