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Breve viaggio fra i serbi della Carniola Bianca, minoranza autoctona in Slovenia

Una versione molto accreditata e credibile dice che Slobodan Milošević durante il primissimo disfacimento della Jugoslavia non avesse grande interesse a trattenere la Slovenia nella Federazione, mentre la pensava diversamente sulla Croazia e poi sulla Bosnia. Gli si attribuisce una frase emblematica: “Dove c’è una tomba serba, là è Serbia”. L’intervento in Slovenia ebbe quindi una forza molto diversa perché, a suo dire, non vi riposavano spoglie serbe e non esistevano minoranze da difendere. Chissà cosa pensarono dopo aver sentito questo ragionamento i serbi della Carniola Bianca (Bela Krajina), che nel sud della Slovenia vivevano da cinquecento anni.

Non stiamo ovviamente parlando degli immigrati “lavorativi” serbi che nel Novecento si sono trasferiti in Slovenia e che ad oggi rappresentano una delle minoranze più importanti nel paese e che, ad esempio, possono riunirsi nel grande tempio ortodosso di Lubiana. Ci riferiamo invece a un piccolo gruppo di persone che è arrivata nelle zone meridionali del paese a partire dal 1500 (e seguendo diverse ondate).

Sono i discendenti degli uscocchi che scapparono a nord, fuggendo dall’avanzata dell’impero ottomano e offrendo le proprie armi per difendere l’Europa e l’Austria-Ungheria. Oggi questa presenza tenta di conservare le proprie tradizioni nei paesi di Bojanci, Marindol, Paunoviči, Adlešiči, Žuniči, Miliči e altri, rappresentando l’area più nord-occidentale dove è presente un’isola serba ormai autoctona.

Una zona molto periferica

Per entrare nella Carniola Bianca (o Bela Krajina) si raggiunge Novo Mesto e poi si scende ancora più a sud, procedendo lungo una strada abbastanza stretta e piena di curve. Si attraversano boschi e zone in cui, invece, la vista si apre, quasi sterminata, su campi coltivati. Nonostante si tratti di una terra piuttosto periferica il traffico pesante non manca e seguendo le curve si formano spesso code di automobili che devono ridurre considerevolmente la velocità dietro a grandi tir.

Andando verso sud si segue a sinistra il corso della Kolpa, o Kupa in croato, che segna il confine fra Lubiana e Zagabria. Nei punti in cui il fiume scorre quasi a livello della strada si osservano campeggi e ragazzi che fanno il bagno, ma in alcuni tratti il corso d’acqua scompare alla vista, sprofondando in una vallata con alti argini. In estate il colore che più caratterizza l’ambiente circostante è il verde scuro: nonostante la calura e il sole battente, la presenza della Kolpa mantiene la natura rigogliosa e fiorente.

Serbi della Carniola Bianca - Bela Krajina
Edificio amministrativo ad Adlešiči (Meridiano 13/Gianni Galleri)

I paesini che si incrociano sono sonnolenti e pochi movimenti li animano. Si vede qualche auto, un paio di persone che escono da un bar. Ad Adlešiči davanti a un piccolo alimentari che serve anche il caffè trascorrono il loro tempo quattro o cinque persone. Guardano le auto passare, fanno commenti su chi si ferma. Alla loro destra una statua in metallo di un partigiano ricorda la resistenza durante la Seconda Guerra Mondiale, ma la stella rossa si nota appena, soltanto da molto vicino. Dall’edificio amministrativo sventola una bandiera dell’Unione europea. Nel cimitero della chiesa di San Nicola, poco più in alto, si trovano tombe con cognomi sia sloveni che serbi.

Lingua e religione

Sono due gli aspetti fondamentali che distinguono la minoranza serba dalla maggioranza slovena: la lingua e la religione. Con il passare degli anni la comunità serba della Carniola Bianca si sta sempre più integrando nel contesto sloveno, perdendo la propria specificità e di conseguenza anche la padronanza attiva della lingua. Le nuove generazioni – i pochi che decidono di restare – ormai capiscono il serbo, ma lo usano con difficoltà. Oggi le zone dove viene parlato più comunemente sono quelle di Marindol, Miliči e Paunoviči, ed è un mix fra la versione iecava e quella ecava.

