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Il santuario degli orsi danzanti a Belitsa, in Bulgaria

A circa duecento chilometri a sud di Sofia, incastonato tra il complesso montuoso di Rila con l’omonimo monastero e le cime del Pirin, si cela il Santuario degli orsi di Belitsa (Belitsa Bear Sanctuary). Il progetto nasce nel 2000 in collaborazione con due enti internazionali, la Fondazione Brigitte Bardot e l’organizzazione Four Paws. Lo scopo è quello di creare uno spazio protetto per i cosiddetti “orsi danzanti”, esemplari vittime di una pratica diffusa in tutta la penisola balcanica messa definitivamente al bando nel 1998, che non sarebbero capaci di vivere allo stato brado. Attualmente i dodici ettari di parco ospitano quindici esemplari. 

Gli orsi danzanti

Come documentato e raccontato anche dal reporter polacco Witold Szabłowski in Orsi danzanti, questi animali

per anni erano stati addestrati a ballare e trattati in maniera assai brutale. Gli addestratori li tenevano fuori dalle case. Gli insegnavano a ballare picchiandoli fin da quando erano piccoli. Gli estraevano tutti i denti, nel caso l’orso si fosse ricordato di essere più forte del proprio addestratore. Ne piegavano il carattere. Gli davano alcolici per farli ubriacare e molti di essi divennero dipendenti dai liquori. E poi gli ordinavano di fare diversi numeri strani per i turisti, dalla danza alla imitazione di personaggi famosi, per finire con i massaggi.

E all’improvviso, quando la Bulgaria nel 2007 entrò nell’Unione Europea, gli orsi danzanti cessarono di essere legali. L’organizzazione austriaca “Four Paws” aprì un centro speciale vicino a Sofia. Gli orsi cominciarono a essere sottratti agli addestratori e lasciati proprio in questo centro, nella località di Belitsa. Scomparve il bastone, scomparve la violenza, scomparve l’anello al naso, che era il simbolo della schiavitù di questi animali. Fu inaugurato un progetto unico per insegnare la libertà a delle creature che non erano mai state libere prima.

Dalla sua apertura il parco ha accolto e riabilitato esemplari provenienti non soltanto dalla Bulgaria, ma anche dalla Serbia e dall’Albania, offrendo loro un ambiente protetto ricco di alberi, tane e fonti d’acqua. A prendersi cura di loro un team altamente qualificato che si occupa di stimolare la curiosità e gli istinti naturali degli ospiti. Così gli orsi, pur non essendo in grado di adattarsi e sopravvivere in natura, riacquistano man mano la propria indipendenza in un contesto protetto. Szabłowski sintetizza in tre punti il rapporto tra gli animali e la libertà: 

  • la libertà agli orsi si dà a piccole dosi. Non la si può dare tutta insieme, perché gli andrebbe di traverso;
  • la libertà ha i suoi limiti. Per gli orsi questo limite è il filo elettrico che fa da recinto;
  • la libertà, per quelli che non l’hanno conosciuta prima, è molto complicata. Per gli orsi è molto difficile imparare una vita nella quale devono pensare da soli a se stessi. A volte è un compito impossibile.

Nel corso degli anni l’abolizione della brutale consuetudine ha portato alla diminuzione e definitiva scomparsa degli orsi danzanti, e al conseguente cambio di obiettivo dell’area protetta di Belitsa. Ora infatti il centro mira a salvare plantigradi che si trovano in condizioni di cattività carenti e precarie, provenienti da zoo inadeguati, circhi e soprattutto illegalmente trattenuti all’interno di proprietà private. Il parco ha quindi cambiato nome da Dancing Bears Park Belitsa a Bear Sanctuary Belitsa.

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Uno degli ospiti del parco di Belitsa (Meridiano 13/Giorgia Spadoni)

Visitare il parco

Il Santuario degli orsi di Belitsa è visitabile in giornata partendo dalla capitale bulgara. Il periodo di apertura va da primavera fino a inizio autunno, per via della collocazione del parco e delle abitudini degli stessi orsi. Quasi tutti gli ospiti infatti, nonostante gli anni di privazioni e cattività, riescono a ritrovare l’istinto che li porta naturalmente a trascorrere i mesi freddi in letargo.

La visita prevede un percorso ad anello a piedi, lungo un sentiero brullo e scosceso, sotto la guida di un membro dello staff che illustra la storia del centro e le vicende dei singoli orsi in bulgaro oppure in inglese. Ciascuno degli ospiti ha un nome e sui canali Instagram e Facebook del Santuario vengono postati con frequenza aggiornamenti sui loro progressi e il loro stato di salute. Essendo liberi di muoversi all’interno dei dodici ettari di parco non è dato sapere in anticipo quanti e quali orsi sarà possibile vedere durante la visita, ma questo rende l’incontro con gli animali ancora più emozionante.

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Un altro esemplare degli orsi del santuario (Meridiano 13/Giorgia Spadoni)

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Giorgia Spadoni
Giorgia Spadoni

Traduttrice e interprete. S’interessa di letteratura, storia e cultura est-europea, in particolar modo bulgara. Ha vissuto e studiato in Russia (Arcangelo), Croazia (Zagabria) e soprattutto Bulgaria, dove si è laureata presso l’Università di Sofia “San Clemente di Ocrida”. Collabora con varie case editrici e viaggia a est con Kukushka tours. È autrice della guida letteraria “A Sofia con Georgi Gospodinov” (Giulio Perrone Editore).