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La tomba di Dragan Mance al cimitero di Novo Groblje, Belgrado (Meridiano 13/Tobias Colangelo)
Esistono calciatori e calciatori. Poi ci sono le leggende, quei giocatori che per un motivo o per l’altro rimangono impressi nella mente dei tifosi di una particolare squadra o di un particolare paese o parte del mondo. Le ragioni possono essere molteplici: un particolare modo di toccare la palla, visione di gioco, o anche solo un gol al momento giusto possono portare un semplice giocatore di calcio all’immortalità. Ma quei momenti, quelle immagini, possono essere cancellate in un secondo, in un battito di ciglia.
Purtroppo, questa è una storia dal finale amarissimo, di un calciatore che era idolatrato da migliaia di tifosi in tutta la Jugoslavia, ma che per un errore, una fatalità, se n’è andato troppo presto. Già, perché Dragan Mance se n’è andato una mattina di quarant’anni fa, ma è rimasto per sempre nei cuori e nelle menti dei tifosi del Partizan.
Da Zemun con molto furore
Mance nasce il 26 settembre 1962 a Zemun, comune a qualche chilometro a nord della capitale jugoslava, Belgrado. Passa la sua infanzia nel quartiere 13. Già in tenera età viene notato il suo talento per il pallone, mentre frequenta solamente le scuole elementari. Cattura l’attenzione di un noto osservatore locale, tale Nedeljko Kostić, che lo porterà a giocare nelle giovanili del Galenika (oggi FK Zemun).
Nel documentario Mance – Došao je tiho i otišao u legendu del 2008, Kostić rivela quelle che furono le sue prime impressioni sul piccolo Dragan, che aveva già notato durante dei tornei scolastici, quando il futuro campione frequentava la scuola Ilija Birčanin di Zemun Polje:
Nella prima parte dell’allenamento solitamente lasciavo che i ragazzi palleggiassero e portassero palla, e vidi che in quelle situazioni non si trovava bene. Poi nella seconda parte li feci giocare una partitella a due porte, vidi che scartava i suoi avversari e segnava tanto. Dissi a me stesso ‘Kole, hai trovato quello giusto’.
Nedeljko Kostić
Il Gradski Stadion di Zemun, dove Mance mosse i primi passi nel calcio professionistico (Wikimedia Commons)
Nel Galenika Mance fa tutta la trafila delle giovanili e, a neanche diciassette anni compiuti, raggiunge la prima squadra che allora militava nella Druga savezna liga, la seconda divisione del campionato jugoslavo.
Già a quell’epoca si capisce che questo ragazzo ha qualcosa di diverso: agli allenamenti non manca mai e il suo impegno è quasi sovraumano. Il calcio era l’unica cosa a cui pensava, cercava sempre e in tutti i modi di migliorare e perfezionare il suo gioco. Questo suo impegno e il suo innato fiuto del gol lo avevano fatto finire sui taccuini degli osservatori di tantissime squadre.
L’attaccante fa in tempo a registrare due presenze con la maglia bianco blu segnando anche un gol prima di entrare definitivamente nei radar di una delle quattro grandi del calcio jugoslavo, ovvero il Partizan.
Humska bussa alla porta
Il rapporto tra Dragan Mance e il Partizan inizia molto presto e, diciamo, non è stato neanche così volontario. Nel già citato documentario Mance – Došao je tiho i otišao u legendu, il fratello Goran racconta del momento in cui entrambi decisero di prendere la via della fede bianconera:
Quando eravamo piccoli ci fu un derby in cui la Stella Rossa vinse contro il Partizan e il giorno dopo la partita decidemmo che avremmo tifato per la Stella Rossa. Tornammo a casa da scuola e lo dicemmo a nostro padre, il quale di rimando ci disse ‘non c’è problema. Potete tifare per la Stella Rossa, ma non ci sarà posto per voi in questa casa’ e ci chiuse fuori fino a tarda sera.
