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Sparwasser, un mito in fuga

Mancano in due. È il 9 gennaio 1988 e a Saarbrücken, nell’allora Germania Ovest, la squadra delle vecchie glorie del Magdeburgo sta attendendo di pranzare. È ospite del sindaco della città della Saar, dove la formazione delle “leggende” del club biancoblù deve disputare un torneo al coperto. Gli unici a non essere al tavolo con i compagni sono Martin Hoffmann e Jürgen Sparwasser. Il primo si presenterà con un quarto d’ora di ritardo, il secondo invece non si trova. Nella delegazione del Magdeburgo sono preoccupati. Perché “Spari” non è più un giocatore qualsiasi. Da quasi quindici anni è diventato un simbolo, un mito per la propaganda della Repubblica Democratica Tedesca. È l’uomo che con il suo gol il 22 giugno 1974, ha consentito alla Nazionale della DDR di battere i “cugini” dell’Ovest.

Il gol di Sparwasser ai Mondiali ’74

Sparwasser dopo il ritiro

Una condizione, quella di simbolo che Sparwasser non ama, anzi. Anche perché lui, classe 1948, figlio dell’allenatore della Lokomotive Halberstadt, il club della sua città natale, è stato molto altro. Ha vinto un bronzo olimpico nel ’72, un titolo europeo giovanile da protagonista nel 1965, oltre a tre campionati e due Coppe della DDR senza dimenticare la Coppa delle Coppe del 1974 con il Magdeburgo, l’unico trofeo continentale conquistato da un club della Germania Est. In quell’occasione, nella semifinale di ritorno contro lo Sporting Lisbona, Sparwasser realizza quello che a suo parere è il gol più importante della sua carriera. Un percorso sportivo, quello di Sparwasser, che a causa di un infortunio termina a soli 31 anni. “Spari”, che dal 1973 è membro della SED, il partito di governo della DDR, inizia una nuova vita. Non più sul campo, ma in cattedra. È infatti docente alla Pädagogische Hochschule di Magdeburgo, un istituto universitario che ha il compito di formare i docenti. A lui piace lavorare con i giovani e con i suoi colleghi ha il mandato di pensare una riforma dell’educazione fisica all’interno del sistema scolastico tedesco-orientale.

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C’è un problema. Come racconta nella sua autobiografia, uscita nel 2010, Walter Kirnich, vice responsabile del Partito a Magdeburgo, ha altre idee per la sua carriera. Lo vorrebbe come allenatore del Magdeburgo, la squadra di cui era stato bandiera. Per un funzionario del Partito avere un mito come Sparwasser in panchina è un’occasione perfetta per acquisire prestigio. Jürgen riesce a dire “no” per tre volte e Kirnich, che ha già troncato la carriera di Heinz Krügel, il tecnico “creatore” del ciclo vincente dei biancoblù, se la lega del dito. Se non accetta, per “Spari” la strada è bloccata. Neppure il tentativo dell’ex calciatore di spiegare la situazione ai piani più alti lo aiuta. Nell’estate 1987 Jürgen e Christa, sua moglie, iniziano a pensare alla fuga, anche perché già da tempo hanno fatto amicizia con una coppia di Saarbrücken.

Heinz Krugel - Sparwasser
Heinz Krügel

L’occasione giusta per andarsene si presenta nel gennaio 1988. In quel periodo Sparwasser sarebbe andato nella Saar per un torneo al coperto di calcio a 5 con la formazione delle vecchie glorie, mentre Christa avrebbe visitato sua zia a Lüneburg in Bassa Sassonia per festeggiare un compleanno. Inizialmente però le autorità della DDR, che avevano allentato un po’ la morsa sui viaggi all’Ovest, rifiutano alla signora Sparwasser il visto d’uscita. Glielo concedono solo al secondo tentativo. Del piano di fuga sanno solo i figli della coppia Wolfgang e Sylvia, oltre ad alcune persone all’Ovest. Il bus per Saarbrücken parte con due ore di ritardo perché la comitiva aspetta il presidente che porta i documenti di viaggio da Berlino.

La fuga di Sparwasser

Jürgen, al controllo di frontiera, è nervoso, come racconterà anni dopo il suo compagno Wolfgang “Paule” Seguin, un altro degli eroi di Magdeburgo. La sera dell’arrivo, l’8 gennaio, l’ex calciatore chiama la moglie. Si dicono la parola d’ordine. “Spari” telefona anche a un conoscente a Saarbrücken. Chiede che lo venga a prendere verso le dieci all’hotel “La Residence”, dove alloggia con la squadra. L’indomani mattina, dopo la colazione, è previsto un tour della città che, scherzo del destino, si trova a venticinque chilometri da Neunkirchen, il luogo di nascita di Erich Honecker, l’allora leader della Germania Est. Sparwasser, con la scusa di aver dimenticato dei soldi in albergo, torna in hotel, scrive qualche riga di saluto ai compagni per spiegare il suo gesto, fa passare le valigie dalla finestra e si fa accompagnare alla stazione di Francoforte sul Meno, dove ha appuntamento con la moglie. In treno vanno a Bad Homburg, cittadina nei dintorni della metropoli, dove hanno degli amici. Intanto le autorità della DDR sono alla loro ricerca. Interrogano la figlia, che è rimasta nella Germania orientale.

Il giorno dopo, il 10 gennaio, sui media della DDR appare la seguente dichiarazione “La presenza di una formazione di vecchie glorie del Magdeburgo a Saarbrücken è stata usata da forze nemiche dello sport per accaparrarsi Jürgen Sparwasser, che ha tradito la sua squadra”. “Spari” e sua moglie hanno iniziato la loro nuova vita, dopo otto giorni nascosti a Bad Homburg. L’ex attaccante del Magdeburgo comincia la sua carriera da allenatore all’Eintracht Francoforte. È il vice di Karl-Heinz Feldkamp in Bundesliga (tra l’altro nelle riserve delle Aquile potrà osservare un altro Jürgen che diventerà piuttosto famoso, Klopp), per poi passare al Darmstadt, la sua unica esperienza da professionista come tecnico. È un fallimento, tanto che Sparwasser la definirà un errore. Da quel momento l’ex bandiera del Magdeburgo si occuperà praticamente solo di settore giovanile, collaborando dal 2012 con la scuola calcio di Charly Körbel, altra leggenda dell’Eintracht. Ancora oggi, a più di settant’anni, Sparwasser, che a fine Anni Novanta è stato anche presidente della VDV, il sindacato calciatori tedesco, definisce la fuga una delle migliori scelte della sua vita. Non male per uno, che sul campo ha fatto la Storia. Davvero.

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Roberto Brambilla
Roberto Brambilla

Classe 1984, nato a Sesto San Giovanni quando era ancora la Stalingrado d’Italia. Germanocentrico, ama la Spagna, il Sudamerica e la Mitteleuropa. Collabora con Avvenire e coordina la rivista Cafè Rimet. È autore dei volumi “C’era una volta l’Est. Storie di calcio dalla Germania orientale”, “Rivoluzionari in campo” e coautore di “Non solo Puskas” e “Quattro a tre”.