Come potrai immaginare, questo progetto ha dei costi, quindi puoi sostenerci economicamente con un bonifico alle coordinate che trovi qui di seguito. Ti garantiamo che i tuoi soldi verranno spesi solo per la crescita del progetto, per i costi tecnici e per la realizzazione di approfondimenti sempre più interessanti:

  • IBAN IT73P0548412500CC0561000940
  • Banca Civibank
  • Intestato a Meridiano 13

Puoi anche destinare il tuo 5x1000 a Meridiano 13 APS, inserendo il nostro codice fiscale nella tua dichiarazione dei redditi: 91102180931.

Dona con PayPal

Jovanka Broz, la Prva Dama jugoslava

Il 20 ottobre 2013 moriva a Belgrado Jovanka Broz, terza e ultima moglie del leader jugoslavo Josip Broz Tito. Al funerale di stato della Prva Dama (la first lady), svoltosi presso la Casa dei fiori dove è sepolto il marito, erano presenti migliaia di cittadini nonostante gli oltre trent’anni vissuti in quasi totale isolamento in una vecchia e semi-distrutta villa della capitale serba. Tra le autorità presenti anche l’allora primo ministro serbo e attuale vice-premier e ministro degli esteri Ivica Dačić che nel suo discorso di addio parlava di Jovanka Broz come “una parte importante della nostra storia. Una storia che abbiamo tradito e dimenticato”. Il riferimento era al trattamento riservato alla ex first lady dopo la morte di Tito, costretta a vivere in una casa fatiscente e allontanata con la forza da qualsiasi attività politica.

A causa della sua forte influenza sul leader jugoslavo, sulla sua figura si sono concentrati odi e risentimenti di buona parte dei collaboratori più stretti del Maresciallo che arrivarono ad accusarla persino di essere una spia russa.

Leggi altri articoli sulla Jugoslavia

Le origini

Nata il 7 dicembre 1924 nel villaggio di Pećane (Croazia), Jovanka Budisavljević, questo il suo cognome da nubile, proveniva da una rispettabile famiglia di soldati e preti. Il padre Mihailo era soprannominato “il ricco americano” per via dei suoi continui viaggi negli Stati Uniti che gli permisero di acquistare e riunire le tenute di famiglia. Grazie alla sua padronanza dell’inglese e alla conoscenza del mondo statunitense fece da interprete durante le prime operazioni militari alleate nella seconda guerra mondiale.

Tra i parenti illustri, seppur distanti, della famiglia Budisavljević vi era anche uno dei più grandi scienziati del secolo scorso, Nikola Tesla, che il padre di Jovanka ebbe modo di incontrare più volte durante i suoi soggiorni americani e di cui parlava spesso al suo ritorno. Tesla era infatti cugino di Jovanka da parte di nonna materna (il prete ortodosso Toma Budisavljević era il bisnonno dello scienziato).

Ad appena 13 anni Jovanka perse la madre Milica a causa della polmonite, ma fu lo scoppio della guerra a cambiare definitivamente la sua vita.

Foto di una giovane Jovanka Broz (Titova Jugoslavija)

La lotta partigiana e l’incontro con Tito

Particolarmente abile nell’utilizzo delle armi, venne scelta nel 1941 per far parte della prima compagnia partigiana femminile nota come “esercito delle donne” attiva proprio nella Lika croata. Nello stesso anno aderì alla Lega della Gioventù Comunista Jugoslava (SKOJ). Due anni dopo il fratello Maksim venne ucciso da una granata il giorno dopo aver compiuto vent’anni. Nel 1944 il tifo le portò via anche il padre.

Nel frattempo Jovanka aveva avuto il suo battesimo di fuoco nella battaglia di Kordun contro le truppe italiane. Così ne parla nella sua biografia, Moj Život, Moja Istina (La mia vita, la mia verità):

[…] ricordo molto bene quella battaglia. Erano più numerosi di noi e molto meglio armati. Avevano anche carri armati e cavalleria. E gli italiani, quando hanno visto noi donne caricarli, sono subito scappati. Quella è stata la nostra grande vittoria. Ha significato molto per il nostro morale e abbiamo catturato una grande quantità di armi e munizioni diverse.

