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“Srebrenica, il genocidio dimenticato”. Un podcast di Roberta Biagiarelli e Paolo Rumiz

Proponiamo un articolo sul podcast Srebrenica, il genocidio dimenticato e sui suoi autori, Roberta Biagiarelli e Paolo Rumiz, in occasione dei trent’anni dal genocidio di Srebrenica e dalla fine della guerra in Bosnia ed Erzegovina.

I contenuti

Il podcast è una serie in quattro episodi, a cura di Chora News, prodotto da Chora Media con la sponsorizzazione di Coop Lombardia, usciti a partire dal 4 luglio. È stata aggiunta una puntata extra, per un totale di cinque puntate.

Da quest’anno in particolare, nella ricorrenza dei trent’anni dal culmine dei tragici eventi che hanno sconvolto la Bosnia nelle guerre jugoslave degli anni Novanta, i media hanno parlato diffusamente del genocidio di Srebrenica, sono circolate molte più notizie e informazioni e sono stati organizzati numerosi eventi di ricordo e commemorazione.

Leggi altri articoli sul genocidio di Srebrenica qui.

Certamente può aver contribuito al maggiore rilievo mediatico la risoluzione dell’Onu del mese di maggio del 2024, con la quale il giorno 11 luglio è stato proclamato Giornata internazionale di riflessione e commemorazione del genocidio di Srebrenica. È stato un passo determinante da parte delle Nazioni Unite, non solo per l’ufficialità della memoria delle almeno 8.372 persone uccise in quei giorni a Srebrenica e nei villaggi limitrofi, ma soprattutto perché, finalmente, questi drammatici eventi, con evidenze storiche documentate, sono stati riconosciuti ufficialmente come genocidio. La risoluzione esplicita anche una ferma condanna a tutti coloro che lo negano come tale. 

Il podcast ripercorre i momenti essenziali del genocidio, a partire da alcuni anni prima, all’inizio del conflitto, fino all’apice della violenza nell’estate del 1995. Il massacro di Srebrenica ha segnato sicuramente uno dei capitoli più oscuri della guerra scoppiata dopo la dissoluzione dell’ex Jugoslavia. All’inizio di luglio, l’esercito serbo-bosniaco ha invaso l’area e la città di Srebrenica, che in precedenza era stata dichiarata zona protetta dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu. L’esercito, con il supporto di unità paramilitari, uccise brutalmente migliaia di uomini e ragazzi, espellendo 20mila persone dalla città.

Lapidi del Memoriale di Srebrenica-Potočari
Lapidi del Memoriale di Srebrenica-Potočari (Wikipedia)

L’unità dei Caschi Blu olandesi, di stanza a Srebrenica proprio per assicurare il rispetto della zona sicura, non fu in grado di resistere alle forze serbo-bosniache e di fatto si ritrovò nella condizione di consegnare la città e tutte le persone che vi si erano rifugiate alle truppe guidate da Ratko Mladić. Il ruolo delle Nazioni Unite in questi eventi e le decisioni prese ai vertici sono ancora oggi oggetto di dubbi, e gli autori del podcast affrontano anche questo tema.

L’impegno instancabile degli autori

Questa serie nasce non solo dalla necessità di ricordare, di commemorare dei momenti drammatici della storia europea recente. Nasce dall’esigenza di affermare con forza, con la voce e con la propria testimonianza, ancora una volta, quello che è accaduto a Srebrenica nel 1995, ciò che è stato compiuto, come e da chi. Dal podcast arriva proprio la voce dell’esperienza diretta e della vicinanza. Roberta Biagiarelli e Paolo Rumiz conoscono molto bene questa storia, così come conoscono da vicino i luoghi, le persone, le assenze prodotte dal genocidio.

