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La Russia che ripudia la guerra: intervista al Movimento degli obiettori di coscienza

Dal 2014 è attivo in Russia il “Movimento degli obiettori di coscienza” che aiuta i coscritti e gli arruolati che intendono sottrarsi al servizio militare. Quest’anno il lavoro dell’organizzazione è stato e continua a essere particolarmente intenso, sia in patria che all’estero, attraverso un coordinamento internazionale che cerca di farsi sentire anche a Bruxelles. 

Abbiamo avuto la possibilità di dialogare con Aleksandr Belik, coordinatore del movimento. Di formazione giurista, Aleksandr oggi si trova in Europa, ma spera di rientrare in Russia non appena sarà possibile e di superare l’esame di stato per entrare nell’“albo” degli avvocati russi e tornare a operare direttamente sul territorio. 

Oltre al Movimento degli obiettori di coscienza, Aleksandr Belik collabora anche con Sfera, la maggiore organizzazione russa di difesa dei diritti LGBT, una tematica centrale anche per le questioni legate all’esercito, alla leva e alla mobilitazione. 

Aleksandr, grazie innanzitutto del tempo che hai trovato per questo dialogo. Prima di tutto, ci puoi raccontare qualcosa sul Movimento degli obiettori di coscienza, come è nato e di cosa si occupa?

Il movimento degli obiettori di coscienza è un’organizzazione che dal 2014 aiuta le persone a evitare l’arruolamento nell’esercito. Il fatto che il movimento sia sorto nel 2014 non è dovuto alla “crisi ucraina” che ha avuto inizio proprio quell’anno, è stata una casualità. Nel 2014 ci siamo separati dall’organizzazione pietroburghese Soldatskie materi (Madri dei soldati) e abbiamo iniziato a dedicarci specificatamente ai coscritti e a chi intende sottrarsi al servizio di leva obbligatorio, mentre Soldatskie materi lavora in generale con chi serve nell’esercito. Ogni anno si rivolge a noi circa un migliaio di persone.

Siamo attivi sui diversi social (Telegram, vKontakte, YouTube, Instagram, Facebook) e attraverso questi canali offriamo consulenza e indicazioni pratiche su come evitare la leva e la mobilitazione. Assieme ad altre organizzazioni che si occupano di difesa dei diritti umani, gestiamo un bot ad hoc denominato “Chiamata alla coscienza” (Prizyv k sovesti).

Da quest’anno ci occupiamo per la prima volta anche delle persone che vogliono sottrarsi al servizio militare ma che già si trovano nelle unità militari. Inoltre, da febbraio abbiamo iniziato a occuparci anche delle persone che rifiutano la mobilitazione.

Sull’argomento leggi anche: 1914, 1941, 2022: in Russia torna la mobilitazione
Come si fa nella pratica a evitare il servizio militare in Russia?

Ci sono sempre state tre strade in realtà per sottrarsi alla leva e anche oggi restano valide. La prima è ignorare la chiamata e imparare a rapportarsi con le autorità in caso di eventualità, sapendo ad esempio che non occorre rivolgersi al commissariato dell’esercito per richiedere il rilascio del passaporto per l’espatrio. Una volta ignorata la chiamata, occorre aspettare di compiere ventisette anni ovvero quando scade l’età della leva. Di fatto, ignorare la cartolina costituisce un’infrazione amministrativa, sanzionata per un ammontare massimo di tremila rubli, meno di cinquanta euro. Eppure, le persone che si rivolgono a noi spesso temono procedimenti penali o condanne.

La seconda strada è quella che prevede un esonero per motivi di salute. È un processo complesso in virtù dei documenti medici necessari e dei tempi lunghi che comporta. 

C’è poi una terza via: il servizio civile, cui si può fare richiesta. Tuttavia, il servizio civile è obbligatorio per il doppio del tempo della leva e le condizioni in cui si svolge non sono le migliori; inoltre, lo stipendio è molto basso. Succede che quando si fa domanda per il servizio civile la richiesta venga rigettata e occorre andare in tribunale: nel frattempo però non si è sottoposti alla leva e si possono portare avanti le procedure per l’esonero medico o semplicemente aspettare di compiere i ventisette anni. Tutto questo in ogni caso vale per quelli che sono sottoposti alla leva obbligatoria ordinaria.

Se invece parliamo dei militari a contratto nell’esercito e che quindi si trovano già nelle unità militari, questi avevano la possibilità, prima dell’inizio della mobilitazione parziale sancita per decreto presidenziale il 21 settembre, di presentare richiesta di recessione dal contratto e andarsene a casa. Ora per loro è diventato impossibile.

