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Lo sport nei paesi della ex Jugoslavia non è solo calcio o basket. Ci sono altre discipline che hanno fatto la storia di queste terre e che spesso sono state foriere di trionfi e leggende. In questo articolo proveremo a raccontare l’epopea della pallamano in Bosnia e lo faremo grazie alle parole del grande portiere Damir Cipurković, giocatore dello Sloboda Tuzla e della nazionale bosniaca. Ad aiutarci a raccogliere l’intervista è stato Damir Mukinović, la traduzione è a cura del nostro Tobias Colangelo.
Nella Jugoslavia socialista la pallamano divenne uno sport diffuso a partire dagli anni Settanta, in seguito alla vittoria da parte della rappresentativa maschile della medaglia d’oro alle Olimpiadi del 1972 a Monaco.
All’interno della nazionale militavano bosniaci come Abas Arslanagić, Đorđe Lavrnić e Nebojša Popović, e un altro paio di giocatori del Borac di Banja Luka.
Damir Cipurković
A quel tempo, la formazione della città nel nord della Bosnia era una delle squadre più forti del paese, insieme allo Željezničar di Sarajevo. “Oggi purtroppo non esiste più, ha cessato le proprie attività”, ma fu finalista della Coppa Campioni del 1981; e al Krivaja di Zavidovići, “che però non è mai stato campione nazionale, arrivando solamente secondo”. Con queste tre squadre molto importanti, la rappresentativa jugoslava poteva attingere a piene mani dalla Repubblica socialista di Bosnia e, così, tanti giocatori hanno fatto parte della nazionale e hanno dato un contributo significativo al gioco.
Considerando la Jugoslavia nella sua interezza, è giusto ricordare il Partizan di Bjelovar, città croata capoluogo dell’omonima regione. La formazione raggiunse per due volte la finale di Coppa dei Campioni, vincendola nel 1972 e perdendo nel 1973. Poi negli anni Ottanta comparve il Metaloplastika di Šabac, che “fu un po’ la squadra predecessore di una pallamano di altissimo livello”, che portò in Serbia due titoli di campione d’Europa.
La nascita della rappresentativa della Bosnia ed Erzegovina
Gli anni Novanta segnano la nascita della rappresentativa bosniaca, che tuttavia vede il campo con continuità solo a partire dal 1995. In realtà nel 1993, la squadra riesce a partecipare ai Giochi del Mediterraneo di Montpellier, in virtù del fatto che quasi tutti i componenti vivevano fuori dai confini nazionali. È quindi soltanto due anni dopo che la nazionale con il giglio riesce a dare seguito alla propria attività e disputare le prime partite ufficiali valide per il primo turno di qualificazione per l’Europeo 1996.
Nel girone ci troviamo con Estonia, Turchia e Cipro e ci classifichiamo al secondo posto non riuscendo ad accedere al turno successivo.
Gli inizi non sono stati tutti rose e fiori, anzi. Se la nazionale ha sempre preso parte al primo turno di qualificazione, non è mai riuscita a riunire i migliori giocatori disponibili in quel periodo. La maggior di loro ignorava le chiamate della rappresentativa per motivi politici, alcuni avevano paura di giocare per la Bosnia ed Erzegovina. “Ci è voluto un pochino di tempo per formare una vera e propria nazionale”.
Nel 1997 la Bosnia non si qualifica per un singolo gol, nel 1999 arriva terza nel girone. Nel 2001 si muove qualcosa, soprattutto con l’arrivo dell’allenatore Sead Hasanefendić, che riesce a creare una buona nazionale. La squadra raggiunge i playoff per la qualificazione ai Mondiali, dove incontra la Danimarca che li sconfigge sia all’andata che al ritorno.
“In quegli anni riuscivamo ad arrivare ai playoff per qualificarci ai grandi tornei, senza però mai riuscire ad approdare alla fase finale. Purtroppo, uno dei problemi che riguardava la nazionale era il fatto che all’epoca il numero di squadre che partecipava alle fasi finali di quei tornei era minore rispetto ad ora”. Adesso ci sono 24 squadre, prima se ne qualificavano solo 12 e poi 16. “Sono sicuro che, se ci fossero stati più posti disponibili per le fasi finali dei grandi tornei, quella squadra sarebbe riuscita a qualificarsi alle fasi finali dei campionati europei e mondiali”.
La situazione attuale della pallamano in Bosnia
La situazione attuale della pallamano bosniaca è difficile. Un gran numero di giocatori di qualità è andato via sia prima che dopo la guerra: questo ha impoverito il movimento ed è stato necessario farlo ripartire in qualche modo. L’altro grande problema è di natura finanziaria perché non si riesce a competere con paesi e club più ricchi.
