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La Serbia tra Europa, Brics e Sud-est asiatico

Spesso, in maniera forse troppo retorica, i Balcani vengono descritti come un ponte tra Occidente e Oriente. Un ruolo cucito addosso in particolare alla Serbia, il paese più importante della regione a non aver ancora aderito all’Unione Europea, alleato della Russia e, negli ultimi anni, sempre più legato alla Cina. Proprio questa sua capacità di destreggiarsi tra i diversi poli della politica globale ha più volte fatto storcere il naso alle istituzioni europee con cui Belgrado ha da tempo avviato il lungo processo di adesione. Nonostante le critiche ricevute per la mancata adozione delle sanzioni alla Russia, il governo serbo ha deciso di continuare a percorrere la strada di una politica estera multipolare firmando un accordo di collaborazione con l’Asean (Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico) e strizzando l’occhio anche ai Brics.

Il percorso europeo

Che l’Unione Europea sia il principale partner della Serbia sono i numeri a confermarlo. Nel 2022 gli scambi complessivi con i 27 paesi dell’Ue hanno raggiunto i 39 miliardi di euro. Ben distante dai 5,8 miliardi registrati con la Cina e dai 4 miliardi con la Russia. Di appena 1,2 miliardi, invece, il valore complessivo del commercio con gli Stati Uniti. Risultati simili si registrano anche in termini di Investimenti Diretti Esteri con l’Ue che copre il 59% del totale nel periodo 2010-2022, la Cina il 9% e la Russia il 7%.

Commercio Serbia - Brics
Principali partner commerciali della Serbia nel 2022 (EU in Serbia)

Se dal punto di vista economico l’Europa può contare ancora su una forte egemonia, su quello politico le cose si complicano un po’. Pur rimanendo l’adesione all’Ue l’orizzonte privilegiato della politica estera serba, negli ultimi anni i sempre più stretti legami con Pechino e quelli mai recisi con la Russia putiniana hanno compromesso ulteriormente un iter già complicato. Sono infatti passati ben quattordici anni dalla presentazione ufficiale della domanda di adesione da parte di Belgrado e undici dal riconoscimento dello status di “paese candidato”. Da allora le cose non sono andate come sperato da molti. Ad oggi, infatti, sono solo 2 i capitoli negoziali (Scienza e Ricerca; Educazione e cultura) chiusi positivamente dalla Serbia sui 34 complessivi.

A preoccupare di più le cancellerie europee sono soprattutto le tensioni con il Kosovo. L’accordo di normalizzazione delle relazioni firmato a Bruxelles nel 2013 sembrava aprire la strada a un nuovo corso, tanto nei rapporti tra Pristina e Belgrado quanto tra quest’ultima e l’Unione. Eppure, a distanza di dieci anni, le recenti contrapposizioni tra i due paesi continuano a minare la stabilità regionale e il loro rapporto con l’Ue. Lo dimostrano l’ennesimo accordo raggiunto nel febbraio di quest’anno, completamente disatteso dalle parti, e soprattutto le violenze scaturite nel nord del Kosovo dopo l’elezione di sindaci albanesi nei comuni a maggioranza serba.

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La Serbia e i Brics

Ma le difficili relazioni con Pristina non sono l’unica preoccupazione nei confronti di Belgrado. Nell’ultima relazione di maggio, il Parlamento europeo “invita le autorità competenti a dimostrare un impegno inequivocabile nei confronti del diritto internazionale e dei valori dell’Ue e ad allinearsi alle misure restrittive contro la Russia” e “deplora le continue strette relazioni e il partenariato della Serbia con la Russia, che sollevano interrogativi sulla direzione strategica della Serbia”.

Direzione strategica che in questi anni si è arricchita di nuove strade. Tra quelle più significative, l’alleanza creata con i cosiddetti Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa). Dei cinque paesi fondatori, nessuno di loro riconosce l’indipendenza del Kosovo. Un aspetto ritenuto ancora centrale nelle relazioni con i partner internazionali, tanto da spingere il Movimento Socialista, membro della maggioranza e guidato dal capo dell’intelligence serba Aleksandar Vulin, a presentare lo scorso agosto al parlamento serbo una risoluzione che chiede l’adesione del paese ai Brics considerata “una chiara alternativa al percorso di adesione all’Unione Europea”.