Žarko Jokanović, Jovanka Broz. Moj Život, Moja Istina

Il primo incontro a distanza con Tito avvenne nel 1942 a Bihać, durante la prima sessione dell’AVNOJ (il Consiglio antifascista di liberazione popolare della Jugoslavia), prima di essere spostata a dirigere un ospedale a Valjevo ed essere assegnata allo Stato maggiore. Dopo la liberazione del paese fu trasferita a Niš e poi di nuovo a Belgrado. Qui avvenne il primo incontro ravvicinato con il Maresciallo. Jovanka, grazie anche alla sua esperienza, venne infatti designata alla gestione della casa di Tito. Tra i due, nonostante i 32 anni di differenza, si instaurò subito un rapporto di intimità tenuto però nascosto al pubblico per un po’ di tempo. I due si sposarono solo nell’aprile 1952 in un casino di caccia a Ilok a cui parteciparono solo i collaboratori più stretti del leader.

Nel libro Tito e i suoi compagni, Jože Pirjevec la descrive come “una donna bellissima: capelli neri, fluenti, di seta, carnagione bianca. […] Aveva un viso gentile e grandi occhi neri, in cui si riflettevano pazienza, rispetto e dedizione”.

Gli anni da Prva Dama

Qui i racconti su Jovanka prendono direzioni diverse. Per Pirjevec il motivo di tale diffidenza nel rendere palese il loro rapporto derivava dai dubbi di Tito sulle capacità di Jovanka di presentarsi in pubblico. L’esordio come Prva Dama avvenne nel settembre 1952 in un’occasione molto speciale: la visita del ministro degli Esteri britannico Anthony Eden, giunto in Jugoslavia per parlare della questione di Trieste.

Presto però, il carattere duro di Jovanka cominciò a creare i primi problemi. Durante il famoso viaggio di Tito in Africa del 1961, tra i due scoppiò un’accesa discussione davanti ad alcuni esponenti del partito. Jovanka pretese che un aereo portasse un particolare taglio di seta oltre ai 150 abiti di cui già disponeva. Come raccontato da Pirjevec la risposta di Tito fu laconica: “Appena arriva l’aereo, tornerai subito a casa!”.

Da sinistra a destra: Akram al-Hawrani, Sami Saem al-Daher, Salah Nasr, Josip Broz Tito, Jovanka Broz, Gamal Abdul Nasser, Aleppo 1959 (Wikipedia)

Nella sua autobiografia, invece, l’ex first lady ricorda i tanti incontri internazionali a cui prese parte e i continui complimenti ricevuti dai capi di stato e dalle loro mogli: da Churchill a Nehru, da Indira Gandhi, con cui creò un forte legame personale, a Sadat, passando per Fidel Castro, Nasser, Chruščëv, Brežnev, la regina Elisabetta, Kennedy, Nixon, l’imperatore Haile Selassié e Gheddafi.

Jovanka Broz arrivò persino a intestarsi il merito di aver avuto l’idea di dar vita al Movimento dei Non Allineati:

“L’idea è nata quando eravamo in Indonesia, a una conferenza a Bandung. […] Si erano formati due blocchi, uno orientale e uno occidentale. […] Sia Tito che Nehru ne parlavano sempre. […] A Bandung, in presenza di Nehru, ho detto a Tito: perché ti lamenti di quei due blocchi? Perché non creare qualcosa da te? Formiamo qualcosa, qualcosa di terzo, un cuscinetto tra queste due forze. […] Nehru l’ha sentito e ha accolto con favore, ha detto che avevo ragione”.

Žarko Jokanović, Jovanka Broz. Moj Život, Moja Istina

Gli scontri con gli apparati e i dubbi di Tito

Anche a causa del suo carattere scontroso e aggressivo e per la sua forte influenza sul Maresciallo, Jovanka si attirò presto le antipatie degli apparati scontrandosi con i più alti livelli dello stato jugoslavo tra cui Edvard Kardelj, il teorico del sistema autogestionario jugoslavo, e sua moglie Pepca, bandita dalle feste di partito per aver osato criticare il suo décolleté.

Nel tempo entrò in contrasto anche con Aleksandar Ranković, vicepresidente della Jugoslavia tra il 1963 e il 1966 nonché capo dell’OZNA (Dipartimento per la Protezione del Popolo, i servizi segreti), destituito da tutti gli incarichi nel plenum di Brioni del 1966 anche a causa dell’ostilità di Jovanka.

