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L’emigrazione continua. Riflessioni di una donna albanese in Italia

di Gentiola Madhi*

È quasi l’alba quando raggiungo il perimetro dell’aeroporto di Tirana. L’aria è frizzante e il cielo è coperto da nuvole dense che minacciano un’altra giornata di pioggia. Anche se sono le quattro passate, l’aeroporto pullula di voci e di famiglie che si abbracciano prima di un’imminente partenza. Sono quattro i voli che partono nell’arco di trenta minuti, tra cui i primi due sono diretti a Verona con una distanza di cinque minuti l’uno dall’altro, seguiti dal volo per Francoforte e infine da quello diretto a Milano. Non ricordavo, o forse non avevo mai notato prima di allora, o forse solo prima della pandemia, la quantità di gente che lasciano l’Albania in un solo giorno. Sicuramente molti saranno turisti o professionisti in missione, ma tanti sono anche quelli che per una ragione o per un’altra hanno deciso di vivere all’estero.

Di recente l’area partenze dell’aeroporto internazionale albanese ha subito un’espansione, diventando quasi il doppio di prima. Vedendo le persone messe in fila nei vari terminali di uscita, mi viene l’impressione di essere di fronte ad un secondo esodo massivo verso i paesi Ue.

In Italia, proprio l’anno scorso è stato celebrato il trentesimo anniversario dell’arrivo delle prime navi colme di migranti albanesi. Ne è passata di acqua sotto i ponti da allora, sia per gli albanesi che coraggiosamente decisero di tentare la fortuna in Italia sia per quelli che non osarono sfidare il proprio destino, decidendo di vivere in patria. Durante la prima decade del Duemila hanno raggiunto le coste italiane migliaia di albanesi esasperati dalle difficili condizioni economiche e mancanza di prospettive. Raccolsero pezzi della propria vita in pochi zaini leggeri e partirono verso l’ignoto alla rincorsa di un sogno, alla ricerca della libertà e della propria realizzazione. Proprio quella libertà tanto abusata dalla classe politica durante la prima fase di transizione, che molto promise ma poco attuò in quel periodo in Albania.

In quelle navi viaggiavano tante ragazze e donne albanesi, dai trascorsi diversi, ma i cui destini si intrecciavano spesso. Madri, lavoratrici, insegnanti, scienziate si trovarono a ricominciare da capo la vita in Italia, molto frequentemente in condizioni di marginalità e invisibilità. Quali difficoltà, sacrifici e umiliazioni hanno dovuto sopportare sulla propria pelle per riuscire a vivere e sopravvivere? Dicono che all’inizio ci si sente come “sospesi nell’aria”, come se il tempo non cambiasse, ed è proprio in quella fase che molti cedono alla disperazione. Una volta superata, si comincia la risalita, mettendo radici e chiamando “casa” sia il villaggio o la città dove si è vissuto in Albania, sia il luogo di residenza in Italia. Forse è proprio allora che il processo di inclusione nella società ospitante si conclude, si inizia ad avere due “case” e a vivere con la V maiuscola la vita nella “patria” per scelta.

Donna Albanese - Donne d'Albania
Copertina del libro Donne d’Albania in Italia. Riflessioni, testimonianze, emozioni (Com Nuovi Tempi, 2022)

Tali riflessioni emergono chiare durante la lettura dell’ultimo volume intitolato Donne d’Albania in Italia. Riflessioni, testimonianze, emozioni, a cura di Rando Devole e Claudio Paravati, pubblicato nell’estate del 2022 da Com Nuovi Tempi. Dentro si trovano ritagli di storie personali, testimonianze e riflessioni di donne albanesi di prima e di seconda generazione che per ragioni diverse hanno scelto di vivere in Italia. Sono donne provenienti da condizioni sociali, economiche e culturali diverse, ma che grazie al loro attivismo, coraggio, impegno e dedizione hanno dato vita ad un processo di costruzione di ponti tra due culture, sempre vicine geograficamente ma pur sempre lontane per via del regime dittatoriale.

