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1914, 1941, 2022: in Russia torna la mobilitazione

Il 21 settembre il presidente russo, Vladimir Putin, dopo aver rimandato l’intervento programmato per la sera precedente, si è rivolto alla nazione, annunciando l’inizio di una mobilitazione parziale. Al discorso di Putin sono seguite una serie di dichiarazioni, tra cui quella del ministro della Difesa Sergej Šojgu e del presidente della Commissione della Difesa della Duma, il generale colonnello Andrej Kartapolov, con lo scopo di dare indicazioni (non vincolanti) su quali e quante persone verranno coinvolte dalla mobilitazione.

Secondo l’articolo 17 della legge federale “Sulla preparazione alla mobilitazione e sulla mobilitazione”, tutti coloro che si trovano nella riserva (zapas) possono essere mobilitati, qualunque sia la loro specialità (paracadutisti, carristi e via dicendo) e categoria. Esistono infatti tre categorie che variano a seconda dell’età e del grado: le prime due riguardano solo gli uomini (soggetti alla leva obbligatoria) mentre nella terza categoria sono incluse anche le donne. Teoricamente, il limite di età per soldati semplici e sottoufficiali è 50 anni mentre per gli ufficiali varia a seconda del grado e può arrivare fino a 65 anni. In Russia, inoltre, esiste una differenza tra zapas, che abbiamo detto significa “riserva”, e rezerv: il primo è un termine ombrello che contiene anche il secondo. I rezervisty (parte della rezerv) sono coloro che, alla fine del servizio di leva, hanno scelto di firmare un apposito contratto che, in cambio di un compenso, prevede l’inserimento nella riserva (rezerv) e la partecipazione alle esercitazioni annuali (le ultime sono iniziate il 19 febbraio). Ciò significa che teoricamente potrebbero essere i primi a venire mobilitati. 

Come funziona la mobilitazione? Teoria e pratica

La mobilitazione non riguarda solamente la convocazione dei riservisti presso i commissariati militari ma coinvolge anche il governo, le autorità locali, le organizzazioni e i cittadini privati. Lo scopo, infatti, è quello di preparare il paese a funzionare in tempo di guerra e la conseguenza logica, ma non obbligatoria, della mobilitazione è l’introduzione della legge marziale.

Tuttavia, al momento nessuno conosce gli scopi precisi e la portata della mobilitazione, anche perché nella versione pubblica del decreto sulla mobilitazione è stato omesso un intero articolo (il numero 7) ed è stata concessa totale discrezione al ministero della Difesa.

Un’ipotesi plausibile è che la legge marziale, che può essere dichiarata in caso di violazione dell’integrità territoriale della Federazione Russa o di minaccia diretta alla stessa, venga imposta in seguito al risultato dei referendum sull’adesione alla Russia dei territori ucraini occupati (che si terranno tra il 23 e il 27 settembre). La controffensiva ucraina verrà infatti considerata una violazione dell’integrità territoriale della Federazione russa. Ciò non significa che questo debba necessariamente accadere: sia la Crimea che le regioni russe confinanti con l’Ucraina (Belgorod in particolare) sono state infatti coinvolte, seppur in maniera lievissima, nel conflitto senza che venisse imposta la legge marziale. La mobilitazione potrebbe anche quindi essere, almeno per il momento, fine a se stessa: permetterebbe all’esercito russo di rimpolpare le proprie fila e preparare il resto del paese qualora divenisse necessario imporre la legge marziale.

Quanti saranno i soldati mobilizzati è tuttora incerto, il ministro Šojgu ha parlato di 300 mila unità mentre una fonte della Novaja Gazeta Europa all’interno dell’Amministrazione presidenziale sostiene che il punto 7 del decreto parli di 1 milione di soldati, cifra prontamente smentita dal portavoce di Putin, Dmitrij Peskov. Alcune testate locali sono però riuscite a ottenere, sempre informalmente, i numeri relativi ai distretti di alcune regioni: in un distretto della regione di Novosibirsk (che conta in totale 2,7 milioni di abitanti) dovrebbero essere mobilitati circa 650 riservisti. 

A livello tecnico, la mobilitazione prevede la convocazione dei riservisti presso i commissariati militari. Ufficialmente, questo può avvenire solamente in tre modi:

  • se il riservista è già in possesso di un ordine di mobilitazione (alcuni sono stati consegnati questa primavera),
  • se ha ricevuto una convocazione di persona,
  • in base a una disposizione del commissariato militare competente o di un ministero che ha riservisti (ad esempio le truppe del  ministero degli Interni).

