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Farewell, la spia che ha dato una svolta alla Guerra fredda

Conosciuto con il nome in codice Farewell, Vladimir Vetrov (1932-1985) è stato un ex tenente colonnello sovietico del KGB diventato noto per aver scatenato il cosiddetto Affaire Farewell, considerato tra i più importanti casi di spionaggio della Guerra fredda. Per più di un anno,
 Farewell ha fornito informazioni al controspionaggio francese direttamente da Mosca, consegnando ai servizi segreti francesi quasi
 3mila documenti contenenti oltre 400 nomi di
membri dei servizi sovietici operanti in Francia e all’estero.


In realtà, come scrive lo studioso Eric 
Denécé in questo breve articolo, le conseguenze di questa vicenda sono state più politiche che operative: oltre a smantellare le reti di spionaggio sovietico in Francia, il successo della sezione scientifica dei servizi segreti francesi contribuì soprattutto a preservare la fiducia nelle relazioni franco-americane dopo l’arrivo della sinistra al potere e la presenza di ministri comunisti nel governo.

Aprile 1981. Mosca

Era un venerdì pomeriggio quasi primaverile. La neve si stava sciogliendo sotto i raggi del tiepido sole, mentre il vento accarezzava i rami delle betulle spoglie lungo la Collina dei Passeri. Vladimir Vetrov se ne stava seduto su una panchina del parco della maestosa università moscovita, avvolto nel suo inconfondibile impermeabile beige. Teneva una borsa di stoffa tra le mani e sembrava stesse aspettando qualcuno.

Ripensava agli anni trascorsi a Parigi, quando lavorava per l’ambasciata sovietica in Francia. Anni dolci come bolle di champagne, ricchi di uscite culturali, mondanità e incontri che gli permettevano di parlare francese e di vivere in libertà. Da vero occidentale, insomma. La sua vita parigina gli mancava, non era mai stato così felice come allora. Non poteva che rimpiangere quei momenti della sua vita così spensierati e piacevoli, soprattutto da quando aveva fatto ritorno in Russia, dove non era stato accolto così calorosamente come sperava.

Assorto nei suoi pensieri quasi non si accorse dell’arrivo di Xavier Ameil, un tipo molto riservato che al loro primo fugace incontro si era subito rivelato un po’ nervoso. Oggi sembrava più tranquillo e sereno, forse era merito del piccolo aumento di temperatura.

A osservare la scena da lontano, sembrava l’incontro pomeridiano di due semplici colleghi che stanno per tornarsene a casa insieme, magari per concedersi un bicchierino al bar dell’angolo prima di rientrare dalle rispettive famiglie. Solamente pochissime persone potevano sapere, o anche solo sospettare, che Vetrov e Ameil in realtà non si conoscevano quasi, non erano né amici né tanto meno colleghi.

Discutendo del più e del meno per non dare nell’occhio, i due uomini si avviarono senza fretta verso la Lada grigia di Vetrov, parcheggiata poco distante. Non appena furono al sicuro all’interno dell’auto, Ameil iniziò a gesticolare farfugliando qualche rimprovero incomprensibile nel suo russo mediocre in direzione del compagno. Vetrov sembrò non badarci molto e continuò la sua guida spericolata giù per la collina.

Arrivati a un semaforo, il conduttore della Lada frenò bruscamente e, nel suo francese quasi perfetto, disse spazientito:

«Ascoltami bene perché questo non è un gioco. Adesso te ne torni a casa e fai tutto come al solito: nella borsa ci sono gli ultimi documenti scottanti che tutti voi tanto desiderate; hai tutto il weekend per fotocopiarli e recapitarli a chi di dovere. Non mi importa come. Appuntamento a domenica, stesso posto stessa ora. E ora… fila!»

Ameil non ebbe il tempo di emettere una sola parola, riuscì a malapena a recuperare borsa e cappello, e si ritrovò in strada, a pochi passi dall’appartamento che gli era stato assegnato al suo
arrivo in terra russa quasi due anni prima. Questo gentiluomo francese un po’ riservato non era solo il delegato della Thomson-CSF, un’azienda parigina installatasi a Mosca per avviare dei contratti di modernizzazione della televisione sovietica, bensì una recluta della DST (Direction de la Surveillance du Territoire), il famoso servizio di spionaggio francese. Era stato scelto il mese prima da Jacques Prévost, suo superiore, per entrare in contatto con un agente del KGB desideroso di condividere, in cambio di qualche bene occidentale, alcuni documenti segretissimi di estrema utilità per i servizi di controspionaggio. Una missione non da poco, ma che Ameil non poté rifiutare.

