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Mavka e il canto della foresta, il film d’animazione ispirato a un poema di Lesja Ukrajinka

Mavka è l’uscita più attesa dell’industria dell’animazione ucraina. Questa storia è epica, commovente e divertente allo stesso tempo, e speriamo affascinerà il pubblico di tutto il mondo – Egor Olesov, direttore e produttore di Animagrad Studio

Il 2 marzo in Ucraina (il 20 aprile in Italia) uscirà sui grandi schermi Mavka e il canto della foresta, attesissimo film d’animazione di produzione ucraina ispirato all’omonimo poema di Lesja Ukrajinka. Realizzato da Animagrad Studio, si tratta di un lungometraggio di finzione basato liberamente sull’opera classica della poetessa e che racconta le avventure di una mavka, un’anima della foresta, in un’ambientazione ricca di folclore ucraino. Il bene e il male si mescolano portando alla ribalta temi quanto mai attuali, adattati però al pubblico dei più piccoli.

In anteprima, Claudia Bettiol ha intervistato Yaryna Grusha* che ci racconta alcuni aneddoti sulla realizzazione del lungometraggio e, soprattutto, del suo lavoro come traduttrice al testo in uscita il 4 aprile per Mondadori Ragazzi, sottolineando quanto quest’opera sia significativa a un anno dall’invasione russa su larga scala dell’Ucraina.

Cosa ci puoi dire di Mavka, il nuovo film d’animazione che uscirà il 2 marzo nei cinema ucraini? In post-produzione da diversi anni, è molto atteso: come pensi verrà accolto dal pubblico, soprattutto dopo la grande brandizzazione effettuata (penso, ad esempio, alla catena di supermercati Sil’po che ha aperto un punto vendita con illustrazioni e gadget del film d’animazione)?

Sono davvero molto contenta che esca questo film d’animazione perché sono a favore della cultura pop di alto livello e questo, per me, è un prodotto di massa di alto livello, un cartone fatto sullo stampo di Pixar/Disney, qualcosa che richiama queste grandi case di produzione. Inoltre, è orientato al mercato straniero, internazionale, ed è stato doppiato fin da subito in inglese. Anche tutte queste brandizzazioni, come quella che citi di Sil’po, per me sono un’ottima strategia perché aiutano, soprattutto all’interno dell’Ucraina stessa, a distribuire questo prodotto, a far vedere che noi possiamo e sappiamo fare film, cartoni, musica, di un certo livello. Quindi, sono molto, molto favorevole.

Lo stesso vale per la scelta di usare Il canto della foresta di Lesja Ukrajinka come base – la sceneggiatura poi alla fine è diversa e, ovviamente, il film finisce bene, com’è tipico d’altronde nei cartoni animati per bambini. Usando questa base, però, si riesce a prendere la cultura classica ucraina e a renderla moderna, attraente e accessibile a un pubblico più vasto. Sono davvero entusiasta e aspetto con fervore l’uscita di questo cartone.

Mavka è tratto da un poema di Lesja Ukrajinka, Il canto della foresta. Tu hai tradotto in italiano il libro tratto dal film d’animazione che sta uscendo per Mondadori Ragazzi, ma ti piacerebbe tradurre il testo originale: ci racconti qualcosa di questa grande donna e poetessa ucraina?

A me sarebbe piaciuto molto tradurre il poema originale. Per me tradurre questa Mavka per i più piccoli è il punto di partenza per poi tentare di dare una continuità a questa storia traducendo Il canto della foresta di Lesja Ukrajinka. Questo però è un progetto molto ambizioso: non sono madrelingua italiana e sicuramente dovrei coinvolgere il mio formidabile collega Alessandro Achilli, che dovrà senz’altro rileggere tutti i miei testi e darmi qualche consiglio, visto che sono una sua allieva, la sua alunna traduttrice di poesie. 

Lesja Ukrajinka è una donna, una figura della letteratura ucraina, assolutamente eccezionale e molto attuale nel mondo di oggi, nel 2023, con i suoi drammi che hanno per sfondo la storia europea. Con le sue opere questa poetessa si inserisce tranquillamente nella letteratura europea visto che, oltre a conoscere diverse lingue straniere, Lesja ha viaggiato molto in Europa, a causa della sua malattia. La sua produzione è moderna, molto cosmopolita per i suoi tempi benché lei scrivesse a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento. Il vero problema sono le traduzioni: tradurre bene Lesja Ukrajinka sia in inglese che in qualsiasi altra lingua, incluso l’italiano, è davvero difficile. E forse anche questo è stato uno dei motivi per i quali l’opera e la figura di Lesja Ukrajinka non sono mai state diffuse nel vecchio continente. 

