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Un’altra vittima della guerra: la libertà di informazione in Russia

Sullo sfondo della guerra in Ucraina, le autorità russe stanno dando il colpo di grazia alla libertà di informazione. La notizia che ha raggiunto maggiormente il pubblico occidentale è stata sicuramente quella del blocco di Instagram; scelta fatta sulla base di una temporanea deroga da parte di Meta (Facebook, Whatsapp e Instagram), resa pubblica da Reuters e confermata dagli interessati, riguardante espressioni d’odio e violenza nei confronti dei militari e delle autorità russe (ma non dei semplici cittadini). 

Si può dire che Meta abbia offerto un assist inatteso (e ingenuo) alla macchina repressiva e propagandistica russa, fornendo un pretesto per ulteriori restrizioni.

Instagram è però solo una fra le tante vittime di questa macchina; elencarle tutte, spiegando le ragioni del blocco, della chiusura, delle multe o dei procedimenti amministrativi e penali richiederebbe moltissimo spazio. Si può però chiarire chi si occupa del sistema repressivo, quali metodi vengono utilizzati dai cittadini russi per aggirare la censura e se le sanzioni e l’uscita di molte compagnie IT dal mercato russo abbiano avuto conseguenze in questo ambito.

Il Censore

Il Roskomnadzor (Servizio federale di supervisione delle reti e tecnologie di informazione e comunicazione di massa) è un organo nato nel 2008 durante la presidenza Medvedev, che fa formalmente capo al Ministero dello Sviluppo Digitale. Nel corso degli anni si sono susseguiti quattro direttori, tra cui il più longevo, Aleksandr Žarov, ha servito ininterrottamente dal 2012 al 2020.

La storia di questo organo è stata riassunta magistralmente in un articolo di Novaja Gazeta dal titolo “L’Acchiappaparole”. Negli anni i poteri del Roskomnazdor sono aumentati in maniera esponenziale, specialmente dopo le grandi proteste del 2011-2012 che seguirono le elezioni della Duma e del Presidente, le quali segnarono il ritorno di Putin al Cremlino. Nel 2012 (inizio della gestione Žarov) nasce infatti il Registro dei siti contenenti “informazioni proibite”, gestito proprio dal Roskomnadzor. 

Tra i temi vietati, oltre ad esempio alla pornografia minorile, ci sono le sostanze stupefacenti, il suicidio, l’esortazione alla partecipazione a qualsiasi forma di manifestazione non autorizzata. Questi divieti, legati a temi tabù nella società russa (e non solo), sono talmente stringenti che, sebbene d’impatto possano sembrare sensati, impediscono di trattare tematiche socialmente rilevanti come appunto la tossicodipendenza e la prevenzione dei suicidi. Ad esempio, nel 2015, il Roskomnadzor ha obbligato la rivista religiosa ortodossa “Pravoslavie i mir” (Ortodossia e mondo) a modificare un articolo dedicato ad alcuni casi di  suicidio da parte di malati oncologici a causa della mancanza di antidolorifici: secondo l’organo federale di controllo il testo suggeriva il suicidio in qualità di soluzione. Con la scusa di impedire l’accesso a contenuti proibiti il Roskomnadzor lo scorso anno è arrivato a bloccare diversi VPN (Reti Virtuali Private) in Russia, consentendone l’uso solo a determinati enti. Questo significa che anche i VPN non rappresentano più uno strumento sempre valido per ovviare alle imposizioni della censura.

Questi divieti sono talmente stringenti che impediscono di trattare tematiche socialmente rilevanti come appunto la tossicodipendenza e la prevenzione dei suicidi.

Con l’entrata in vigore della legislazione sugli agenti stranieri nel 2013, inoltre, al Roskomnadzor è stato assegnato il compito di vigilare sul rispetto di tali norme nell’ambito dei mezzi di informazione. L’ente deve sostanzialmente assicurarsi che le no-profit, i media, tutte le organizzazioni e gli individui riconosciuti come agenti stranieri indichino tale status su ogni materiale da loro prodotto. Le norme prevedono che lo status debba essere menzionato anche da chi, senza essere agente straniero, fa riferimento nelle proprie comunicazioni a enti e persone riconosciuti come agenti stranieri. Le violazioni sono considerate illeciti amministrativi e vengono punite con multe che variano a seconda di chi le commette, fino a un massimo di 5000 euro per le no-profit. Le organizzazioni dichiarate “indesiderate” sono invece soggette a blocco immediato senza necessità di decisione giudiziaria.

Purtroppo, quelle elencate sono solo alcune delle funzioni di questo organo che, in stretta collaborazione con l’Amministrazione del Presidente, rappresenta a tutti gli effetti il principale strumento nella lotta alla libertà di informazione o, nella visione ufficiale, “nella lotta all’ingerenza esterna”.