Con la realizzazione del podcast, i due autori manifestano la prosecuzione di uno strenuo lavoro di testimonianza, divulgazione e costante impegno per portare avanti la memoria della guerra in Bosnia, per far luce sui punti oscuri che ancora la caratterizzano e per far conoscere a chi ancora ne sa poco o nulla quanto è avvenuto poche decine di anni fa, a qualche centinaio di chilometri da casa nostra. 

È importante incorniciare la presentazione del podcast facendo sentire la voce degli autori, che certamente non sono figure sconosciute, anche attraverso altre iniziative che li hanno portati ad essere importanti riferimenti per chi vuole conoscere la Bosnia, la sua storia e le sue genti. Attraverso i loro progetti e le loro parole è possibile farsi un’idea del messaggio del podcast.

La memoria attraverso il teatro, e non solo

Roberta Biagiarelli è autrice, documentarista e attrice, il cui focus sono i temi politici, sociali e storici, esperta di Balcani e in particolare delle circostanze che hanno interessato Srebrenica durante la guerra di dissoluzione della Jugoslavia. Nel 2002 ha fondato l’associazione “Babelia & C. Progetti culturali”. Tra i numerosi spettacoli che ha prodotto e interpretato, ricordiamo Il poema dei monti naviganti del 2008, tratto dal libro di viaggi La leggenda dei monti naviganti di Paolo Rumiz, del 2007, e A come Srebrenica del 1998, che riprenderemo in seguito. Si occupa anche della produzione di documentari, come Souvenir Srebrenica del 2006 e La Transumanza della Pace del 2012. 

La Transumanza della Pace è anche un progetto più ampio di volontariato, avviato insieme a Gianbattista Rigoni Stern, che ha visto la consegna di oltre cento capi di bestiame a famiglie di allevatori e contadini residenti nell’area di Srebrenica, ai quali sono stati forniti anche attrezzi agricoli. Il progetto, iniziato nel 2009, è tutt’ora in corso.

Tombe all'interno del Memoriale di Srebrenica-Potocari
Tombe all’interno del Memoriale di Srebrenica-Potočari

Biagiarelli si è occupata di Bosnia anche con azioni concrete sul territorio, infatti tra il 2009 e il 2010 è stata coordinatrice responsabile del “Progetto pilota a sostegno della Comunicazione per lo sviluppo sociale e culturale in Bosnia Erzegovina”, per conto della Cooperazione in Bosnia Erzegovina-Ambasciata d’Italia a Sarajevo, volto alla rivitalizzazione culturale delle aree di Srebrenica e Bratunac (Bosnia orientale), finanziato dal Ministero degli Affari Esteri italiano.

Anche la fotografia ha rappresentato una modalità di conservazione della memoria e di divulgazione. Nel 2020 è stato pubblicato da Bottega Errante un volume che raccoglie i frutti di un progetto fotografico-editoriale durato oltre 5 anni, avviato insieme al fotografo Luigi Ottani, “Shooting Sarajevo”, il cui titolo è un gioco di parole sul duplice significato del verbo shooting: fotografare ma anche sparare. 

Riportiamo alcune parole dell’autrice, intervistata per il portale Il Sipario da Nicola Arrigoni nel dicembre del 2023:

Nicola Arrigoni: La guerra non passa di moda e neppure gli orrori perpetrati sui civili, basti pensare al conflitto in Ucraina e a quanto sta accadendo a Gaza.

Roberta Biagiarelli: Abbiamo davanti ai nostri occhi quanto l’orrore della guerra sia quanto mai attuale. Anzi senza conoscere il conflitto dell’ex Jugoslavia non si possono capire le guerre disseminate, parcellizzate nel mondo che accadono oggi. Quando le scuole, associazioni mi chiedono di rimettere in scena A come Srebrenica mi rendo conto che non è mera ripetizione, ma è un rinnovare la testimonianza di un fatto storico che ci dice di oggi e ci aiuta a leggere il nostro presente.”

Meridiano 13 ha pubblicato un articolo proprio di Biagiarelli sullo spettacolo A come Srebrenica, un monologo profondo e molto toccante sul massacro di Srebrenica.