Goran Mance
All’inizio della stagione 1980-1981 il Galenika vuole ampliare la rosa e sta cercando un giocatore già affermato per il reparto offensivo. La scelta ricade su nient’altro che Slobodan Santrač, leggenda dell’Ofk Belgrado, all’epoca giocatore del Partizan. Ed è proprio lui che, in fase di trattativa propone uno scambio:
Io vado al Galenika, ma quel Mance deve andare al Partizan.
Slobodan Santrač
Una delegazione della squadra bianconera – guidata da un altro nome di peso quale Momčilo Moca Vukotić, uno dei più grandi giocatori della storia del Partizan – si presenta a casa Mance. A undici giorni dal suo diciottesimo compleanno, il 15 settembre 1980, Dragan diventa un giocatore dei crno-beli, coronando così il suo sogno d’infanzia.
Un paio di settimane più tardi, il 28 settembre, Mance esordisce con la casacca bianconera a Valjevo, in un’amichevole contro il Budućnost Titograd (oggi Podgorica), dove l’allenatore Tomislav Kaloperović lo fa entrare dalla panchina.
La ribalta della Prva Liga e l’amore della Jug
Mance non ci mette molto ad ingranare e il 22 novembre debutta in campionato nel secondo tempo della sfida tra il Partizan e il Fk Sarajevo che si gioca allo Stadion Jugoslovenske Narodne Armije, ancora oggi casa dei crno-beli. L’anno dopo, il primo marzo 1981, Kaloperović lo fa partire dal primo minuto nella trasferta di Zagabria allo Stadion u Kranjčevićevoj contro il Nk Zagreb.
Nella stagione di debutto Mance farà registrare altre quattro presenze, comprese due partite in casa di spessore contro la Dinamo Zagabria e l’Hajduk Spalato. Le poche apparizioni in campionato non lo scoraggiano: ha solo diciott’anni, sfrutta ogni singolo allenamento per perfezionare la tecnica e farsi notare da Kaloperović e il suo staff. Nel frattempo, termina anche gli studi – d’altronde, come già detto, era a malapena diciottenne all’epoca – diplomandosi alla Saobraćajna škola di Zemun.
Le poche presenze nella stagione 1980-1981 non permettono a Mance di mostrare ai Grobari il suo fiuto del gol, caratteristica sulla quale aveva puntato la dirigenza del Partizan. Ma l’occasione arriva all’inizio della stagione 1981-1982.
L’11 agosto allo Stadion JNA scende in campo il Radnički Niš, all’epoca una delle altre potenze del calcio jugoslavo. Al minuto 63 Kaloperović decide che è ora di cambiare Miodrag Radović, sostituendolo con Dragan Mance. A quattro minuti dal triplice fischio, Nikica Klinčarski fa spiovere in area un cross dalla fascia mancina. Sul secondo palo c’è proprio Mance, che di testa batte il portiere, sbloccando il risultato. Il suo primo gol con la maglia del Partizan si rivelerà essere decisivo, regalando prima vittoria ai crno-beli contro il Radnički in cinque anni.
Il rapporto che ha con i tifosi del Partizan, in particolare con la curva sud, la famigerata Jug, all’inizio si rivela essere un pochino turbolento. In campo Mance è molto emotivo e pensa ad una cosa sola: fare gol. Quando non riesce a segnare diventa quasi nevrastenico, perché per lui conta solo buttare il pallone in rete e vincere.
Inizialmente questo suo modo di essere non piace molto alla curva, ma quando capiscono di che pasta è fatto quel ragazzo e inizia a segnare con costanza, diventa un amore reciproco. Tutte le volte che Mance segna si mette a correre verso la tribuna e scivola sulle ginocchia con i pugni per aria, l’esultanza che lo caratterizzerà per il resto della sua carriera. La curva risponde cantando sempre il suo nome.