La poetessa ha però un legame con l’Italia: parlava e leggeva l’italiano e ha vissuto a Sanremo per due anni consecutivi, perché le era stato raccomandato di trascorrere l’inverno in una località dal clima mite e non rigido come quello ucraino. Nelle sue lettere descrive perfettamente il mondo sanremese di quel periodo: conosceva la città, la lingua, e scriveva di letteratura italiana sulle maggiori riviste letterarie ucraine. All’inizio del Novecento esisteva quindi questo ponte fra Italia e Ucraina. Perciò spero che presto Lesja Ukrajinka possa diventare una figura più nota rispetto a ora.

In particolare, parlando di traduzioni, qual è stata la sfida più grande nel tradurre questo libro per ragazzi? C’è un aneddoto o qualche curiosità che vuoi condividere? Perché rendere alcuni elementi culturali spesso non è facile, soprattutto per un pubblico non adulto…

È stato un lavoro davvero molto divertente, mi è piaciuto tantissimo. La sfida più grande per me è stata tradurre per il pubblico dei più piccoli perché ho sempre lavorato su romanzi, saggistica, letteratura ucraina e poesia per adulti, ma mai testi per bambini. Ho cercato di strutturare le frasi in un italiano adatto a loro, di usare il loro linguaggio, e sono molto grata a Mondadori perché la redazione ha fatto davvero un lavoro bellissimo, rendendo il testo molto più fruibile e accessibile al pubblico adolescenziale e dell’infanzia.

Per il resto, mi sono molto divertita soprattutto a tradurre i nomi dei personaggi ucraini, tra cui il ceppo di legno Šumnyk Huk [šumnyk in ucraino indica qualcuno che fa rumore; il personaggio è doppiato da Myhajlo Choma della band DZIDZIO, ndr] che ho chiamato Rumorik per il rumore che fa: parla sempre con le rime e impreca quando è arrabbiato, quindi ho cercato di riprodurre al meglio questo suo modo colorito di parlare anche in italiano, soprattutto quando litiga con Lukas. E poi c’è il personaggio di Frol, che è l’aiutante e lo stilista di Kylyna – l’antagonista di Mavka – e che io ho chiamato Frollo in italiano, come pasta frolla. Nella traduzione gli ho dato un tocco personale: ogni volta che sospira gli faccio dire non “oh, mamma mia” ma “oh, moda mia” visto che è uno stilista. Tutte le mie proposte sono state ben accolte da Mondadori e non hanno subito modifiche.

In Italia, la mia traduzione dovrebbe uscire in contemporanea con l’uscita nelle sale del cartone animato, a marzo, quindi spero che i doppiatori abbiano adottato le mie varianti, soprattutto dei nomi dei personaggi, così da avere un’unica versione.

I personaggi del film d’animazione hanno voci ucraine famose, tra cui Serhij Prytula, i componenti del gruppo DakhaBrakha e Oleh Michajljuta (in arte: Fahot) del gruppo rap TNMK (Tanok na majdani Kongo). La voce della protagonista Mavka è quella di Chrystyna Solovij. Ci puoi dire qualcosa di più su questi interpreti, poco conosciuti all’estero, e così diversi fra loro?

Anche questo per me è un modo di brandizzare il prodotto, di rendere il cartone più popolare, più pop per il pubblico ucraino, coinvolgendo le voci di personaggi noti e importanti. 

Serhij Prytula, oltre a essere un comico, è un grande volontario che ora gestisce una sua Ong di raccolta fondi per i soldati ucraini, una fondazione di successo che acquista droni e satelliti.

Per saperne di più, leggi anche: L’umorismo ucraino nella resistenza: Serhij Prytula come Zelens'kyj?

Il gruppo DakhaBrakha forse è più noto al pubblico italiano ed europeo perché ha fatto anche dei concerti in Italia, tra cui Bari e Milano; la squadra di LiberiOltre li adora. 

Anche Chrystyna Solovij è una voce importante adesso per la musica pop ucraina. Sta facendo un lavoro straordinario. Per me lei è quella che rende la musica ucraina interessante, attraente e anche sexy, volendo – come nel video Junist’ (Gioventù, ndr) in compagnia di Serhij Žadan. 

Dietro la sua musica e i suoi video c’è sempre un’idea: ad esempio Pro Vesnu (Sulla primavera, ndr) è un video girato nel vecchio museo dedicato a Maksym Ril’s’kyj; un’altra canzone, Vtikala (Trapelata, ndr) si ispira alle opere di Lesja Ukrajinka, Chrystyna interpreta quindi già il ruolo di Mavka. Solovij prende così i capostipiti della cultura ucraina classica e li trasforma in qualcosa di più pop, e le riesce perfettamente. Un altro video, Divčyna z vedmedykom (La ragazza con l’orso, ndr) è basato sul testo dello scrittore Domontovyč che figura nel libro Dimensione Kyiv.

