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“Io sono la vostra disegnatrice”: Victoria Lomasko e le sue Altre Russie

Il testo che segue è la prefazione di Elettra Stamboulis* al volume di Victoria Lomasko, Altre Russie, uscito nella traduzione di Martina Napolitano per l’editore BeccoGiallo nel 2022.

Ho conosciuto Vika al Boomfest a San Pietroburgo ed è stato amore istantaneo. Mi ricordava tutto ciò che amavo e amo della cultura russa. Intanto assomigliava anche fisicamente ad Anna Achmatova, con gli occhi lievemente asiatici, pur non essendolo, il naso lievemente aquilino, lo sguardo indagatore e il fisico affilato. E poi c’era la forza delle storie, che non potevo leggere e che ora avete il privilegio di avere tra le mani, che si intuiva anche solo dal tratto. La sequenza di ritratti ad esempio, che apre il libro, è un atlante di storie, che come una cartina geografica racconta anche senza la lettura del testo.

Ero andata la prima volta a San Pietroburgo nel 2009, ad una delle prime edizione di quel festival che ora è sospeso: fu un viaggio importantissimo e molto desiderato. C’era anche Joe Sacco che incontrammo dopo la sua mostra a Ravenna proprio lì, strani incroci del destino, e altri amici. C’era anche la mostra di un’altra disegnatrice russa, Polina Petrouchina, che però viveva in Francia: era ospitata nella casa museo di Achmatova, la casa della Fontana. Dmitry Yakovlev aveva allora la barba e i capelli lunghi, eravamo tutti giovani o giovanissimi, e anche un certo tipo di fumetto lo era. Si fumava ovunque e la sede centrale del festival era super underground. La città era ancora un luogo in cui appena giravi l’angolo potevi vedere un suicidio in diretta (successe proprio il primo giorno), perché ci dissero, anche se la situazione stava migliorando, tutti avevano perso quasi tutto, a parte pochi, e sopravvivere era un’impresa titanica. Eppure si disegnava, ci si incontrava, ed era un luogo magico.

Tornammo nel 2016 nel decennale. Questa volta la città aveva mutato forma. Sembrava veramente la Parigi dei mari del nord, ristoranti, bistrò, persone sorridenti. I luoghi delle mostre erano splendenti e tutto era intelligente e curatissimo. C’erano Zograf, Ulli Lust, Kati Rickenbach, ma anche Richard McGuire con cui passammo delle bellissime serate camminando e mangiando vegetariano. E c’era Victoria, con il suo blocchetto di schizzi sempre sotto braccio che disegnava tutto e tutti. Quello che era successo in quei dieci anni era che il cantiere era terminato e c’era una generazione di artisti e artiste pronte e all’avanguardia. Quella che già aveva segnato il cammino era Victoria. Ero riuscita a trovare un suo libro in tedesco e me l’ero comprata: la comprensione non era superiore al russo, ma almeno leggevo l’alfabeto.

A dicembre 2021 mi era stato chiesto di programmare la terza mostra, dopo Zehra Doğan e Badiucao, per i Musei di Santa Giulia a Brescia, il tema era sempre lo stesso, il rapporto tra arte e potere, il difficile cammino degli artisti dissidenti. E proposi proprio Victoria Lomasko, perché il primo amore non si scorda mai e perché avevo continuato a seguirla. Nel frattempo i suoi libri erano stati tradotti in inglese, francese e spagnolo, oltre al tedesco, e il suo lavoro d’artista presentato in importanti musei e gallerie internazionali. Al Reina Sofia di Madrid è stato conferito il suo archivio relativo al pluriennale lavoro svolto nel carcere minorile di Mosca. In Italia nessuno sembrava saperne nulla. Mentre concordavamo gli aspetti tecnici della mostra, la Russia invadeva l’Ucraina e Victoria in poche ore era costretta a fuggire. Il 1 marzo mi scriveva: “Non tutti possono capire quanto sia difficile in questo momento essere russi e quanto pericoloso sia essere chiusi in questa gabbia con un pazzo dittatore. Non so quale sarà il mio futuro, forse come curatrice potresti fare la mostra con le mie opere che sono all’estero. Penso che ci taglieranno internet, ti mando i numeri di tutti i miei contatti”. Il 9 marzo mi messaggiava, era riuscita a fuggire in Francia. Ora vive temporaneamente in Germania con difficoltà come tutti i cittadini extra Ue da paesi difficili, in particolare al momento i cittadini russi, ad avere un visto decente. Tutti gli amici e le amiche russi di quella scena sono praticamente espatriati. Chi in Europa, alcuni in Armenia, altri ancora negli Usa o in altri continenti. La gabbia è rimasta però intatta, e dentro ci sono sicuramente gli Invisibili, i protagonisti dei reportage di Victoria.

