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Henrikh Mkhitaryan: il più forte calciatore armeno di tutti i tempi

Chiedendo agli amici armeni, nel corso dell’ultimo decennio, quale fosse la loro squadra del cuore le risposte cambiavano da una stagione all’altra: un’idiosincrasia per gli appassionati di calcio. Dal Borussia Dortmund hanno prima virato su due club inglesi (Manchester United e Arsenal) per poi concludere con Roma e Inter. La ragione di questa girandola di squadre e campionati porta un nome e un cognome, quello del giocatore armeno più forte di tutti i tempi: Henrikh Mkhitaryan.

Origini e affermazione

Come Kvicha Kvaratskhelia, l’altra stella del calcio del Caucaso meridionale degli ultimi anni, Heno (il vezzeggiativo con cui gli armeni chiamano Henrikh Mkhitaryan) è figlio d’arte. Il padre Hamlet era un attaccante di buon livello che giocò con gli storici colori dell’Ararat Erevan fino al 1987 per poi militare in due squadre della diaspora armena in Francia tra il 1989 e il 1996. Proprio durante l’esperienza oltralpe gli venne diagnosticato un tumore al cervello che lo portò a morire a soli 33 anni nel 1996 (la tragedia segnò profondamente l’infanzia del figlio).

Henrikh (classe 1989) passò quindi i primi anni della sua vita in Francia per poi venire tesserato nel FC Pyunik quando la famiglia rientrò in Armenia durante la malattia del padre. Secondo quanto da lui dichiarato, fin da bambino ha infatti sempre solo voluto fare il calciatore. Proprio con i colori della squadra di Erevan fece il suo esordio da diciassettenne tra i professionisti nel 2006 vincendo anche i primi trofei.

Il suo talento superò però presto il livello del campionato armeno e lo portò lontano da casa, più precisamente in Ucraina. Giocò nelle file del Metalurh Donec’k la stagione 2009-2010 e le tre successive nell’altra squadra della stessa città, il ben più prestigioso Šachtar Donec’k.

Arriviamo quindi alla fase maggiormente conosciuta della sua carriera tra Germania, Inghilterra e Italia. Non è necessario dilungarci su questi anni, ma possiamo sottolineare tre dati che parlano delle sue abilità e della sua intelligenza calcistica.

Il primo sono i nomi degli allenatori per i quali ha giocato: Mircea Lucescu, Jürgen Klopp, Jose Mourinho e Simone Inzaghi, tra gli altri. Tutti profili ai vertici del calcio mondiale che ne hanno apprezzato il talento (nonostante certe incomprensioni con Mourinho nel periodo al Manchester United).

Il secondo è la collezione interminabile di trofei, tra i quali spiccano la Conference League vinta con la Roma, l’Europa League con l’Arsenal (ci torniamo) e lo scudetto e le due finali di Champions League con l’Inter (primo armeno a scendere in campo nella finale del torneo).

Infine, la longevità: gli anni passano, il raggio di azione si abbassa, ma Heno rimane un elemento irrinunciabile, sempre titolare nell’Inter di Simone Inzaghi.

Forse il goal più bello della carriera di Henrikh Mkhitaryan

Il legame di Henrikh Mkhitaryan con l’Armenia, tra nazionale e impegno politico

Anche se la carriera ad alti livelli lo ha portato lontano dalla patria, Mkhitaryan è sempre rimasto legato all’Armenia, affetto ricambiato dagli armeni che, come abbiamo visto, seguono passo passo la sua carriera in giro per l’Europa.

Con la sua nazionale non ha mai raggiunto quello che è un po’ il sogno di tutti i calciatori provenienti da paesi lontani dai vertici del calcio: difendere i colori della propria bandiera nella fase finale di un grande torneo estivo. Non per mancanza di impegno: prima del ritiro nel 2022, Heno ha giocato 95 presenze segnando 32 goal per i colori dell’Armenia. Inoltre, il momento in cui la nazionale armena ha raggiunto il suo picco di prestazioni, il biennio tra il 2010 e il 2013, si è trovata a lottare per qualificarsi a un europeo ancora solo 16 a squadre (dal 2016 il torneo si è allargato a 24 partecipanti).