I flussi migratori albanesi nel tempo hanno subito mutamenti; dopo gli anni 2000, l’Italia è diventata soprattutto una destinazione attrattiva per i migliori studenti albanesi. Un capitale umano giovane, ricco di futuri medici, ingegneri, avvocati e ricercatori che si sono formati nelle università italiane, maturando nuove conoscenze e capacità tecniche che successivamente hanno potuto mettere al servizio di questo paese.

Oggi stiamo percorrendo una nuova fase, con la nascita e la crescita di una terza generazione di albanesi in Italia, una comunità che nella sua interezza è riuscita a maturare un punto di equilibrio e di stabilità. Secondo l’ultimo dossier statistico dell’immigrazione, gli albanesi nel 2022 costituiscono la seconda comunità più grande di residenti stranieri in Italia, superati solo dai cittadini romeni. Secondo gli ultimi dati, la collettività ammonta a 433 mila residenti albanesi, ossia l’8.4% dei residenti stranieri, un flusso relativamente stabile, considerando anche l’acquisizione negli anni della cittadinanza italiana. In particolare, la presenza femminile albanese in Italia è aumentata, raggiungendo un sostanziale equilibrio tra i generi (49.2%).

Tra i capitoli che compongono il volume Donne d’Albania in Italia. Riflessioni, testimonianze, emozioni si riesce a evincere la dedizione di quest’universo femminile, variegato e poliedrico, ai valori fondanti della democrazia e all’impegno civico promosso dalla Costituzione italiana. Valorizzando le proprie capacità, le donne promuovono iniziative di solidarietà, l’impegno comune verso i più deboli, l’assistenza alle nuove arrivate, l’inclusione e l’insegnamento della lingua, senza dimenticare da dove provengono. La creazione di reti è diventata la base per la promozione dell’insegnamento della lingua madre alle nuove generazioni, per la celebrazione di festività nazionali e non di meno per l’avviamento di iniziative di advocacy per difendere e promuovere gli interessi della diaspora albanese di fronte al governo di Tirana.

Scritta di una donna albanese a Verona
Scritta su un muro di Verona

In passato i flussi migratori albanesi in Italia riempivano i titoli di apertura dei giornali, creando un clima agitato e dibattiti sterili per gli interessi momentanei dei partiti politici. Chi ha vissuto quel periodo si ricorda bene le offese subite ingiustamente, ma la cultura del non covar rancore e impegnarsi per dare il massimo ha raccolto i propri frutti. Oggi l’Albania è un paese candidato all’adesione all’Unione Europea. I professionisti “pendolari” dall’Italia verso l’Albania sono aumentati e si prospetta un grande potenziale in questa direzione. Dopo i confini mentali, adesso stanno scomparendo anche i confini geografici, creando l’Adriatico mare nostrum.

Leggi anche: Grande Padre: l’Albania di ieri e di oggi

Il volo da Tirana atterra a Verona alle 7.15 di mattina e nel frattempo è spuntato il sole sul Veneto. Appena raggiunto il terminale, accendo il cellulare e ricevo la foto inviata da un’amica italiana via Whatsapp. Era una foto scattata quella mattina stessa sul lungadige di un’imbrattatura con la matita nera sopra un muro ridipinto di recente, che diceva: “Italy has changed my life – una albanese”. Accanto era disegnato anche un cuoricino. Un segno di gratitudine di una donna albanese nei confronti di un popolo ospitale.


* Laurea in Relazioni Internazionali presso l’Università di Firenze e un master al Collegio d’Europa (Bruges). Dal 2018 lavora come ricercatrice freelance nel campo dell’integrazione europea e collabora con l’Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa. In precedenza ha vissuto e lavorato in Albania, Kosovo e Repubblica Ceca. Si interessa di democratizzazione, media, attivismo e società civile.

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