Quella sera lui e la moglie si ritrovarono quindi a selezionare, fotografare e fotocopiare per mezzo di una fotocopiatrice antidiluviana sovietica l’ultimo dossier confidenziale recapitatogli da quest’uomo non poco misterioso: la cartella conteneva 200 pagine segretissime che Vetrov “vendette” ai servizi segreti francesi in cambio di qualche gioiello per la sua amante e di qualche disco di musica rock per il figlio. Delle cose di ben poco conto rispetto a tutte le informazioni a cui ebbero accesso pochi giorni dopo i collaboratori della DST in quel di Parigi.

Com’era possibile che questo agente sotto-copertura del KGB, conosciuto poi unicamente sotto il nome di Farewell, rischiasse la testa per aiutare i servizi segreti occidentali, e per di più accontentandosi di poche migliaia di rubli o di qualche bottiglia di champagne?

Vetrov aveva vissuto all’estero, aveva amato la Francia libertina, ma senza mai scordarsi della sua cara Unione Sovietica. Tuttavia, al suo ritorno in patria, era rimasto deluso dai servizi di spionaggio e dai suoi superiori del KGB, e si era reso conto che il suo lavoro non era stato minimamente preso in considerazione; l’unico modo per vendicarsi di tutte le frustrazioni subite fu quindi quello di mettersi al servizio degli occidentali. Riprese perciò contatto con l’amico parigino Jacques Prévost, che ogni tanto si recava in visita a Mosca, e senza tanti giri di parole gli propose di rendergli qualche servizio per ricambiare l’amicizia che quest’ultimo gli aveva dimostrato a suo tempo in Francia. E Prévost colse l’occasione al volo, mettendolo subito in contatto con l’ingegnere Ameil.

Ameil e la moglie vivevano in Russia da qualche anno, ma riuscivano a tornare in Francia abbastanza spesso e facilmente. Quel week end lo trascorsero nel loro piccolo appartamento moscovita, fra le scartoffie del voluminoso “Rapporto Smirnov”, manoscritto firmato dallo stesso Andropov, che permise dopo qualche settimana alla DST di ricostruire il funzionamento e
l’organizzazione del sistema di spionaggio sovietico.

Il rischio era grosso: i due coniugi francesi ormai temevano di essere spiati e pedinati. Il gioco stava diventando sempre più pericoloso e Prévost non ci mise molto a capire che aveva bisogno di un intermediario più discreto e cauto, qualcuno che potesse risultare meno sospetto durante gli incontri con Vetrov. Fu così che Vetrov iniziò a passare le informazioni al nuovo contatto della DST a Mosca, il generale Patrick Ferrant, il quale nel giro di un anno ricevette più di 3mila cartelle segretissime che scossero il mondo intero.

22 febbraio 1982. Ekaterinovka, regione di Mosca

Era notte fonda quando Tatjana Grišova venne svegliata improvvisamente dalle urla di una donna: «Aiuto! Aprite! Aiutatemi… vi prego…!». Era una voce piena di paura, ovattata, faceva rabbrividire. Tatjana Grišova non stette lì a pensarci su, si mise stivali e cappotto e uscì nella neve. Riuscì a malapena a scorgere un’ombra alla fine del vialetto, nel buio fitto; tutt’intorno non c’era anima viva. Appoggiata al cancello se ne stava una donna in lacrime, lo sguardo disperato, un corpo dolorante e sanguinante, un sangue che intingeva la neve fresca di un colore scuro, quasi nerastro. La donna si reggeva in piedi a stento, e le uniche parole che riuscì a pronunciare prima di accasciarsi a terra senza forze furono: «Sono del KGB. Chiami subito i soccorsi. Dica loro che hanno cercato di uccidermi».

Dopo nemmeno 20 minuti la polizia e la squadra medica di turno giunsero sul posto, caricarono velocemente la donna nell’ambulanza e ripartirono in direzione dell’ospedale del KGB, dove la donna gravemente ferita, Ljudmila Aničkina, venne ricoverata.

Nel frattempo, nel villaggio di Ekaterinovka, l’ispettore Kramarenko del 1° distretto della sezione per la sicurezza del ministero degli Affari Interni fermò una Lada sospetta. L’uomo al volante era ubriaco e venne subito arrestato. Non era altri che il tenente colonnello dei servizi segreti interni del KGB Vladimir Vetrov, alias l’agente Farewell.

Nell’autunno del 1982 l’uomo venne processato con l’accusa di tentato omicidio nei confronti di Ljudmila Aničkina e possesso di arma bianca; fu condannato al massimo della pena: 15 anni
ai lavori forzati nella regione di Irkutsk e perdita di ogni grado militare.