“Se guardiamo alle nostre squadre abbiamo avuto sia l’Izviđač (Ljubuški in Erzegovina), sia il Bosna di Sarajevo che nel 2007 è riuscita ad arrivare alle semifinali di Coppa delle Coppe, dove ha perso contro il HSV Amburgo. Quello è stato uno dei successi più importanti finora”. Anche l’Izviđač ha ottenuto degli ottimi risultati, arrivando in più occasioni alle fasi finali di alcune coppe europee. Purtroppo, quando le squadre bosniache hanno preso parte alla Coppa dei Campioni (oggi EHF Champions League), ogni vittoria nella fase a gironi era già un trionfo e non sono mai riuscite a passare e ad ottenere dei risultati migliori.
Un murales del Krivaja Zavidovići (Meridiano 13/Gianni Galleri)
In alcune occasioni alcune squadre hanno fatto bene, sempre l’Izviđač e il Bosna di Sarajevo, ma anche il Borac Banja Luka, hanno ottenuto alcuni buoni risultati, insieme anche al Konjuh di Živnice, o allo Sloboda Tuzla che “è stata la prima squadra bosniaca di sempre ad arrivare in Champions League e a vincere una partita in una competizione europea, cosa che fu un grande successo”.
La popolarità della pallamano rispetto agli altri sport e lo status che aveva una volta in Jugoslavia
Nelle realtà più piccole la pallamano è ancora molto popolare e le cose non sono cambiate rispetto ai tempi della Jugoslavia. Per esempio, il Krivaja Zavidovići aveva una buonissima squadra e ha militato nel massimo campionato jugoslavo, riuscendo un anno ad arrivare anche al secondo posto. “Oggi hanno la loro scuola dove lavorano con i giovani e la cosa più importante è il fatto che hanno un gran seguito alle loro partite, cosa che spesso accade in realtà di quelle dimensioni”.
Tuttavia a livello nazionale, la pallamano è molto meno popolare di un tempo. Ma il discorso non si riferisce solo a questa disciplina e guardando il seguito dello sport nazionale in generale troviamo una situazione pessima. Il calcio e il basket, per citare i due più seguiti, non fanno eccezione. “Ricordo quanta gente c’era alle partite di basket a Tuzla, anche dopo la guerra, ora il pubblico è al minimo, la maggior parte delle persone guarda solo i risultati”.
Cipurković mette in relazione questa disaffezione del pubblico con la mancanza di risultati a livello sportivo e la quasi totale assenza di progettualità da parte dei club, a cui si assomma un passato glorioso: “Siamo stati viziati in un certo modo, perché una volta lo sport in Jugoslavia era molto apprezzato, ora per mancanza anche di risorse economiche non riusciamo ad essere neanche ad un livello medio rispetto al top dello sport europeo e mondiale.
È molto difficile che le nostre squadre facciano risultati anche a livello continentale in qualsiasi sport. Quando uno dei nostri club riesce ad ottenere qualcosa di solido questo si riflette anche sulla popolarità di un determinato sport, mi viene in mente, per esempio, il Borac nel calcio”.
I protagonisti della pallamano bosniaca
La sensazione guardando chi ha calcato i campi della pallamano bosniaci è che ci siano stati tanti giocatori di buona qualità ma che non tutti siano riusciti a esprimere a pieno il loro potenziale. Hanno militato in squadre forti e grandi, ma a livello di movimento la Bosnia è comunque rimasta indietro rispetto agli altri paesi della regione come Croazia, Slovenia, o anche Serbia e Montenegro.
“Anche ai miei tempi c’erano dei giocatori piuttosto forti, come Zaim Kobilica, che ha giocato per la nostra nazionale per poi passare a quella italiana”. A lui, prematuramente scomparso, è intitolato il Palasport di Prato. “È uno di quei giocatori che è stato importante soprattutto agli inizi della nostra nazionale”. Esiste poi tutta una lunga lista di giocatori che hanno giocato anche per le nazionali dei paesi dell’ex Jugoslavia, principalmente nelle selezioni giovanili, per poi giocare nella nazionale maggiore bosniaca come Mile Mijačinović, Samir Nezirević, Edo (Edhem) Sirćo, Damir Radončić.
Una vecchia formazione del Borac Banja Luka, con il futuro allenatore della nazionale Abas Arslanagić (Facebook)
Non bisogna però scordarsi che anche il nostro intervistato è stato un grande giocatore. “Possiamo dire che all’epoca ero già un pochino più in là con l’età, però ho racimolato diverse presenze con la nazionale, ho preso parte a quattro fasi di qualificazione, poi posso dire di aver avuto l’opportunità di collaborare con quattro allenatori in un periodo che va dal 2001 fino ad arrivare ad oggi”. Il riferimento è a Sead Hasanefendić, Abas Arslanagić, Kasim Kamenica, Dragan Marković, che è stato l’allenatore con il quale la nazionale ha raggiunto i suoi migliori risultati, ad esempio ha portato la squadra a partecipare per la prima volta ad un Mondiale (2015).