Libertà di infromazione (o come aggirare la censura)

Roskomsvoboda è una no profit il cui nome può essere facilmente confuso con il già citato Roskmnadzor. Si tratta di una coincidenza non casuale in quanto la parola “sorveglianza” è sostituita dalla parola “libertà”. Si tratta di un’organizzazione fondata simbolicamente lo stesso giorno della creazione del già menzionato Registro dei siti contenenti informazioni proibite, il cui scopo è la difesa dei diritti digitali degli utenti russi. Il 9 marzo, contestualmente all’uscita dalla Russia di molte compagnie IT come Cogent, Roskomsvoboda ha pubblicato una dichiarazione in quattro lingue. 

Roskomsvoboda è una no profit il cui nome può essere facilmente confuso con Roskmnadzor, ma la parola “sorveglianza” è sostituita dalla parola “libertà”.

Il timore espresso nel breve testo è che l’uscita dalla Russia delle grandi compagnie che offrono servizi digitali, per motivi ideologici e di supporto simbolico alla causa ucraina o per timore delle sanzioni, porti a un totale isolamento della Russia, di fatto agevolando i piani già in atto per la creazione di un internet “sovrano”. Nella dichiarazione si fa infatti riferimento agli emendamenti del 2019 alla legge “Sulla connessione” che hanno segnato l’avvio di questo (per ora ancora nebuloso) progetto.

La posizione della no-profit è che queste decisioni delle grandi aziende IT, oltre a non aiutare di fatto l’Ucraina, peggiorano ulteriormente la situazione in Russia, specialmente per coloro che vogliono informarsi da fonti che non siano quelle ufficiali. Insomma, le conseguenze di queste scelte aiutano le autorità russe, danneggiano gli interessi dei cittadini russi che si oppongono alla guerra sui social o in piazza e non hanno particolari effetti sul conflitto armato.

Sebbene la necessità esistesse già da diversi anni, la situazione attuale ha reso imprescindibile l’utilizzo di metodi per aggirare quella che è di fatto una censura (in vigore senza che sia imposta la legge marziale e in violazione della stessa legislazione russa). I mezzi di informazione che le autorità non sono riuscite a portare dalla propria parte negli anni successivi al ritorno alla presidenza di Putin stanno in questi giorni pian piano scomparendo o vedendo sostanzialmente limitata la loro libertà d’espressione. Molti di essi hanno quindi pubblicato articoli su “Come leggere le risorse bloccate dalle autorità russe” (Meduza). Tra i consigli più comuni ci sono ovviamente la necessità di impostare un VPN, aggiungere estensioni del browser che aggirino i blocchi, utilizzare il browser Tor, scaricare le applicazioni e ricevere informazioni attraverso canali alternativi come newsletter e social media (Telegram in particolare).

Valerij: “Può darsi che non conosca tutti i modi ma sicuramente il più scontato è installare un VPN, io personalmente uso Psiphon. Inoltre bisogna spegnere la geolocalizzazione; questo si può fare interrompendo la geolocalizzazione per le singole applicazioni o completamente. Se avete un Iphone conviene bloccare la funzione di aggiornamento automatico e autorizzare il tracciamento in ogni applicazione bloccata. In questo modo si possono aggirare le restrizioni imposte ad alcuni social media e ai mezzi di informazione indipendenti”.

Svetlana: “Io utilizzo diversi VPN, principalmente gratuiti come Windscribe, Psiphon Pro. Alcuni amici cinesi mi hanno consigliato Potato VPN, anch’esso gratuito. Ora però vorrei installare un VPN a pagamento perché talvolta quelli gratuiti hanno problemi nel funzionamento. Ovviamente spengo la geolocalizzazione, ma questo non sempre aiuta. Solitamente utilizzo questi metodi per accedere a Facebook, dove possono rimanere in contatto con amici, parenti e insegnanti che vivono all’estero”.

Angelina: “Lo strumento più banale è il VPN: credo siano rimasti in pochi a non averlo scaricato in Russia. Io ho iniziato a usarlo quando avevo 15 anni, dato che in Kazakistan il sito Meduza è bloccato già da molto tempo. Un altro metodo meno banale è inviare il link ad amici che vivono all’estero e chiedere che ti inviino uno screenshot del contenuto”.

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Luca Zucchetti
Luca Zucchetti

Studente di Russian and Eurasian Studies alla Università Carolina di Praga, ha anche studiato presso la NSPU di Novosibirsk. Si interessa principalmente di ambiente, attivismo politico, società civile e libertà di informazione in Russia. Scrive per Scomodo dal 2020 e ha collaborato con East Journal.