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Lo spomenik di Kadinjača, dedicato ai caduti partigiani dell'omonima battaglia, che determinò la fine della Repubblica di Užice (Meridiano 13/Giorgia Spadoni)
Più di ottant’anni fa l’Europa e il mondo hanno visto ciò che di più terribile si possa umanamente immaginare in quell’ondata di sangue, odio e terrore che porta il nome di Seconda guerra mondiale. Una delle regioni più colpite è stata quella balcanica, dove si sono consumate alcune delle più terribili atrocità dell’intero conflitto. In tutto questo, nel 1941, c’è stato un barlume di speranza che si è nascosto nella parte occidentale della Serbia dove, per un breve periodo, è esistita la Repubblica di Užice, che rappresenta la prima grande vittoria partigiana sul suolo europeo.
Una breve neutralità e uno storico dietrofront
Allo scoppio del conflitto in Europa, il primo settembre 1939, il Regno di Jugoslavia dichiara la propria neutralità, nonostante il governo entrato in vigore pochi giorni prima – il cosiddetto governo Cvetković-Maček – spingesse verso l’entrata nell’orbita dell’Asse.
Questa situazione dura un paio di anni, fino al 25 marzo 1941, quando al Palazzo del Belvedere di Vienna il primo ministro jugoslavo Dragiša Cvetković, insieme al ministro degli esteri Aleksandar Cincar-Marković e al suo omologo nazista Joachim Von Ribbentrop, firmano il Protocollo di Vienna con il quale il Regno di Jugoslavia entra ufficialmente a far parte del Patto dell’Asse. Gli jugoslavi seguono così gli ungheresi (firmatari del Patto il 20 novembre 1940), i rumeni (23 novembre 1940) e i bulgari (1° marzo 1941) nell’orbita del Terzo Reich.
Non tutti credono che stare dalla parte della Germania nazista sia la scelta giusta per il corso della nazione, in particolare il Generale della Reale Aviazione Jugoslava Dušan Simović che, influenzato dai servizi segreti britannici – che miravano a mantenere una situazione di neutralità del paese – organizza insieme ad altri membri degli alti ranghi dell’esercito e della Guardia Reale un colpo di stato.
Ciò avviene due giorni dopo la firma del Protocollo di Vienna: i golpisti prendono il controllo di tutti i punti strategici di Belgrado, arrestano i membri del governo ed esautorano il Consiglio di Reggenza del principe Paolo – stabilito dopo l’assassinio del re Alessandro I a Marsiglia il 9 ottobre 1934 – e proclamano il minorenne Pietro II (figlio di Alessandro I) Re di Jugoslavia.
In tutto questo Simović (ora Presidente del consiglio) ripudia il patto con le forze dell’Asse, portando il regno nell’orbita degli Alleati.
La prima pagina del quotidiano Vreme del 28 marzo 1941, con la proclamazione di Pietro II a Re di Jugoslavia (Wikimedia Commons)
A seguito del colpo di stato, la reazione di Adolf Hitler è durissima: il 6 aprile 1941 la Jugoslavia viene invasa dalle forze armate del Terzo Reich, aiutate dagli eserciti delle nazioni confinanti appartenenti all’Asse. Il paese viene annichilito in poco più di dieci giorni e il 18 aprile le forze armate jugoslave firmano la resa incondizionata.
Il Regno di Jugoslavia cessa così di esistere venendo completamente smembrato: la Slovenia viene divisa, con il nord che diventa territorio tedesco e il sud occupato dall’Italia fascista; il 10 aprile a Zagabria viene proclamato il governo fantoccio dello Stato Indipendente di Croazia (Nezavisna Država Hrvatske), il cui territorio si estende sull’intera Croazia, la Bosnia, l’Erzegovina, il Montenegro e la Sirmia (oggi parte occidentale della Vojvodina). L’altro pezzo di quest’ultima, insieme a città come Subotica e Novi Sad, diventano parte integrante del territorio ungherese.
Gli italiani, oltre alla Slovenia meridionale, annettono la Dalmazia e le Bocche di Cattaro al proprio territorio. Il Kosovo e la Macedonia del Nord occidentale vengono uniti all’Albania (protettorato italiano), mentre il resto del territorio macedone viene occupato dalla Bulgaria, così come le città serbe di Negotin e Zaječar.
Quello che rimane della Serbia passa sotto il diretto controllo del Reich tedesco, dove viene istituito il cosiddetto Governo di Salvezza Nazionale (Vlada Narodnog Spasa) guidato dal generale collaborazionista Milan Nedić.
Tra il 14 e il 15 marzo il re Pietro II, insieme alla famiglia reale dei Karađorđević, fugge a Londra passando per la Grecia, dove resterà in esilio fino al termine della guerra.
La mappa della spartizione dei territori del Regno di Jugoslavia dopo l’invasione e la capitolazione dell’aprile del 1941 (Wikimedia Commons)
L’inizio della resistenza e la cattura di Užice
Il 7 luglio del 1941 il Partito comunista jugoslavo (Komunistička Partija Jugoslavije) lancia un’insurrezione contro le forze di occupazione, in una campagna costituita da vari sabotaggi e diversioni. La resistenza è duale: da una parte ci sono i già citati partigiani con il Movimento di Liberazione Popolare (Narodnooslobodilački Pokret), dall’altra ci sono i četnici che mirano a una restaurazione della monarchia serba.