Per quanto riguarda la religione, il credo della minoranza è ortodosso. Questo la differenzia dalla maggioranza slovena che invece è di fede cattolica. Anche in questo caso, piano piano la presenza della chiesa ortodossa sta scomparendo. Da molto tempo ormai i luoghi di culto faticano a trovare degli officianti, che riescono a essere presenti solo per poche occasioni all’anno. Fra le chiese più significative si possono annoverare quella di San Giovanni Battista a Marindol e quella dei Santi Pietro e Paolo a Miliči.

Da segnalare che nel vicino comune di Metlika esistono anche due chiese latine di rito greco, le uniche di tutta la Slovenia: ovvero quella dei Santi Cirillo e Metodio a Metlika e quella di Santa Svetica a Drage. Quest’ultimo centro porta con sé un altro aspetto davvero poco noto della storia della dissoluzione della Jugoslavia. Infatti a partire dagli anni Novanta, durante la separazione fra Slovenia e Croazia, nacquero tutta una serie di dispute territoriali fra i due stati. 

Serbi della Carniola Bianca - Bela Krajina
La chiesa dei Santi Cirillo e Metodio a Metlika (Meridiano 13/Gianni Galleri)

La più famosa riguardava il golfo di Pirano, ma anche l’insediamento di Drage fu coinvolto in questo dibattito: il Tribunale che si pronunciò in merito dichiarò che nell’area di Trdinov Vrh/Sveta Gera il confine segue i limiti catastali e per questo Drage fa parte della Slovenia, ma se ad esempio cercate il villaggio su Google Maps lo troverete circondato da una linea tratteggiata. L’esistenza di chiese di rito bizantino in questa zona si spiega con il fatto che alcuni serbi divennero uniati, ovvero cristiani d’oriente che seguono i riti cattolici, quindi “uniti” a Roma. Questo avvenne fra il XVII e XVIII secolo.

La situazione attuale della comunità serba della Carniola Bianca

Oggi l’assimilazione della minoranza nella società slovena è quasi completa. Se si attraversa la zona senza fare caso ai minimi particolari, praticamente non si scorge nessuna differenza rispetto a una qualsiasi altra area periferica della Slovenia. Eppure i serbi della Carniola Bianca in passato provavano a mantenere i matrimoni all’interno della comunità, cercando donne direttamente in Serbia o in regioni più vicine, con una forte presenza etnica, come la regione croata del Gorski Kotar.

Alcuni studi riportano che il primo matrimonio “misto” avvenne a Bojanci nel 1947. Prima della Seconda guerra mondiale, il ricorso al cirillico era predominante soprattutto nelle lapidi mortuarie, oggi anche quelle scritte in serbo riportano quasi sempre caratteri latini (ma ci sono delle eccezioni). Importante per l’assimilazione fu la chiusura di una scuola primaria serba nel 1992. 

Andando a vedere nello specifico i numeri, si può dire che verso la fine degli anni Sessanta si stimava che nella Carniola Bianca ci fossero fra i 500 e i 600 serbi. Questo numero si ridusse tantissimo durante l’ultimo decennio della Jugoslavia socialista, raggiungendo il computo totale di 121 famiglie nel 1991. Fra le cause di questa riduzione ci furono i matrimoni misti e l’emigrazione economica verso le grandi città, ma probabilmente anche l’intenzione e la necessità di dichiararsi sloveni in un contesto di crescente nazionalismo. Nel censimento del 2011, nella Bela Krajina, 280 persone si sono dichiarate serbe.


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Gianni Galleri
Gianni Galleri

Autore dei libri “Questo è il mio posto” e “Curva Est” - di cui anima l’omonima pagina Facebook - (Urbone Publishing), "Predrag difende Sarajevo" (Garrincha edizioni) e "Balkan Football Club" (Bottega Errante Edizioni), e dei podcast “Lokomotiv” e “Conference Call”. Fra le sue collaborazioni passate e presenti SportPeople, L’Ultimo Uomo, QuattroTreTre e Linea Mediana. Da settembre 2019 a dicembre 2021 ha coordinato la redazione sportiva di East Journal.