Per velocizzare la distribuzione delle convocazioni, sono stati cooptati insegnanti, membri delle associazioni dei condomini e medici. Anche chi ha ricevuto l’esenzione dal servizio di leva per motivi di salute e chi ha preso parte al servizio civile alternativo può essere mobilitato. L’esenzione riguarda solamente chi ha situazioni familiari complicate (nella legge federale sono elencate tutte le varianti), i lavoratori di alcuni settori fondamentali, determinati dal governo, i non idonei al servizio, i deputati e i senatori. In particolare, la non idoneità al servizio può essere ottenuta solamente se durante la visita medica presso il commissariato militare è stata assegnata la categoria di idoneità D (non idoneo) mentre coloro che in tempo di pace hanno ricevuto l’esenzione (V e G, terza e quarta categoria) potranno essere convocati.

Sia i soldati mobilitati sia i soldati a contratto inoltre non potranno cessare dal servizio fino alla fine della mobilitazione; le uniche eccezioni sono motivi di salute, il raggiungimento del limite di età e convinzioni (religiose o meno) personali che permettano di effettuare il servizio civile invece di quello militare. In base al Codice del Lavoro tuttavia i lavoratori verranno licenziati in base a un apposito articolo, continuando a ricevere lo stipendio e avendo la garanzia di riottenere il posto di lavoro al termine della mobilitazione. Se il lavoro è garantito, mezzi di trasporto, edifici, strutture e altri beni di organizzazioni e di privati cittadini possono invece essere requisiti e utilizzati a scopi militari (articoli 8 e 10 della legge sulla mobilitazione)

Le conseguenze della mobilitazione

Leggi anche: La mobilitazione russa (non) sconvolge l’Ucraina

La notizia della mobilitazione (parziale o meno poco cambia) ha seminato il panico per tutta la Russia: ai confini terrestri con la Georgia, il Kazakhstan e la Mongolia vengono registrate lunghissime code e i prezzi dei biglietti aerei sono aumentati significativamente. A Pietroburgo, Togliatti, Nižnij Novgorod ma anche in piccole cittadine di provincia sono stati appiccati incendi agli edifici dei commissariati militari e delle amministrazioni locali. Dalla Buriazia, e in particolare dai piccoli centri abitati, giungono notizie di convocazioni consegnate nel pieno della notte a uomini di età anche superiore ai 50 anni. Il giornale siberiano Tajga.info riporta persino la notizia della convocazione, sempre in Buriazia, di un uomo morto due anni prima. Per contrastare fughe di massa diversi commissariati militari (in Jacuzia, Dagestan, Tatarstan e nelle regioni di Samara, Nižnij Novgorod, Kursk) hanno imposto il divieto di uscita dalla propria città o distretto anche a coloro che non sono stati ancora mobilitati ma potrebbero esserlo. Si tratta tuttavia di una misura non necessaria in quanto è la legge stessa sulla mobilitazione (articolo 21.2) che vieta ai riservisti di lasciare il paese, nonostante le autorità abbiano dichiarato altrimenti.

Inoltre, nelle principali città russe si sono tenute manifestazioni simboliche contro la mobilitazione che hanno portato a circa mille arresti secondo i dati di OVD-Info. 

Essendo trascorse solo poche ore dall’inizio della mobilitazione è difficile prevedere quali effetti porterà con sé.

Nel suo discorso Putin ha parlato della necessità di difendere una linea di confine di più di 1000 chilometri ma ciò non significa assolutamente che una controffensiva russa sia da escludere. Un maggiore disponibilità di soldati permetterà una maggiore rotazione e la possibilità di intervento più tempestivo in situazioni simili alla disfatta nella regione di Charkiv; la perdita di altri territori occupati sarebbe un colpo piuttosto pesante alla credibilità delle autorità russe.

Anche la questione organizzativa è fondamentale: distribuire le convocazioni, cooptando in massa le forze dell’ordine, i medici e gli insegnanti sembra funzionare, ma è solo l’inizio. Tutti i soldati mobilitati dovranno essere equipaggiati, nutriti e in alcuni casi riaddestrati (motivo per cui è più probabile che in primo luogo verranno convocati coloro che hanno già esperienza di combattimento o comunque hanno prestato servizio a contratto negli ultimi anni).

Inoltre, la riforma dell’esercito portata avanti dal ministro Anatolij Serdjukov nel 2009 ha smantellato in parte il sistema sovietico, eliminando le unità dette kadrirovannye časti che in tempo di pace erano prive di personale ma dotate di basi e ufficiali designati in caso di mobilitazione. Come riporta Meduza, negli ultimi anni sono state create diverse nuove unità che però non sono kadrirovannye e quindi non immediatamente pronte in caso di mobilitazione.

I risultati di questa mobilitazione potrebbero quindi diventare evidenti solo tra qualche mese (dipende anche dal numero effettivo di mobilitati e dalla capacità organizzativa), senza apportare immediato beneficio alle forze armate russe che in questo momento si trovano in difficoltà. 

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Luca Zucchetti
Luca Zucchetti

Studente di Russian and Eurasian Studies alla Università Carolina di Praga, ha anche studiato presso la NSPU di Novosibirsk. Si interessa principalmente di ambiente, attivismo politico, società civile e libertà di informazione in Russia. Scrive per Scomodo dal 2020 e ha collaborato con East Journal.