Al termine della stagione 1981-1982 Mance si afferma come riserva d’oro della squadra, segnando altri quattro gol. Il Partizan chiude il campionato al sesto posto, a dodici punti dalla Dinamo Zagabria campione. Nell’estate di quell’anno cambia la guida tecnica dei crno-beli: va via Tomislav Kaloperović e sulla panchina dei bianconeri si siede nient’altro che Plava Čigra, la sterna bionda, la leggenda Miloš Milutinović, fratello di un’altra leggenda del calcio mondiale, ovvero Bora Milutinović.
L’allenatore del Partizan dal 1982 al 1985, Miloš Milutinović (Alchetron)
Mance e Milutinović avevano un rapporto speciale, stravedevano l’uno per l’altro. È nota anche la loro passione comune per gli scacchi: tante volte gli altri giocatori del Partizan dovevano aspettare la fine delle loro partite prima di poter iniziare gli allenamenti. Con Milutinović alla guida della squadra Mance riesce a entrare nel giro dei titolari nonostante abbia appena vent’anni: la maglia numero nove diventa praticamente sua.
Nella stagione 1982-1983 Mance si mette definitivamente sulla mappa del calcio jugoslavo: il 5 settembre 1982 segna la sua prima tripletta in carriera contro il Vojvodina. In quel campionato brilla soprattutto contro le grandi. Nella trasferta al Maksimir di Zagabria contro la Dinamo campione in carica allenata da Miroslav Ćiro Blažević, Mance segna il primo gol dell’incontro al 15’, per poi riportare in vantaggio i bianconeri ad inizio ripresa con una rete di testa. Per il Partizan segnano ancora Zvonko Živković e Momčilo Vukotić, portando il risultato sul 4-3 finale.
Alla quattordicesima giornata del girone di andata è in programma il 71° Večiti Derbi: il 7 novembre 1982 si va al Marakana ad affrontare la Stella Rossa. Poco prima della fine del primo tempo, al minuto 37, Vukotić crossa dalla destra all’altezza della linea di fondo, Živković spizza il pallone di testa che finisce sui piedi di Mance all’altezza del dischetto del rigore. Stop con il sinistro, con il destro la scaglia sotto l’incrocio, segnando il suo primo gol in carriera agli acerrimi rivali.
Sempre più decisivo
Il 21 maggio 1983 la Dinamo Zagabria va in visita a Belgrado per affrontare il Partizan: è un incontro decisivo, da quella partita passa il destino del campionato. La cornice è però leggermente diversa perché, a causa delle celebrazioni per il compleanno dell’ormai compianto Tito, la partita si gioca allo Stadion Rajko Mitić, casa della Stella Rossa. Ai crno-beli basta il pareggio per mantenere il vantaggio, mentre i purgeri devono vincere per restare in corsa.
All’intervallo la Dinamo è in vantaggio per 2-0 grazie ad un’autorete di Slobodan Rojević e ad un gol di Zlatko Kranjčar. Poi ci pensa Aleksandar Trifunović ad accorciare le distanze con un rigore, ma al minuto 83 ci pensa Mance di testa a pareggiarla, mettendo in ghiaccio il primo match point della stagione.
C’è ancora un ostacolo da superare affinché il Partizan raggiunga il titolo ed è sempre lo stesso. Il 4 giugno va in scena allo Stadion JNA la 72esima edizione del Derby Eterno. Alla vigilia della partita, mentre la squadra si dirigeva dal ritiro sull’Avala, Mance confida ai compagni di squadra Xhevat Prekazi e Zvonko Varga:
Domani a Stojanović – portiere della Stella Rossa – ne faccio due.
Dragan Mance
Al 35’ Varga capitalizza di testa su un errore proprio dell’estremo difensore dei biancorossi. Poi nel secondo tempo Dragan Mance si prende il palcoscenico, diventando a tutti gli effetti e senza mezzi termini l’idolo dei Grobari. Al 61’ segna di testa da calcio d’angolo dopo un’uscita a vuoto di Stojanović, poi, a un quarto d’ora dalla fine, liberato da un gran passaggio di Prekazi, si invola verso la porta ed infila per la seconda volta il portiere della Stella Rossa.
