Come potrai immaginare, questo progetto ha dei costi, quindi puoi sostenerci economicamente con un bonifico alle coordinate che trovi qui di seguito. Ti garantiamo che i tuoi soldi verranno spesi solo per la crescita del progetto, per i costi tecnici e per la realizzazione di approfondimenti sempre più interessanti:

  • IBAN IT73P0548412500CC0561000940
  • Banca Civibank
  • Intestato a Meridiano 13

Puoi anche destinare il tuo 5x1000 a Meridiano 13 APS, inserendo il nostro codice fiscale nella tua dichiarazione dei redditi: 91102180931.

Dona con PayPal

A Banja Luka con i monaci trappisti, la birra Nektar e il formaggio

In questo articolo originariamente pubblicato da Le Courrier des Balkans e tradotto dalla redazione di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa, Tamara Dakić ci racconta come siano stati i monaci trappisti a produrre per la prima volta birra a Banja Luka: l’ormai famosa Nektar è figlia di questa tradizione secolare.

Alla fine del XIX secolo Banja Luka era una città della provincia ottomana, il cui sviluppo era ritardato dall’indolente sistema feudale ancora in vigore, mentre il resto dell’Europa era immersa nella rivoluzione industriale.

Malgrado il passaggio all’Impero austro-ungarico della Bosnia ed Erzegovina nel 1878 le riforme lungamente attese non hanno però innescato la modernizzazione che ci si attendeva. Nel 1869, però, un gruppo di monaci dell’ordine cistercense della stretta osservanza, più conosciuti con il nome di trappisti, provenienti dall’abbazia tedesca di Mariawald, in Renania, hanno portato a Banja Luka le premesse dell’industrializzazione.

Il fondatore del monastero di Banja Luka è un austriaco, Franz Pfanner (1825-1909), monaco e filosofo, uomo dalle grandi ambizioni. Secondo lo spirito e il motto benedettino Ora et labora i monaci non perdono tempo quando arrivano nella provincia ancora sotto il dominio ottomano.

Il monastero di Marija Zvijezda (Maria Stella) diviene presto il simbolo, e il buon esempio, di dinamismo economico e culturale. In meno di due decenni i frati edificano un ampio complesso che ha una propria panetteria, il suo mattatoio, una segheria e produce colle, tessuti in lana e succhi. Vi si trova anche una forgia, un mulino, un silos, una stamperia, una mensa pubblica, un orfanotrofio a cui sono collegate una scuola elementare e una tecnica, e infine un ospedale. I trappisti portarono nella regione il luppolo, la barbabietola rossa e una razza bovina di alta qualità.

Ancor oggi in città ci si ricorda del suo caseificio e della birreria, ma anche del fatto che la più antica centrale idroelettrica dei Balcani è stata costruita a Banja Luka, nel 1899, proprio grazie ai trappisti.

Avviato nel 1873, il birrificio fu una novità assoluta nella regione. All’epoca, gli abitanti locali si accontentavano di distillare la loro rakija, spesso di cattiva qualità, che ne inficiava non poco la salute. I trappisti crearono allora un ospedale in cui si curavano gli alcolisti con… la birra! La terapia consisteva nell’ingurgitare quattro litri di birra al giorno. Testimoni hanno assicurato che i “malati” guarivano in fretta, passando dalla rakija alla birra.

Nel 1894 il birrificio venne registrato come stabilimento industriale ed è ancora conosciuto sotto il nome di Banjalučka Pivara. Attualmente produce varie tipologie di birra tra cui la più conosciuta è la Nektar, divenuta un vero e proprio simbolo di Banja Luka.

I 150 anni della birra Nektar

I trappisti furono anche i primi ad avviare una produzione industriale di formaggio, di cui la ricetta era stata portata da Padre Ignazio dell’abbazia francese di Sept-Fons (in Alvernia).

Laboratori di produzione vennero presto avviati anche in altri villaggi della regione tra cui Nova Topola, nei pressi di Gradiška, e Aleksandrovac, nei pressi di Laktaši. Agli inizi, il formaggio portava il nome di “trappista di Maria Stella”, in seguito noto come “trappista”. Nonostante il formaggio di Banja Luka sia stato esportato in tutta Europa, in particolare entro i confini dell’Austria-Ungheria, la sua ricetta rimane tutt’ora segreta. Alla fine del XX secolo la produzione di formaggio trappista a Banja Luka venne interrotta, per poi riprendere nel 2008.

Grazie alla centrale idroelettrica Banja Luka fu tra le prime città dei Balcani a essere illuminata, otto anni prima di Zagabria, che però non aveva mai fatto parte dell’Impero ottomano. Agli inizi i trappisti costruirono una diga in legno lungo il fiume, poi sostituita da un’opera in muratura. Una testimonianza dell’epoca spiega che “il monastero, la notte, sembrava immerso in una fiaba” e che “l’abbondanza di luce nel mezzo della notte ha risvegliato tra gli abitanti di Banja Luka il desiderio di utilizzare i prodotti della civilizzazione”. La centrale è attualmente in rovina, in attesa di divenire, un giorno, un museo sull’elettrificazione.

Tra la Prima e la Seconda guerra mondiale i monaci costruirono la chiesa cattolica attuale e i loro possedimenti presero la forma giuridica di una società per azioni. Alla fine del secondo conflitto mondiale alcuni monaci trappisti vennero imprigionati e condannati dal nuovo potere comunista: molti dovettero fuggire dalla Bosnia ed Erzegovina e dalla Jugoslavia.

Nel 1946 il monastero, come molti altri possedimenti ecclesiastici, venne nazionalizzato e la sua proprietà venne limitata alla chiesa dell’abbazia. Una parte del monastero venne trasformata in clinica ortopedica, che vi si trova ancor oggi. Anche il birrificio venne nazionalizzato. Attualmente i monaci non dispongono che della chiesa e di una piccola fetta di terreno che la circonda, dove si trova il cimitero. A seguito di un devastante terremoto, nel 1969, l’edificio subì ingenti danni ma venne ristrutturato grazie agli sforzi e all’operosità dei trappisti.

Alla vigilia della Seconda guerra mondiale il monastero contava più di 200 monaci, attualmente sono due. Ciononostante la chiesa abbaziale di Santa Maria della Stella è ancora uno dei luoghi più visitati dai turisti a Banja Luka. Vi si può acquistare del formaggio, bevande per curare diversi acciacchi o semplicemente ascoltare dai monaci la lunga storia di questo edificio, essenziale nella storia della città.

Condividi l'articolo!
Redazione
Redazione