Parlando di cinema e film d’animazione in Ucraina, perché Mavka è uscito proprio quest’anno secondo te? E quanto è cambiata, o forse potrei dire quanto si è trasformata, l’industria cinematografica ucraina dal 24 febbraio?

Esce adesso perché, all’interno della sceneggiatura, c’è una battaglia fra il bene e il male che metaforicamente ci apre gli occhi sulla guerra attuale tra Russia e Ucraina. C’è una frase molto significativa pronunciata da Kylyna, che rappresenta la parte cattiva, l’antagonista di Mavka, e dice “noi dobbiamo invadere per primi”. Rappresenta un po’ la Russia, diciamo, e fa vedere dall’altra parte, dalla parte di Mavka, la resistenza del popolo ucraino. Kylyna per la sua battaglia incalza i contadini a invadere la foresta e loro vanno, senza capirne veramente il perché, e la invadono e distruggono. Così in Mavka si accende la scintilla dell’odio, anche se non vorrebbe combattere il nemico, e si trasforma in questa furia da combattimento. Anche questa è una soluzione di soft power per spiegare perché l’Ucraina resiste, perché continua ad andare avanti, ed è uno dei motivi che ci spinge a preservare la nostra cultura. Una cultura davvero straordinaria che purtroppo è stata oscurata per anni, per secoli, dalla cultura russa, e adesso sta cercando di uscire da quell’ombra.

In Mavka, secondo me, hanno aggiunto dei particolari negli ultimi mesi proprio con l’intento di insistere su questa metafora.

Parlando invece dell’industria cinematografica ucraina, diciamo che a livello di produzione è attualmente piuttosto ferma. Escono i film in post-produzione, quelli che sono stati preparati e prodotti prima del 24 febbraio, e quelli che sono stati presentati a vari festival cinematografici come Cannes, Venezia, Berlino o Trieste. Sono quindi film che erano già stati realizzati da tempo: purtroppo l’industria di per sé è ferma perché alcuni si sono arruolati e sono al fronte, altri sono impegnati nel volontario. Rimangono quei cineasti che si occupano di registrare i crimini di guerra, come Roman Bondarčuk, il regista di Vulkan. Ci saranno quindi tantissimi documentari dedicati a questo tema, anche di cineasti stranieri che collaborano con gli ucraini, mentre la sezione fiction avrà sicuramente dei problemi nei prossimi anni perché la produzione non c’è, tranne qualcosa di minore per la tv, i grandi set cinematografici sono vuoti. E ciò rappresenta un grande problema per l’industria del cinema ucraino. 

Sulle conseguenze della guerra nel cinema ucraino, leggi anche: La guerra colpisce anche il cinema ucraino

La parte documentaria è invece esplosa, anche grazie ai costi minori di realizzazione: nel 2014, ad esempio, bastava scendere in piazza, a Maidan, per avere già pronta la storia, il materiale. Bastava girare il video e avere un microfono. 

Per quanto riguarda il cinema narrativo negli ultimi anni c’è stata una produzione abbastanza importante, almeno fino a febbraio 2022. Ma ora la situazione è questa. Sicuramente lo spettatore ucraino – e questo lo vedo in tutta la cultura ucraina, da cinema e musica fino alla stand-up comedy, letteralmente esplosa negli ultimi tempi – a grande richiesta cerca il prodotto culturale ucraino, poiché non c’è più nessuno che consuma le produzioni russe. Si cerca di riempire questo spazio anche con quello che è già stato fatto, riproponendo film recenti o d’archivio. Anche il cartone Mavka ha il compito di far uscire l’Ucraina dall’ombra della cultura russa. L’Ucraina ha tanto da offrire, basta saper proporre, impacchettare e valorizzare il prodotto.

*Yaryna Grusha (Jampil’, 1986) insegna lingua e letteratura ucraina all’Università degli Studi di Milano e all’Università di Torino. Collabora con Linkiesta e Radio Radicale. Nel 2022 insieme ad Alessandro Achilli ha pubblicato per Mondadori l’antologia Poeti d’Ucraina. A febbraio 2023 è uscito per Rizzoli-BUR Dimensione Kyiv.

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Claudia Bettiol
Claudia Bettiol

Traduttrice e redattrice, la sua passione per l’est è nata ad Astrachan’, alle foci del Volga, grazie all’anno di scambio con Intercultura. Gli studi di slavistica all’Università di Udine e di Tartu l’hanno poi spinta ad approfondire le realtà oltrecortina, in particolare quella russa e quella ucraina. Vive a Kyiv dal 2017, collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso, MicroMega e Valigia Blu. Nel 2022 ha tradotto dall’ucraino il reportage “Mosaico Ucraino” di Olesja Jaremčuk, edito da Bottega Errante.