Il fulcro della resistenza si trova nei territori della Serbia occidentale, con i partigiani che riescono a entrare nella città di Užice già il 28 luglio. D’altra parte, i četnici riescono a liberare un’altra città della regione, Loznica, il 31 agosto. A Užice il Movimento di Liberazione Popolare continua a dare fastidio alla Wehrmacht con varie incursioni e sabotaggi: il 21 settembre il comandante in capo della Wehmacht sul territorio serbo Franz Böhme, dà l’ordine ai tedeschi di lasciare la città, dove a sua difesa rimangono solo i gendarmi del governo Nedić assieme a un gruppo di četnici collaborazionisti guidati dal vojvoda Kosta Pečanac.
Due giorni dopo tre compagnie partigiane sono pronte all’attacco mentre i gendarmi e i četnici abbandonano la città dopo un bombardamento tedesco. Il 24 settembre il comandante della Prima compagnia partigiana di Užice, Slobodan Sekulić, decide di inviare una pattuglia all’interno della città con il compito di chiedere la resa al capitano della gendarmeria Branko Barbulović, il quale accetta non avendo predisposto delle linee di difesa. Di conseguenza le forze partigiane entrano in città, celebrandone la liberazione a tutti gli effetti.
L’entrata dei partigiani nella Užice liberata il 25 settembre 1941 (Wikimedia Commons)
Un doppio governo
Con la liberazione di Užice viene istituita la cosiddetta Repubblica di Užice, territorio che comprende la maggior parte della Serbia occidentale. La città si trasforma rapidamente nel centro organizzativo del Movimento di Liberazione Popolare, diventando anche la sede del Comitato Centrale del Partito comunista jugoslavo.
Sul territorio della Repubblica, però, le forze partigiane non sono le uniche presenti, per questo c’è una sorta di governo e di struttura militare duale: da una parte il già citato Movimento di Liberazione Popolare e dall’altra i četnici, che hanno come centro strategico la città di Požega. Ci sono centri nei quali questi ultimi hanno il controllo, come Arilje e Ivanjica; in altre città, come ad esempio Čačak, Gornji Milanovac e la stessa Užice i partigiani e i četnici si dividono in egual misura il potere.
Tutto il necessario
Oltre alla sua locazione, Užice risulta essere un luogo strategico anche per la presenza di una fabbrica di armamenti e munizioni attiva durante il periodo interbellico. Con l’entrata in città delle forze partigiane la fabbrica riprende la produzione che era stata cessata a seguito di un bombardamento tedesco avvenuto il giorno prima della liberazione.
I sotterranei della fabbrica vengono riadattati per spostarvi lì la produzione e per essere utilizzati anche come rifugio per i civili in caso di bombardamento aereo. Purtroppo, la produzione cessa il 22 novembre 1941, a causa di un’esplosione durante l’orario di lavoro che uccide tutti gli operai e la popolazione civile rifugiata.
Oltre alla fabbrica di munizioni, l’unica in Europa a produrre attivamente per la lotta antifascista e che fornisce armamenti ai partigiani sparsi per il territorio jugoslavo, la Repubblica di Užice si dota anche di un servizio postale e di un giornale, Borba (letteralmente “Lotta”), organo di informazione del Partito comunista jugoslavo che viene messo al bando nel 1929 a seguito della presa del potere assoluto da parte dell’allora sovrano Alessandro I – la cosiddetta Dittatura del sei gennaio (Šestojanuarska diktatura).
La fine del sogno
Alla fine di settembre i tedeschi, insieme ai četinici di Kosta Pečanac, ai volontari collaborazionisti serbi guidati da Dimitrije Ljotić (mentre in Croazia e Bosnia furono aiutati dagli ustascia), lanciano l’Operazione Užice (in tedesco Untrernehmen Užice, in serbo Prva neprijateljska ofanziva – Prima offensiva nemica), al fine di riportare sotto il proprio controllo l’intera regione.
Alla fine del mese successivo i nazisti e i collaborazionisti hanno ripreso il controllo della Šumadija, dove hanno lasciato dietro di sé una scia di sangue e orrore, come ad esempio i due massacri compiuti nei confronti della popolazione civile di Kragujevac tra il 20 e 21 ottobre. Sempre in quel periodo, oltre ai četnici di Pečanac, si aggiungono quelli del generale Draža Mihailović, il quale ha l’obiettivo di combattere i partigiani comunisti.
Questi ultimi cercano di opporre resistenza in tutti i modi possibili, ma le divisioni tedesche e četniche sono troppo numerose, quindi la decisione è di ritirarsi verso il Sangiaccato, non prima però di aver opposto una valida resistenza in città come Kosjerić, Gornji Milanovac, Čačak e Kadinjača, dove il 28 novembre i collaborazionisti trovano l’ultima linea di difesa partigiana nella direzione di Užice.
Un altro scorcio dello Spomenik dedicato alla Battaglia di Kadinjača (Meridiano 13/Giorgia Spadoni)
Il primo dicembre la Wehrmacht e i četinici entrano nella città mettendo così la parola “fine”, dopo 67 giorni, alla storia della Repubblica di Užice, la prima significativa conquista partigiana nel cuore dell’Europa occupata.
Laureato in Scienze della Comunicazione, si occupa principalmente di calcio e basket specificatamente nell'area balcanica, avendo vissuto in Serbia nel periodo tra agosto 2014 e luglio 2015. Ha collaborato da giugno 2020 a dicembre 2021 con la redazione sportiva di East Journal. É co-autore del podcast "Conference Call" e autore della rubrica "CoffeeSportStories" sul podcast "GameCoffee". Da agosto 2022, collabora con la redazione sportiva della testata giornalistica "Il Monferrato".