Come potrai immaginare, questo progetto ha dei costi, quindi puoi sostenerci economicamente con un bonifico alle coordinate che trovi qui di seguito. Ti garantiamo che i tuoi soldi verranno spesi solo per la crescita del progetto, per i costi tecnici e per la realizzazione di approfondimenti sempre più interessanti:

  • IBAN IT73P0548412500CC0561000940
  • Banca Civibank
  • Intestato a Meridiano 13

Puoi anche destinare il tuo 5x1000 a Meridiano 13 APS, inserendo il nostro codice fiscale nella tua dichiarazione dei redditi: 91102180931.

Dona con PayPal

Corsa alla fecondazione in vitro: l’Ucraina nel limbo demografico

di Agnieszka Zielińska*

I soldati ucraini vogliono congelare il loro sperma; tuttavia, l’uso dopo la possibile morte è discutibile e la legge in Ucraina non regola né vieta la fecondazione in vitro. Per alcuni è una manifestazione di patriottismo, per altri si tradurrà effettivamente in orfani programmati.

Entrando in clinica, Olena tiene la mano del marito. Olena era già stata lì, ma ora è accompagnata dal marito. Il trentacinquenne Ivan è un soldato che combatte nella regione di Donec’k e ha ricevuto un lasciapassare grazie al quale hanno potuto recarsi in una clinica di riproduzione assistita a L’viv. Da anni la coppia cerca di avere un bambino.

“Voglio avere un figlio, ho sempre desiderato averne due. La guerra moltiplica le paure, ma non possiamo smettere di vivere perché c’è la guerra. Uccide comunque”, afferma Olena, 37 anni.

Ivan fino all’ultimo giorno aveva creduto che la guerra avrebbe potuto essere evitata, ma quando è scoppiata si è arruolato subito. Si è procurato armi e munizioni e con altri uomini è andato al fronte.

“Potrei gridare molte cose negative, ma sarò breve: la guerra è solo sangue, cadaveri e feriti”, sostiene Ivan.

“Crescerò un figlio, anche da sola. Poi gli dirò che suo padre era un eroe”, dichiara Olena.

In base ai dati delle Nazioni Unite, prima dell’invasione su vasta scala, l’Ucraina aveva uno dei tassi di fertilità più bassi al mondo. Secondo le stime, entro il 2050 l’Ucraina perderà un quinto della sua popolazione.

Per mantenere stabile la popolazione è necessaria una media di circa 2,1 neonati per famiglia. Dal 1990 il tasso di fertilità in Ucraina è rimasto inferiore a questo valore. Lo scoppio della guerra e l’emigrazione hanno peggiorato ulteriormente la situazione.

I medici ucraini sono allarmati dal fatto che il numero delle coppie con problemi di infertilità sia cresciuto, soprattutto tra i soldati. “Il 50% delle ferite subite dai nostri soldati al fronte riguardano gli organi riproduttivi. Oltre alle lesioni fisiche, alcuni traumi portano all’infertilità. C’è anche stress, tensione, ipotermia e disturbi alimentari”, osserva il professor Stefan Chmil, ginecologo dell’Università di Medicina “Horbačevs’kyj” di Ternopil’.

Per questo motivo, dall’inizio della guerra le cliniche di riproduzione assistita sono state molto attive. È difficile stabilire il numero esatto di uomini ucraini che hanno congelato il proprio sperma. Alcune cliniche prelevano materiale biologico da un massimo di dieci soldati ogni settimana.

Non tutti possono permetterselo. Confrontando i dati raccolti dal professor Oleksandr Mychajlovyč Juz’ko, presidente dell’Associazione ucraina di medicina riproduttiva, i test preliminari e la crioconservazione (congelamento dello sperma a temperature molto basse) da soli possono costare da 1.320 a 4mila grivna [da 32 a 98 euro circa, N.d.T.] a seconda della clinica e della regione dell’Ucraina. Inoltre, il costo maggiore è rappresentato dalla stessa procedura in vitro.

Ecco perché, dall’inizio della guerra, alcune cliniche in vitro, come quella del professor Chmil, hanno offerto procedure gratuite per i soldati.

“Lo stiamo facendo per la nostra vittoria. Abbiamo lanciato il progetto quando è iniziata la guerra e lo continueremo. È un modo per preservare il materiale biologico e quando ce n’è bisogno possono usarlo e realizzare il loro sogno di avere un figlio”, afferma Chmil.

Il 22 novembre la Verchovna Rada [il parlamento ucraino, N.d.T.] ha adottato la legge n°8011 che finanzia il congelamento del materiale biologico dei soldati che combattono al fronte. Anche nel caso di soldati donne è possibile, anche se la procedura è molto più complicata e la donna deve sottoporsi a una terapia ormonale.