Il Partizan, con tre giornate d’anticipo, si avvia verso la conquista del nono titolo di campione di Jugoslavia, che otterrà definitivamente il 25 giugno. Mance è il capocannoniere della squadra con 15 reti segnate – secondo nella classifica cannonieri del campionato, solo dietro a Sulejman Halilović della Dinamo Vinkovci, dimostrandosi sempre più efficace e decisivo nei successi dei crno-beli.
Le prime in Europa
Dopo le grandi prestazioni in campionato Mance riesce a entrare anche nel giro della Nazionale jugoslava: il 23 aprile 1983 fa il suo debutto con la maglia dei Plavi in un’amichevole contro la Francia persa 4-0. Ne collezionerà altre tre, di cui l’ultima il 12 novembre dello stesso anno in uno 0-0 sempre contro Les Blues a Zagabria.
Con la vittoria del campionato 1982-1983, il Partizan si qualifica di diritto all’edizione 1983-1984 della Coppa dei Campioni: il palcoscenico per Dragan Mance si amplia, passando dalla sola Jugoslavia al continente intero. Il suo debutto in Europa avviene nell’andata del primo turno contro i norvegesi del Viking, partita vinta agilmente 5-1 dai belgradesi, che passano il turno pareggiando 0-0 al ritorno.
Purtroppo, la cavalcata bianconera verso la “Coppa dalle Grandi Orecchie” termina al secondo turno, quando vengono eliminati dalla Dynamo Berlino. In entrambe le occasioni Mance non riesce a mettere a segno nessun gol.
Anche in patria le cose non vanno proprio per il verso giusto: nel campionato 1983-1984 segna solo otto gol in ventotto partite, con il Partizan che chiude al secondo posto a soli due punti dalla Stella Rossa campione. Il secondo posto consente comunque ai bianconeri di qualificarsi per la Coppa Uefa 1984-1985.
I pochi gol portano Mance ad innervosirsi sempre di più in campo, di fatti i cartellini rivolti a lui dagli arbitri aumentano sempre di più. Alcuni tifosi arrivano anche a voltargli le spalle a causa delle sue prestazioni. Nonostante ciò, lui rimane, soprattutto fuori dal terreno di gioco, sempre lo stesso, sorridente e pieno di vita.
La rimonta inglese
Il debutto nella seconda competizione continentale avviene contro i maltesi del Rabat Ajax. Il suo primo gol europeo arriva proprio nella partita di ritorno il 3 ottobre 1984, quando apre le marcature allo Stadion JNA, mettendo il punto esclamativo sul passaggio del turno con un risultato complessivo di 4-0. Al secondo turno devono affrontare gli inglesi del Queens Park Rangers.
L’andata si disputa a Londra, al leggendario Highbury. La partita è a dir poco frizzante: non passa neanche un quarto d’ora e sono già stati segnati due gol. Al minuto 25 spiove un pallone alto nella trequarti del Queens Park Rangers: Mance cerca di agganciarlo con il mancino, ma il pallone rimbalza in maniera strana, quindi decide di calciare al volo, da una trentina di metri, direttamente in porta. Il tiro sorprende il portiere avversario e porta in vantaggio il Partizan. Ancora oggi è ricordato dai tifosi del Partizan come uno dei gol più belli della storia del club.
La partita, nonostante questa rete incredibile, finirà 6-2 per i londinesi. I crno-beli sono dati per spacciati praticamente da tutti. Il 7 novembre Mance ed il Partizan si rendono protagonisti di una rimonta leggendaria, con lui che apre le marcature di testa nel rocambolesco 4-0 che manda i belgradesi agli ottavi di finale, dove però verranno estromessi con un risultato cumulativo di 5-2 dagli ungheresi del Videoton.