Ma perché mai un membro della Čeka avrebbe cercato di uccidere una sua collega? Alla sezione “T” (la sezione tecnico-scientifica che faceva parte dei servizi segreti interni) dell’ufficio centrale del KGB di Mosca non riuscivano a spiegarselo. L’inchiesta non tardò a trovare delle risposte, ma ormai lo scandalo era già scoppiato. E l’affare Farewell oltre continente anche. Ljudmila Aničkina prestava servizio all’interno dei servizi segreti come interprete; era la collega e l’amante di Vetrov, per gli amici Volodja, un ingegnere di professione che lavorava a quel tempo per il KGB. All’inizio dell’anno, Ljudmila, dopo mesi e mesi di sotterfugi amorosi e di gioielli all’ultima moda, si era stancata, voleva cambiare vita, così mise l’amante alle strette: Volodja, ti do tempo un mese per lasciare tua moglie e tuo figlio. Se non lo fai spiffero tutto sulla nostra relazione alla direzione, e molto altro ancora….

Quella semplice minaccia rimasta in sospeso fece subito sbiancare l’agente Farewell, il quale temette di essere stato scoperto e non vide altra soluzione che eliminare questa donna che sapeva troppo: il 22 febbraio Vetrov invitò l’amante a fare un giretto romantico fuori città. Partirono sul far della sera a bordo della famosa Lada grigia, con tanto di champagne e gioielli a carico, ma l’appuntamento si trasformò presto in tragedia. Quella notte la DST perse la sua “talpa” migliore, ma ormai ai servizi segreti occidentali l’agente conosciuto sotto il nome di Farewell non serviva più…

Luglio 1981. Ottawa.

Il vertice del G7 di quell’anno si prospettava piuttosto… freddo! I rapporti tra gli Stati Uniti e la Francia in quegli anni erano infatti parecchio tesi: François Mitterand era appena stato eletto presidente e la vittoria della sinistra all’Eliseo non piacque molto a Ronald Reagan e ai suoi collaboratori. Ma Mitterand doveva ancora giocare la sua carta vincente: per non compromettere i rapporti tra le due nazioni e confermare l’alleanza che le legava, mise al corrente di persona il presidente Reagan sull’ancora incompleto “dossier Farewell”, rassicurando così il popolo americano.

Quell’anno la cooperazione tra la DST e la CIA divenne intensa e ciò fu possibile solo grazie a Vetrov-Farewell, che tra il 1980 e il 1982 fornì alla Francia 2997 pagine sul metodo di spionaggio industriale e scientifico da parte dei sovietici nei confronti dell’Occidente, nonché una lista di più di 250 agenti del KGB responsabili di raccogliere tutte le informazioni scientifiche e tecniche nel mondo. Grazie a ciò la Francia nel 1983 espulse ben 47 russi del corpo diplomatico, di cui 8 agenti del KGB. François Scheer (ministro degli Affari Esteri dell’epoca) convocò allora l’ambasciatore dell’Urss di Parigi mostrandogli la lista fornita da Vetrov-Farewell per giustificare e semplificare il lavoro di controspionaggio sovietico.

L’agente segreto sovietico Vetrov diventò in pochi anni noto in tutto il mondo sotto il nome di Farewell.

Il caso Farewell e gli ideali francesi

Nel novembre del 1984, il KGB identificò Vetrov come la spia che aveva fatto scoppiare lo scandalo in Occidente. L’uomo si dichiarò infine colpevole di tradimento e fu rinchiuso in isolamento nel carcere di Lefortovo di Mosca per qualche mese, dove non fece altro che ripensare alla sua dolce Francia e a scrivere lettere su lettere alla moglie e al figlio, chiedendo perdono a entrambi.

Venne fucilato con una pallottola alla nuca il 23 gennaio 1985.

Per me la Francia non è un Paese, una nazione. Rappresenta semplicemente quegli ideali che si esprimono con 3 parole: liberté, fraternité, égalité.

(da una lettera di Vladimir Vetrov ai servizi segreti francesi. 9 dicembre 1983)

Per chi è appassionato del grande schermo, oltre a trovare alcuni spunti di film ambientati e prodotti a est del meridiano 13, vi consigliamo la visione di L’affaire Farewell del regista e sceneggiatore francese Christian Carion, che vede anche il noto Emir Kusturica nei panni di Vladimir Vetrov. Le riprese del film si sono svolte in Finlandia (Helsinki, Rovaniemi), Ucraina (Kyiv, Charkiv) e Francia. Lo Studio Ovale della Casa Bianca, invece, è stato ricreato in un hangar in disuso a Ivry-sur-Seine, ironicamente situato in via Lenin.


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Claudia Bettiol
Claudia Bettiol

Traduttrice e redattrice, la sua passione per l’est è nata ad Astrachan’, alle foci del Volga, grazie all’anno di scambio con Intercultura. Gli studi di slavistica all’Università di Udine e di Tartu l’hanno poi spinta ad approfondire le realtà oltrecortina, in particolare quella russa e quella ucraina. Vive a Kyiv dal 2017, collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso, MicroMega e Valigia Blu. Nel 2022 ha tradotto dall’ucraino il reportage “Mosaico Ucraina” di Olesja Jaremčuk, edito da Bottega Errante.