Nella poesia A molti di Achmatova la poeta scriveva nel secolo scorso: Io sono la vostra voce, il calore del vostro fiato, il riflesso del vostro volto, e credo che parafrasando sia anche la base della poetica e delle pratiche di Lomasko. La sua urgenza di essere lì mentre la storia e le storie accadono, di realizzare sul posto i disegni, senza la paura del risvolto estetico, ma con l’intensità della verità etica, è un aspetto distintivo del suo tratto e del suo percorso.

Le altre Russie sono la radiografia della profondità territoriale e umana della vastità russa e che difficilmente l’urbanizzata e densamente popolata Europa centrale e dell’Ovest riesce ad immaginare e rappresentare. Il tentativo di Lomasko è proprio quello di conferire immaginario a questa provincia infinita in cui convivono come coriandoli eredi dei mongoli, uzbeki, calmucchi, kazaki… La parola “contadino” in russo non ha come radice il paese o la terra, ma è connessa al termine “cristiano“ e la cristianizzazione forzosa è la base dell’unità statuale: spinti ad Est dall’oro morbido, ovvero le pellicce, le armate dell’impero russo dal 1552 al 1917 hanno occupato ed hanno esteso di migliaia di chilometri l’anno la vecchia Russia. E malgrado la dissoluzione dell’Unione Sovietica del 26 dicembre del 1991, la Federazione russa è ancora lo stato più esteso del mondo, 178.643,345 chilometri quadrati per solo 144 milioni di abitanti. La solitudine è una condizione geografica, prima che culturale. E ovviamente dopo l’oro morbido è arrivato l’oro del sottosuolo: gas e non solo. Raccontare e dare voce a questa immensa provincia è stato uno degli impegni pluriennali del lavoro di reporter e scrittrice dell’artista moscovita, anche perché in questo modo stava lontano dalla capitale, che spesso diventava troppo pericolosa per lei.

La scuola di Nikol’skoe, paese da cui raramente gli abitanti escono, non avrebbe altre raffigurazioni se non il reportage di Victoria. La schiavizzazione di lavoratori kazaki in un minimarket, lo sfruttamento sessuale raccontato con la voce delle donne che vendono il loro corpo, i brogli in diretta nelle elezioni del 2011, sono tutte notizie nuove per i lettori italiani, anche se risalgono a dieci anni fa. Senza queste, difficilmente si può capire la Russia di oggi. Eppure tra il 2001 e il 2011 il nostro ex premier Silvio Berlusconi intratteneva non solo rapporti diplomatici con il leader russo. A partire dal naufragato gasdotto South Stream che doveva portare direttamente gas russo all’Italia, progetto bloccato solo nel 2014, soprattutto per l’intervento americano dopo la complessa annessione della Crimea. Avremmo potuto o dovuto sapere di più dell’ospite russo, che è stato negli anni raffigurato spesso con un misto di ammirazione machista e ironia, quegli ingredienti che per un certo pubblico non creano di certo ribrezzo. Avremmo dovuto, e forse non ci sarebbero stati tanti “stupori” per l’invasione ucraina. Nessuno sa in che epoca viva e come si chiamerà in futuro, però certo ci sono segni premonitori estesi che possono essere letti.

Gli invisibili, ma anche gli arrabbiati, che sono i protagonisti di queste pagine, sono invece stati relegati perlopiù a notizie di sfondo, di passaggio. Victoria Lomasko è la loro voce, è la loro mano. Cartografa dell’umanità di periferia, intercetta con la matita e la biro l’epoca che viviamo, anche se sembra essere non contemporanea, di un altrove temporale e sociale. Non permette allo sguardo di vagare, lo costringe a farsi affilato, come il suo.

Abbiate la cura mentre leggete queste pagine di accogliere le contraddizioni delle vite vere, le loro sbavature, il loro bianco e nero intenso e senza ombre. Al termine della lettura uscirete da un vero romanzo russo, solo che è tutto vero.

Altre Russie di Victoria Lomasko, traduzione di Martina Napolitano, BeccoGiallo, 2022.

*Elettra Stamboulis (Bologna, 1969) è curatrice di mostre d’arte contemporanea e fumetto, sceneggiatrice per il fumetto e docente. Al museo di Santa Giulia a Brescia ha curato la mostra di Victoria Lomasko, “The Last Soviet Artist” (11 novembre 2022 – 8 gennaio 2023). Il suo sito web è stamboulis.org.

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Redazione
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