Leggi anche l'articolo sul monologo Figlie dell’epoca di Roberta Biagiarelli qui

Il giornalismo al servizio della memoria

Paolo Rumiz è giornalista e scrittore, inviato speciale del Piccolo di Trieste, e in seguito editorialista per La Repubblica. A partire dagli anni Ottanta si è occupato sul campo degli eventi politici che hanno coinvolto l’area balcanica, ma non solo. È un autentico viaggiatore, che ama gli spostamenti lenti, spesso a piedi o con mezzi di fortuna, che gli permettono di avvicinarsi ai luoghi e alle persone con profondità. Si interessa di zone di confine, di luoghi dimenticati e sconosciuti, soprattutto nell’Est Europa e nel Nord Italia, oltre che nella sua zona d’origine, Trieste. 

Dalla densità dell’esperienza in Bosnia ed Erzegovina nascono alcuni libri, tra i quali il reportage Maschere per un massacro, una testo imprescindibile per chi vuole conoscere gli avvenimenti della guerra degli anni Novanta dalle parole di chi era lì fisicamente, e la Linea dei mirtilli, del quale abbiamo parlato in questo articolo. Rumiz si è raccontato in un podcast per Feltrinelli del 2024, intervistato dalla giornalista Leila Belhadj Mohamed, in cui parla dell’Europa di ieri e di oggi, degli eventi di cui è stato testimone e degli interrogativi etici e personali che hanno caratterizzato il suo lavoro di giornalista.

Memoriale di Srebrenica-Potočari
Memoriale di Srebrenica-Potočari (Meridiano 13/Gianni Galleri)

In un’intervista a Il Domenicale di San Giusto, a cura di Luisa Plozzar, Rumiz parla delle guerre passate e di quelle attuali, e del ruolo dell’Europa:

Luisa Plozzar: Secondo lei, quanto accaduto a Srebrenica si può collegare a ciò che viviamo oggi con i conflitti in atto nel mondo?

Paolo Rumiz: Certo, da lì è partito tutto, da lì è partita tutta una serie di guerre che sono arrivate fino a Gaza, di fronte alle quali l’Europa ha perso l’onore. L’onore e la credibilità, insieme alla capacità di intervento diplomatico e quindi posso dire che se l’Europa, come credo, è definitivamente morta in Medio Oriente oggi, posso anche dire che ha cominciato a morire a Srebrenica.”

In un articolo di luglio 2025, scritto per Fondazione Feltrinelli, Rumiz si interroga ancora sulla situazione bosniaca: “La pace di Dayton, ibernando la Bosnia al 1995, non ha risolto nessuno dei nodi politici di allora. Perché la Nato non è intervenuta? Perché le Nazioni Unite sono scomparse? A che serve questo anniversario se, di fronte all’Iraq e all’Afghanistan, i Balcani scompaiono dalle agende della politica? Che futuro immaginiamo per queste terre dietro casa?”

Perché proprio questo podcast

Perché molti di questi interrogativi si ritrovano nel podcast, che non è un semplice riassunto di fatti storici ben raccontati, ma è una narrazione intrisa di testimonianze dirette, di azioni concrete e di verità pronunciata con lo stile asciutto e fotografico di Rumiz, e con il pathos e l’efficacia di Biagiarelli.

Anche loro sono stati segnati dalla Bosnia, come un marchio interiore, per sempre. È un effetto che sorprende, a pensarci bene. Ad un certo punto, la Bosnia la senti dentro, e non puoi farci più niente. Ci andrai, ci tornerai, vorrai sempre saperne ancora di più. 

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Serena Prenassi
Serena Prenassi

Appassionata di Est Europa e in particolare di ex Jugoslavia. Studia mediazione culturale presso l’Università degli Studi di Udine, approfondendo la conoscenza del serbo-croato e del russo. Ha partecipato (e lo farà ancora) a diversi progetti europei nei Balcani.