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Sergio Tavčar racconta TeleCapodistria

di Sergio Tavčar*

Essere capo della redazione sportiva di un canale televisivo jugoslavo, compresa la Tv Koper-Capodistria (TeleCapodistria), comportava l’obbligo di recarsi ogni mese alle riunioni di coordinamento dei programmi sportivi delle altre televisioni del paese. A fine ottobre 1971 il nuovo capo Slavko Prijon doveva recarsi alla riunione che si sarebbe svolta a Herceg Novi in Montenegro, una splendida località turistica alle porte delle Bocche di Cattaro praticamente appena oltre il confine con la Croazia. Visto che la Jugoslavia di calcio doveva giocare a Titograd (ora ritornata Podgorica, la capitale del Montenegro) una partita di qualificazione per l’Europeo con il Lussemburgo, Prijon mi portò con lui praticamente in vacanza per un paio di giorni prima di recarci tutti da Herceg Novi a Titograd per la partita. Lascio stare la goduria di prendere il sole e fare il bagno a fine ottobre spaparanzato sulla spiaggia privata dell’albergo in piena solitudine per raccontare quello che vidi quando partecipai ad uno dei pranzi ufficiali che accompagnavano i lavori dell’assemblea.

Qui bisogna cominciare una lunga spiegazione. Come sapete la Jugoslavia era un paese molto variegato con sei repubbliche e tante minoranze linguistiche ed infatti ai lavori partecipavano ben nove delegazioni diverse in rappresentanza delle sei repubbliche e di tre minoranze linguistiche, noi, gli ungheresi della Vojvodina e gli albanesi del Kosovo con il tutto coordinato dai responsabili preposti ed inviati dall’organismo federale della Televisione jugoslava, la Jrt (Jugoslovenska Radio Televizija). In queste riunioni il lavoro principale consisteva nell’armonizzare le proposte provenienti dalle varie cellule (cioè se e cosa avrebbe coperto nel senso di produzione del segnale ogni singola televisione locale) per mettere in piedi un palinsesto comune che andasse bene a tutti.

In concreto, per esempio per le consuete partite del sabato pomeriggio di calcio e basket, si trattava di vedere chi intendesse trasmettere cosa per scegliere il calendario di partite più logico che comprendesse assieme a partite di cartello anche partite di realtà meno note per dare loro esposizione televisiva. In più ogni ente produttore riferiva sulle specifiche tecniche e soprattutto logistiche per organizzare al meglio l’evento (cioè per esempio quanti posti di commento erano disponibili, quali e come sarebbero stati allestiti i collegamenti audio e video, dove e come sarebbero stati ospitati i giornalisti eccetera). Come si vede si trattava di un lavoro importante, per cui queste riunioni avevano un loro senso fondamentale e non erano solo occasioni per trascorrere giorni di vacanza in posti turistici. Va da sé che venivano indette a rotazione nelle varie repubbliche, ognuna a spese della televisione organizzatrice, per cui nessuno voleva fare brutta figura e tutti si trattavano sempre molto bene.

Clicca qui per la recensione del libro L’uomo che raccontava il basket, e qui per la videointervista con Sergio Tavčar!
telecapodistria sergio tavcar

Poi però in sede di lavori c’era ancora una questione di poco conto da dirimere, una vera e propria bazzecola. Che però era quella che dava il tono alla riunione, anzi, normalmente scatenava discussioni feroci e a volte anche quasi risse verbali. Andava ovviamente tutto bene per gli eventi nazionali, però poi arrivava la domanda da parte della Jrt: chi commenterà dal luogo il tale e tale evento internazionale? Il quale evento poteva essere una terribile trasferta negli Urali per trasmettere qualche gara di fondo a 30 sotto zero con conseguente diaria in rubli oppure per esempio il torneo tennistico di Wimbledon con due settimane spesate in sterline nell’opulento Ovest capitalista dove poter fare shopping e turismo a man salva.

La Jrt per questi eventi ovviamente, pur essendo riconosciuta dall’Ebu (Unione delle Rtv pubbliche europee, più nota come Eurovisione) quale espressione di un Paese multinazionale, più di tre postazioni di commento non riusciva ad avere se non in casi eccezionali (Mondiali di calcio, Olimpiadi o comunque manifestazioni di super massa), tre posti istituzionalmente destinati alle tre lingue ufficiali jugoslave, il serbo-croato, lo sloveno e il macedone. Per coprire le manifestazioni internazionali dunque era automatico che andasse il telecronista di Lubiana (poi stava a Lubiana decidere chi mandare, ma questo era affare interno), quello di Skopje e uno proveniente dal bacino serbo-croato.

E qui cascava l’asino: per un posto erano in lizza in quattro, se non addirittura in un secondo tempo in cinque, il rappresentante della tv croata, quello della tv serba, quello della tv di Sarajevo, quello montenegrino e poi addirittura quello dei programmi in lingua serba della tv di Novi Sad. Sulla carta i quattro (poi cinque, ma molto in un secondo tempo) si sarebbero dovuti alternare in stretta rotazione, poi a chi capitava lo sci di fondo negli Urali e a chi capitava Wimbledon sarebbe dovuto essere solo un caso. E invece no: nelle varie redazioni facevano conti su conti di puro stampo balcanico su chi era stato dove e quando, se quella trasferta valeva per la rotazione o meno, con la conclusione che quando si trattava di andare negli Urali secondo tutti era il turno di chiunque meno quello loro, mentre se si trattava di andare a Wimbledon era sicuramente, visti i calcoli fatti oggettivamente (?), il loro turno.

Era bellissimo vedere quando cominciava la discussione: dapprima con toni amichevoli e pacati, poi con sempre più fervore, per finire con urla e strepiti. Alla fine in qualche modo, anche per le pressioni della Jrt, un accordo veniva trovato, lasciando però continui strascichi di polemiche e di rancori che solo inasprivano ulteriormente la discussione successiva. Questa rotazione in puro stile jugoslavo poi produceva effetti a volte esilaranti.

Rimane nella leggenda l’esordio quale commentatore, appunto, di Wimbledon del telecronista di Tv Sarajevo che, sul 6 a 5 a favore di un tennista nel primo set, non riusciva a capacitarsi del perché il set continuasse, visto che a lui era stato detto che un set finisce quando uno arriva a vincere 6 game.

Altra perla immortale rimane il commento del telecronista di Tv Zagabria mandato a coprire la Formula uno che durante il giro di ricognizione commentò con sicumera degna di miglior causa gli zig-zag delle macchine che scaldavano le gomme affermando come si fosse in presenza di una fase di studio nella quale nessuno voleva prendere ancora l’iniziativa, trattandosi delle primissime fasi della gara.

*Sergio Tavčar è stato per decenni la voce di TeleCapodistria, cronista sportivo, o per dirla come il titolo del suo libro (BEE, 2022), L’uomo che raccontava il basket.

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Redazione
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