C’è poi una terza categoria di persone: non si trovano nelle unità militari, hanno già compiuto ventisette anni, ma fanno parte della riserva e rientrano nelle categorie A, B, V (non esonerati per motivi di salute, anche se con parziali limitazioni al servizio; NdT). Pertanto, possono essere sottoposti alla mobilitazione. Nel loro caso, si può optare per non farsi trovare all’indirizzo di residenza, lasciare il paese o almeno spostarsi in un’altra regione fintanto che la mobilitazione resta in vigore e così ignorare la chiamata alle armi. Provare a ottenere l’esonero per motivi di salute in questi casi è molto complesso, sebbene teoricamente possibile. Occorre dimostrare al commissariato una malattia che impedisce il servizio nell’esercito. Per quanto riguarda invece il servizio civile, teoricamente sarebbe previsto anche per loro, ma manca una legge federale che indichi come concretamente vada effettuato. Pertanto, il commissariato dell’esercito a questa richiesta in genere risponde che il richiedente non ha diritto al servizio civile in assenza di una legge federale che lo espliciti. Tuttavia, è anche vero che, sulla base delle storie che abbiamo raccolto, di solito dopo che si presenta la domanda di servizio civile, il commissariato pare dimenticarsi della persona, non insiste per mobilitarla e si concentra piuttosto su qualcun altro che non opponga resistenza.

Puoi citare una storia recente di qualcuno che è riuscito a sottrarsi alla chiamata alle armi?

Proprio rispetto all’ultimo punto che citavo poco fa c’è ad esempio la storia di Pavel Mušumanskij che, da persona profondamente credente, non accetta il servizio militare. Tra il 2019 e il 2021 ha ottenuto l’esonero dalla leva attraverso il servizio civile, tuttavia a settembre 2022 è stato chiamato in seguito all’annuncio della mobilitazione parziale. Il 30 novembre un tribunale cittadino di Pietroburgo ha infine riconosciuto come illegittima la sua chiamata alle armi e dopo due mesi nelle unità militari, durante i quali in risposta agli ordini dei superiori non ha fatto altro che pregare, ha potuto tornare a casa. 

Come funziona la leva obbligatoria in Russia?

Ora le cose sono cambiate in maniera repentina perché tutti vengono più o meno preparati per essere inviati a combattere sul territorio ucraino e pertanto spesso si finisce direttamente nei centri di addestramento gestiti dalla milizia privata Wagner in territorio russo. 

Invece, in passato, le cose peggiori che potevano succedere ai coscritti erano atti di violenza (anche sessuali) legati al nonnismo, problemi con il comando militare, l’assenza o la scarsa efficienza di un pronto soccorso medico. 

C’è da dire poi che per i rappresentanti della comunità LGBT la situazione è e resta particolarmente pesante. Lo scorso anno ho inviato una lettera al ministro della Difesa Šojgu chiedendo quali metodi venissero implementati dal ministero per prevenire il nonnismo e la violenza motivati dall’orientamento sessuale della vittima. Il viceministro mi ha risposto che non ci sono politiche di alcun genere di contrasto a omofobia, bifobia, transfobia nell’esercito.

Chi possiede un’altra cittadinanza oltre a quella russa è esonerato?

No, avere un’altra cittadinanza non esonera dal servizio militare a meno che la Federazione Russa non sigli un accordo internazionale secondo il quale si possa venire sollevati dall’obbligo. Ad oggi solo con il Turkmenistan c’è un accordo di questo tipo. Nemmeno con la Belarus’ c’è un accordo simile.

Al momento ti trovi in Europa. Qual è la situazione per i russi che scappano dal paese?

Io sono in Europa ma non ho uno status di rifugiato; ho un visto lavorativo valido fino a giugno e spero di ottenere un permesso di soggiorno per motivi umanitari in Lituania. Sono molto felice che la Polonia, la Lituania e la Germania, a differenza di tutti gli altri paesi europei, mettono a disposizione dei permessi di soggiorno per motivi umanitari ai cittadini russi che siano dissidenti, difensori dei diritti umani, obiettori di coscienza, disertori e così via. 

L’Italia durante la guerra nell’ex Jugoslavia fu la prima ad accogliere chi si rifiutava di imbracciare le armi a prescindere dalla sua provenienza. Per qualche ragione, nel caso della guerra in Ucraina, le autorità italiane non hanno scelto di adottare la stessa linea. 

Al momento noi, assieme a organizzazioni come War Resisters’ International, lo European Bureau for Conscientious Objection, il Movimento internazionale della riconciliazione, EV Connect, stiamo presentando una petizione indirizzata al Parlamento europeo, a Ursula Von Der Leyen e Roberta Metsola con la richiesta di riconoscere il diritto per le migliaia di obiettori di coscienza russi a ottenere lo status di rifugiato o almeno permessi di soggiorno per motivi umanitari in tutta l’Unione Europea. 

Immagine: Sito del movimento

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Martina Napolitano
Martina Napolitano

Dottoressa di ricerca in Slavistica, è docente di lingua russa e traduzione presso l’Università di Trieste, si occupa in particolare di cultura tardo-sovietica e contemporanea di lingua russa. È traduttrice, curatrice di collana presso la casa editrice Bottega Errante ed è la presidente di Meridiano 13 APS.