Ancora più netta la distanza che si venne a creare con la dirigente della Lega dei Comunisti di Croazia all’inizio degli anni Settanta. In quel periodo, infatti, il paese era attraversato dalla cosiddetta Primavera Croata (Maspok), un movimento che chiedeva una maggior liberalizzazione del sistema politico e più autonomia economica per il paese più sviluppato della Federazione. Dopo un primo tentativo di avvicinamento messo in atto dalla dirigenza croata nei confronti della first lady, per cercare di ammorbidire le posizioni di Tito, Jovanka si schierò apertamente contro le loro richieste tacciando i dirigenti locali di essere degli ustascia (eredi del movimento fascista croato durante la seconda guerra mondiale). Tito sostenne le posizioni della moglie e nel novembre 1971 destituì i liberali croati, a partire dalla loro leader Savka Dabčević-Kučar.

Da sinistra a destra: Aleksandar Ranković, Jovanka Broz, Josip Broz Tito, Mika Tripalo (Stevan Kragujević)

Le ambizioni politiche di Jovanka, che aspirava addirittura a un posto nel Comitato Centrale, cominciarono ad allarmare lo stesso Tito, ormai avanti con l’età, tanto che nel 1974 venne costituita una commissione d’inchiesta sui rapporti politici della moglie, accusata di essere una spia russa.

Il loro rapporto si era ormai deteriorato a causa delle continue litigate e dell’invadenza di Jovanka negli affari politici. La separazione definitiva tra i due avvenne nel 1977, al ritorno dal viaggio in Cina del leader jugoslavo. Dobrica Ćosić, allora presidente della Jugoslavia, riportò nei suoi diari come tra il 1974 e il 1988 le autorità discussero del “problema Jovanka” in ben 59 sedute. Seppur senza mai divorziare ufficialmente, i due vissero gli ultimi anni di vita distanti.

La caduta in disgrazia di Jovanka Broz

Il risentimento nei suoi confronti era talmente forte che inizialmente non venne neanche invitata ai funerali del marito, morto il 4 maggio 1980. Come riporta nella sua biografia:

Indira Gandhi era mia amica e io sua. È venuta al funerale di Tito a una condizione: “Se mi permetterete di vedere Jovanka, verrò. Se non me la farete vedere, non verrò”. Se non fosse stato per lei, non mi avrebbero nemmeno permesso di venire al funerale di Tito.

Žarko Jokanović, Jovanka Broz. Moj Život, Moja Istina

La morte del Maresciallo aprì la guerra interna alla dirigenza comunista e spalancò le porte alla vendetta nei confronti della moglie. Dopo meno di tre mesi, un gruppo armato fece irruzione presso l’abitazione di Užička 15 saccheggiandola dei documenti politici in suo possesso e privandola di quelli personali. Jovanka venne trasferita in una villa decadente, senza riscaldamento, senza nessuna forma di sostegno economico, abbandonata completamente da uno stato che, insieme al marito, aveva guidato per decenni. Per lei non c’era spazio nella nuova Jugoslavia né, tanto meno, nella memoria pubblica di quello che era stata la Federazione fino a pochi anni prima.

Le pessime condizioni di vita a cui fu costretta nei successivi trent’anni spinsero persino il leader libico Gheddafi a offrirle sostegno:

Gheddafi è stato molto gentile con me. […] Dopo la morte di Tito, mandò sua moglie a dirmi che se avessi avuto bisogno di qualcosa, potevo rivolgermi a lui come a mio fratello. […] E quando è arrivata la notizia che stavo gelando e non avevo il riscaldamento, ha mandato il suo ambasciatore a dirmi che avrebbero provveduto a tutto per me e che non avrei dovuto preoccuparmi di nulla, si sarebbe preso cura di tutto. Ma io ho rifiutato. So che non è buono per le relazioni interstatali e non volevo causare problemi al nostro paese.

Žarko Jokanović, Jovanka Broz. Moj Život, Moja Istina

Passò il resto della sua vita in quasi totale solitudine, abbandonata anche da coloro che si definivano eredi politici di Tito. Riottenne i documenti personali e una pensione solo nel 2009. Uno dei pochi a interessarsi alla sua situazione fu il giornalista Žarko Jokanović, autore della biografia pubblicata nel 2013 dal giornale Blic in cui racconta la sua verità. Nonostante l’indifferenza e l’oblio a cui era stata condannata, le vennero riconosciuti i funerali di Stato e venne seppellita a fianco al marito nella Casa dei fiori di Belgrado.

Condividi l'articolo!
Marco Siragusa
Marco Siragusa

Dottore di ricerca in Studi internazionali e giornalista, ha collaborato con diverse testate tra cui East Journal e Nena News Agency occupandosi di attualità nell’area balcanica. Coautore dei libri “Capire i Balcani Occidentali” e “Capire la Rotta Balcanica”, editi da Bottega Errante Editore. Vice-presidente di Meridiano 13 APS.