Ma il suo amore per la terra natia Mkhitaryan lo ha espresso soprattutto usando il suo profilo pubblico per portare all’attenzione dell’opinione pubblica questioni legate al conflitto trentennale tra Armenia e Azerbaigian. Ad aiutarlo in questo una dialettica non proprio da calciatore medio (ha due lauree) e la conoscenza fluente di ben sei lingue (armeno, russo, tedesco, francese, italiano e inglese).

Henrikh Mkhitaryan il poliglotta

Noto è il caso risalente al 2019 (ai tempi in cui militava nell’Arsenal) quando rinunciò a giocare la finale di Europa League a Baku additando timori per la sua sicurezza personale. Col senno di poi è improbabile che ci fossero davvero rischi, ma la mossa ebbe l’effetto di sollevare l’attenzione sull’armenofobia in Azerbaigian cancellando in parte il tentativo delle autorità azere di pulirsi la reputazione attraverso l’organizzazione di grandi eventi sportivi internazionali (pratica nota come sportwashing).

Netta la posizione di Mkhitaryan sulla questione del Nagorno-Karabakh. Questa regione, nonostante la sua popolazione a maggioranza armena, venne assegnata all’Azerbaigian dalle autorità di Mosca negli anni Venti del Novecento. A partire dal 1987, sul finire dell’esperienza sovietica, gli armeni dell’area si mobilitarono per ottenere la secessione dall’Azerbaigian e l’unione del Nagorno-Karabakh all’Armenia. La cosa portò a un sanguinoso conflitto che si concluse nel 1994 con l’indipendenza de facto del Nagorno-Karabakh da Baku ottenuta con il supporto di Erevan.

Ma le cose sono cambiate a partire dal 2020. Nell’autunno di quell’anno, l’Azerbaigian riconquistò militarmente parte della regione in quello che è noto come conflitto dei 44 giorni. Dopo aver affamato per otto mesi la popolazione armena ancora residente nelle zone del Nagorno-Karabakh rimaste indipendenti, nel settembre del 2023 Baku concluse la conquista della regione con un altro attacco che spinse gli oltre 100mila abitanti alla fuga in Armenia.

Nel corso degli ultimi cinque anni, Mkhitaryan si è espresso più volte (qui, qui e qui, per esempio) in favore del diritto di autodeterminazione degli armeni del Nagorno-Karabakh sui suoi canali social. Più recentemente ha ripreso un appello per la liberazione di Ruben Vardanyan, un uomo di affari armeno che ha ricoperto la carica di ministro di Stato della repubblica separatista tra il 2022 e il 2023 e per questo è attualmente sotto processo in Azerbaigian insieme ad altri ex politici della regione.

È ancora presto per dire cosa il futuro riserverà per Mkhitaryan. In un’intervista per il canale YouTube dell’Inter alla fine della scorsa stagione ha dichiarato di voler restare a vivere con la sua famiglia a Milano anche dopo il ritiro dal calcio giocato. Sarà interessante vedere se, una volta appesi gli scarpini al chiodo, rimarrà nel mondo del pallone o seguirà altri percorsi (magari la carriera politica in Armenia?). Ma intanto l’augurio è che Heno continui a dire la sua sul campo il più a lungo possibile.

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Aleksej Tilman
Aleksej Tilman

Nato a Milano, attualmente abita a Vienna, dopo aver vissuto ad Astana, Bruxelles e Tbilisi, lavorando per l’Osce e il Parlamento Europeo. Ha risieduto due anni nella capitale della Georgia, specializzandosi sulle dinamiche politiche e sociali dell’area caucasica all’Università Ivane Javakhishvili. Oltre che per Meridiano 13, scrive e ha scritto della regione per Valigia Blu, New Eastern Europe, East Journal e altre testate.