La generazione d’oro della pallamano bosniaca e il successivo declino
Il più grande successo della pallamano bosniaca è stato sicuramente la qualificazione al Mondiale 2015, avvenuta grazie alla doppia vittoria nel playoff contro una fortissima Islanda. “Quella è la nostra generazione d’oro con gente come Mirsad Terzić, Damir Doborac, Marko Panić, Muhamed Toromanović, Vladimir Vranješ etc”. Si tratta di una generazione importante, che ha giocato anche in grandi campionati come la Bundesliga, il campionato francese o quello ungherese, indossando la maglia di squadre di primo piano.
Eppure la pallamano bosniaca sembra aver intrapreso la china di un lento declino e tutto ciò deriva da questioni gestionali e dai grossi problemi a livello economico, mancanza di infrastrutture e supporto. Per questo motivo negli ultimi anni la nazionale ha avuto grandissime difficoltà a qualificarsi a delle competizioni importanti, anche se ora come ora forse è un po’ più facile perché ci sono più posti disponibili alle fasi finali.
Non ci sono investimenti e si finisce per essere superati anche da paesi molto più piccoli. “Le Isole Fær Øer hanno 55mila abitanti e hanno avuto una grande espansione per quanto riguarda la pallamano, infatti la loro nazionale Under 21 è appena arrivata terza ai Mondiali di categoria, questa è una grande dimostrazione contando che la loro popolazione è la metà di quella di Tuzla”.
Prospettive per il futuro
Che cosa bisogna aspettarsi nel futuro della pallamano bosniaca? Il declino parrebbe irreversibile, ma forse c’è ancora la possibilità che qualcosa cambi e la china venga invertita. “Io che lavoro tanto con i ragazzi so che qua in Bosnia abbiamo un buon numero di talenti. La nostra nazionale giovanile (Under 18) ha vinto l’anno scorso gli Europei della divisione B, ma in un anno non si sono mai riuniti e non hanno nemmeno giocato una partita, e questo è il problema più grosso della pallamano bosniaca.
Ci sono dei ragazzi tanto interessanti attualmente e che, in un futuro prossimo, possono arrivare a giocare ad alti livelli. Un paio di loro sta giocando in squadre relativamente forti, e sono sicuro che ne sentiremo parlare tra due o tre anni, quando probabilmente arriveranno a giocare in squadre che prendono parte anche alla Champions League”.
Come negli altri sport, come il calcio o il basket, anche nella pallamano la penisola balcanica continua a regalare al mondo autentici gioielli, solo che rimangono dei casi isolati, non c’è un sistema in grado di inserire questi profili all’interno di un contesto che crei del valore aggiunto per tutto il movimento e per i ragazzi stessi. “Senza una base solida non possiamo aspettarci di ottenere risultati migliori”.
Un ricordo dal campo prima di chiudere
Oggi Damir Cipurković ha lasciato il campo, pur rimanendo nel mondo della pallamano. Dai tempi in cui giocava si porta dietro alcuni ricordi, che oggi sembrano appartenere a un mondo davvero lontano. La memoria che più gli sta a cuore è quello della vittoria del primo titolo della storia di Tuzla nel 1996, in casa contro il Bosna Visoko. “Infatti l’anno prossimo festeggeremo il trentennale di questo titolo”.
Il pensiero però corre anche alle prime partite di Coppa Campioni che in quegli anni furono disputate lontane da casa, nonostante il conflitto fosse già terminato. “Cosa che mi è sempre infinitamente dispiaciuta. Penso che sarebbe stato un grande evento, un grande spettacolo, vedere il palazzetto pieno di persone per un’occasione del genere”.
Un ultimo pensiero anche per la prima partita giocata con la nazionale a Tuzla, “nel palazzetto nel quale ho passato tanto tempo, è qualcosa che non si può descrivere a parole, un’esperienza fantastica, un’adrenalina incredibile, una partita in cui l’importante non è vincere o perdere, ma che rimane a lungo nei ricordi. Ci sono state tante partite nella mia carriera sia di nazionale che di club, contro i migliori giocatori del mondo, di cui ho un bellissimo ricordo. Grazie alla pallamano ho conosciuto tantissime amici atleti e tante persone con le quali ancora oggi collaboro”.
Autore dei libri “Questo è il mio posto” e “Curva Est” - di cui anima l’omonima pagina Facebook - (Urbone Publishing), "Predrag difende Sarajevo" (Garrincha edizioni) e "Balkan Football Club" (Bottega Errante Edizioni), e dei podcast “Lokomotiv” e “Conference Call”. Fra le sue collaborazioni passate e presenti SportPeople, L’Ultimo Uomo, QuattroTreTre e Linea Mediana. Da settembre 2019 a dicembre 2021 ha coordinato la redazione sportiva di East Journal.