Essere sempre lo stesso, in campo e fuori
Tre giorni dopo la storica rimonta contro il QPR, Mance si rende protagonista di un altro gol leggendario per il Partizan. La vittima è sempre quella, la sua prediletta, la Stella Rossa. Al 40’ lascia il pallone sulla fascia sinistra a Klinčarski che salta Boško Ǵurovski e cerca qualcuno con un traversone in mezzo all’area di rigore. E trova sempre Mance che, con il pallone quasi praticamente alle sue spalle, si butta in una torsione fuori da ogni legge fisica e riesce a colpirlo di testa rimandandolo sul primo palo.
Questo evidenzia una caratteristica fondamentale del suo gioco: era in grado di smarcarsi dai suoi avversari con una facilità disramante e di trovarsi sempre nel posto giusto al momento giusto. A ciò, si può aggiungere il fatto che era in grado di segnare in qualsiasi modo: aveva un destro di quelli che si trovano raramente, e segnava tantissimo di testa, soprattutto trovandosi sul primo palo. Tutto ciò era figlio di quella voglia costante di segnare. Come disse il telecronista Zvonko Mihajlovski:
Probabilmente anche quando andava a dormire sognava di far gol.
Zvonko Mihajlovski
Una particolarità di Mance era quella di non essere stato completamente accecato dalle luci della ribalta, alla quale è arrivato in così tenera età. Era molto ancorato alle proprie radici, a Zemun. Nonostante la sua vita da campione a tutti gli effetti, amava comunque la compagnia dei suoi amici, anche quelli d’infanzia.
In squadra, invece, i rapporti più stretti li aveva con giocatori del calibro di Nikica Klinčarski, Vladimir Veremezović – che è stato suo compagno di stanza per tanti anni – e dell’altro zemunac, nonché uno dei suoi idoli insieme a Momčilo Vukotić, Zvonko Živković.
Sul campo, la stagione 1984-1985 si chiude con il terzo posto in campionato, a nove punti dal Fk Sarajevo campione. Mance è autore di dodici reti, miglior marcatore dei crno-beli e sesto nella classifica cannonieri a pari merito con Ivan Gudelj dell’Hajduk Spalato.
La fine del campionato significa anche l’inizio di tantissime speculazioni sul suo futuro, perché l’attaccante è in scadenza di contratto. Girano tante voci: c’è chi dice che rimarrà a Belgrado ma che potrebbe vestire la maglia della Stella Rossa; alcuni dicono che sia fatta per un suo passaggio addirittura alla Dinamo Zagabria. Entrambe le voci furono confermate dallo stesso Mance.
La persona che lo conosce meglio di tutti, suo fratello Goran, sapeva già del futuro che avrebbe atteso il bomber:
Dragan mi disse che al 90% avrebbe prolungato il contratto con il Partizan.
Goran Mance
E così fece, quando il 28 giugno 1985 firmò un altro quadriennale che sarebbe scaduto il 31 luglio 1989, facendo tirare un sospiro di sollievo a tutti i Grobari.
Il tragico epilogo
Mance affronta l’inizio della stagione 1985-1986 con un altro spirito: sotto la guida di Nenad Bjeković (che fu vice di Miloš Milutinović) eccelle nella preparazione precampionato. Il suo desiderio per quell’anno era di entrare stabilmente nel giro della Nazionale jugoslava e di rappresentare al meglio il suo paese, oltre che ripetersi come campione di Jugoslavia con il Partizan.
In cinque presenze in campionato aveva segnato già due reti: una poderosa punizione da una trentina di metri contro lo Sloboda Tuzla e un rigore nella giornata del primo settembre contro il Budućnost. Due giorni dopo quella partita, lunedì 3 settembre, si sarebbe svolto il primo allenamento in vista della sesta giornata di campionato, la sfida in casa contro il Pristina.