La legge prevede il finanziamento per la procedura in vitro in una struttura pubblica, o l’assistenza nel caso in cui un militare voglia scegliere una clinica privata. Al personale militare deve essere concesso un congedo per la durata della procedura. La legge n°8011 è valida solo in tempo di guerra o di stato di emergenza.

“Grazie a questo, i difensori dell’Ucraina avranno la possibilità di fondare una famiglia, anche se rimangono feriti durante i combattimenti”, ha affermato Oksana Dmytriieva, promotrice della legge.

Lo Stato pagherà anche la conservazione dello sperma durante la guerra e cinque anni dopo la fine della guerra. In caso di persone scomparse lo Stato pagherà più a lungo. Ora la maggior parte del materiale biologico dei soldati è stato immagazzinato nella parte occidentale del paese, considerata più sicura. All’inizio della guerra le autorità hanno dovuto addirittura trasportarlo e immagazzinarlo in alcuni paesi dell’Ue. La legge in futuro potrà essere estesa anche a più gruppi.

Kyiv protegge come segreto di stato le statistiche sul numero di soldati ucraini morti al fronte dal febbraio 2022. Secondo il progetto “Libro della memoria” (Книга пам’яті – Knyha pam’jati), circa 30mila di loro potrebbero essere già morti. La possibilità di congelare il materiale biologico quindi è importante, così come le norme sul suo possibile utilizzo dopo la morte di un soldato.

Ci sono gruppi di donne che ora fanno appello ai parlamentari affinché creino una regolamentazione riguardo a questo scenario. In Ucraina l’uso in vitro dello sperma di una persona deceduta non è né regolamentato né proibito. Dovrebbe essere descritto in dettaglio nei contratti conclusi con le cliniche e quindi confermato da un notaio.

“Se, nonostante tale accordo, la clinica rifiuta la procedura in vitro, sarà possibile costringerla in tribunale”, afferma Helen Babicz, un avvocato di Kyiv specializzato in diritto sanitario.

Il parlamento ucraino ha provato più volte a regolamentare la riproduzione dopo la morte, finora senza successo. La deputata Oksana Dmytriieva non esclude la possibilità che la Verchovna Rada torni presto sulla questione.

Tra coloro che si sono battuti per la regolamentazione della riproduzione dopo la morte c’è Nadiia Lytovčenko, che ha perso il marito Andrii l’estate scorsa. È stato ucciso in un’imboscata russa, lasciandola sola con il loro bambino di dieci mesi. Nadiia vuole che Marko abbia un fratello o una sorella. Teoricamente è possibile perché Andrii aveva congelato il suo sperma qualche anno fa a causa delle tensioni con la Russia. In termini pratici Nadiia, 37 anni, ha appena saputo che per utilizzare il materiale biologico di Andrii ha bisogno del suo testamento, come previsto nel contratto con la clinica di riproduzione. Senza un cambio di legge, non potrà dare alla luce il prossimo figlio.

“Mio figlio non è solo una continuazione della mia famiglia. Questo è un altro cittadino di un paese che si sta spopolando molto. Dobbiamo renderci conto che questa sarà una guerra lunga. La prossima fase della nostra storia centenaria è in corso e i bambini sono il nostro futuro”, ha affermato.

Gli psicologi concordano sul fatto che la riproduzione dopo la morte comporta anche alcuni dilemmi etici. Secondo la psicologa Ewa Kaczorkiewcz, “le donne decidono ma i bambini no, semplicemente compariranno nel mondo. In questo caso saranno ‘figli di eroi’. Potrebbero essere gravati dall’aspettativa di dover fare meglio e raggiungere gli obiettivi dei loro genitori. Può anche essere difficile parlare delle loro origini, dove e come sono nati”.

L’uso dello sperma di una persona deceduta per la procreazione non è una novità. La fecondazione in vitro è consentita in paesi come Stati Uniti, Regno Unito e Australia.

* Agnieszka Zielińska è una giornalista polacca residente in Spagna. Si è occupata principalmente di questioni sociali, diritti umani e migrazione. È stata reporter dell’eruzione del vulcano a La Palma, delle proteste in Belarus’ dopo le frodi elettorali e delle questioni migratorie dai campi profughi in Grecia. È finalista alla 3° e 4° edizione del Premio giornalistico Zygmunt Moszkowicz. Ora sta lavorando al suo primo libro di saggistica.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato da New Eastern Europe con il titolo In vitro boom in Ukraine, rivista bimestrale dedicata all’Europa centrale e orientale. La traduzione dall’inglese è a cura di Giulia Pilia.
Condividi l'articolo!
Redazione
Redazione