Quella mattina c’è qualcosa che non va perché Mance, intorno alle dieci, non era ancora arrivato al campo di allenamento vicino alla curva sud dello Stadion JNA. Proprio quando i giocatori stanno per iniziare, una persona corre verso l’allenatore Nenad Bjeković. È Veljko Banjac, uno degli amici d’infanzia di Dragan. Gli dice qualcosa e poi si volta con le mani in faccia, sconvolto. L’allenatore prende il fischietto e richiama i calciatori. Nessuno si sarebbe immaginato le parole che sarebbero uscite dalla bocca del tecnico:
Ragazzi, l’allenamento è finito. Dragan è morto.
Nenad Bjeković
Mance quella mattina era in ritardo, quindi prese in mano le chiavi della sua nuova Peugeot 205 GTi e si diresse a tutta velocità verso il campo di allenamento. Alle 9:50, sulla bretella che attraversa Zemun dell’autostrada Belgrado-Zagabria, probabilmente per schivare una persona in mezzo alla strada (circostanza purtroppo mai chiarita), sbanda. Prima l’auto si schianta contro un palo della luce, poi contro un muro, per poi rimbalzare e accartocciarsi contro un altro palo della luce dal lato del guidatore. Per Mance non c’è scampo. Mancavano ventitré giorni al suo ventitreesimo compleanno.
Una Peugeot 205 GTi, l’auto sulla quale è morto Dragan Mance (Wikimedia Commons)
I suoi compagni di squadra, gli allenatori, la Jugoslavia intera, sono tutti quanti sotto shock. Una volta che Bjeković ha dato la notizia ai suoi giocatori, la reazione è stata di disperazione unanime: tutti quanti in lacrime. Il fratello Goran sta facendo la leva militare, quando un maggiore lo congeda facendogli le condoglianze, senza che lui capisca. Una volta terminato l’allenamento, la squadra si dirige sul luogo dell’incidente, per poi andare a casa Mance, a comunicare la tragica notizia alla famiglia.
Due giorni dopo si svolge il funerale al Novo Groblje, a Belgrado. Viene seguito nel suo ultimo viaggio dalla sua famiglia, dai suoi compagni di squadra e da qualche migliaio di tifosi, che intonarono un coro che ancora oggi si può sentire partire dalla Jug:
Otišao si Dragane, ostala je tuga. Uvek će te voleti, Grobari sa juga.
O Dragan, te ne sei andato, è rimasta la tristezza. Ti ameranno sempre, i Grobari della sud.
Tre giorni dopo, l’8 settembre, si può dire che si sia celebrato un altro funerale, perché il Partizan deve scendere in campo allo Stadion JNA per la sfida contro il Pristina. Ci sono 55 mila persone in lacrime sugli spalti durante il minuto di silenzio in suo onore. La squadra cerca come può di giocare e di vincere, con questo enorme dolore nel cuore. Ljubomir Radanović segna all’ultimo minuto il suo primo gol in carriera. L’esultanza è un omaggio a Mance: scivola sulle ginocchia con i pugni per aria, poi si mette a piangere. Tutti piansero quella sera allo stadio.
Nessun giocatore del Partizan indossò la maglia numero nove durante quella stagione in suo onore. Quell’anno i crno-beli si laurearono per la decima volta campioni di Jugoslavia.
Si stima che in 279 presenze effettive abbia segnato 174 gol, rendendolo uno dei marcatori più prolifici della storia del club bianconero. Nonostante i pochi anni in cui ha indossato la maglia del Parni Valjak (il rullo compressore, uno dei simboli della squadra) era già diventato l’idolo di tutti i tifosi di quell’epoca.
La sua tragica fine, purtroppo, lo ha definitivamente consegnato alla leggenda, rendendolo semplicemente immortale.
Laureato in Scienze della Comunicazione, si occupa principalmente di calcio e basket specificatamente nell'area balcanica, avendo vissuto in Serbia nel periodo tra agosto 2014 e luglio 2015. Ha collaborato da giugno 2020 a dicembre 2021 con la redazione sportiva di East Journal. É co-autore del podcast "Conference Call" e autore della rubrica "CoffeeSportStories" sul podcast "GameCoffee". Da agosto 2022, collabora con la redazione sportiva della testata giornalistica "Il Monferrato".