Per il Movimento, l’adesione ai Brics “confermerebbe l’impegno della Serbia per la creazione di un ordine mondiale più giusto basato sul rispetto incondizionato del diritto internazionale, limitando al tempo stesso l’egemonia occidentale, promuovendo la sicurezza e la stabilità e assicurando una riforma fondamentale delle istituzioni finanziarie internazionali”. In poche parole la creazione di un nuovo ordine mondiale come immaginato soprattutto da Russia e Cina.

brics
I leader dei Brics al vertice di Johannesburg, da sinistra a destra: Lula, Xi Jinping, Ramaphosa, Modi e Lavrov (Flickr.com)

In particolare, se con la Russia l’alleanza è ormai datata, anche per questioni culturali-religiose come la comune fede ortodossa, quella con la Cina ha subito una forte accelerazione nell’ultimo decennio. La forte amicizia tra il presidente serbo Aleksandar Vučić e quello cinese Xi Jinping si è rafforzata grazie a una significativa comunione d’intenti economici.

La strategia della One Belt One Road (o nuova Via della Seta) vede i Balcani come un importante snodo per il commercio con l’Europea. Il governo cinese si è concentrato soprattutto sul finanziamento di progetti infrastrutturali e industriali, specie nel settore energetico. Tra le infrastrutture finanziate rientra, ad esempio, l’ammodernamento dei 350 km della ferrovia Budapest-Belgrado, parte integrante di una linea ferroviaria che dovrebbe collegare la capitale ungherese con il porto greco del Pireo, sotto controllo della compagnia di stato cinese Cosco.

Altri progetti, per investimenti di diverse centinaia di milioni di euro, riguardano la miniera di rame nella città di Bor, di proprietà della Zijin Mining, la costruzione di una nuova unità della centrale a carbone Kostolac, con il coinvolgimento della China Machinery Engineering Corporation, e il progetto serbo-russo-cinese per l’ammodernamento della centrale termica di Obrenovac.

La collaborazione con l’Asean

Le ambizioni serbe, in termini di relazioni internazionali, sembrano però andare ancora più in là. A inizio settembre infatti, il ministro degli Esteri Ivica Dačić ha partecipato al 43esimo vertice dell’Asean, l’organizzazione dei paesi del Sud-est asiatico (Indonesia, Filippine, Malesia, Singapore, Thailandia, Cambogia, Laos, Vietnam, Brunei e Myanmar). Di questi, solo quattro riconoscono l’indipendenza del Kosovo (Malesia, Singapore, Thailandia e Brunei).

In occasione dell’incontro di Giacarta, il ministro Dačić ha firmato un accordo di amicizia e collaborazione con i suoi membri in campi come l’economia, l’istruzione e lo sviluppo tecnologico. Nel 2022 il volume degli scambi commerciali con i dieci paesi dell’Asean è stato di circa 710 milioni di dollari. L’obiettivo dichiarato è quello di superare presto il miliardo di euro.

Il punto di vista dei cittadini serbi

L’equilibrismo degli ultimi governi serbi, dal 2012 egemonizzati dal Partito Progressista Serbo (Sns) e dai suoi alleati minori come il Partito Socialista (Ps), sembra non discostarsi troppo dai sentimenti espressi dalla popolazione. È quanto emerge dai risultati di un approfondito sondaggio pubblicato a giugno da Novi Treći Put.

Riguardo l’adesione all’Unione Europea solamente il 28,4% dei cittadini voterebbe sicuramente a favore in un ipotetico referendum. A questo dato va aggiunto un ulteriore 20% di coloro che dicono che “probabilmente” voterebbero si, portando il totale al 48,4% dei favorevoli contro il 51,6% di contrari (33,8% sicuramente contro, 17,8% probabilmente contro). Ancora più negativa la considerazione dei cittadini serbi verso la Nato con solo il 15,8% che si dichiara favorevole all’adesione all’Alleanza Atlantica.

Fonte: Novi Treći Put

Se l’Europa non entusiasma, i Brics attirano invece ampie simpatie. Il 59,7% degli intervistati, infatti, si dice favorevole ad un’eventuale adesione all’organizzazione. Un dato superiore persino a quello sull’Unione Europea, sintomo che il nuovo progetto rilanciato recentemente a Johannesburg appare come il più credibile per un possibile cambiamento dell’attuale ordine globale.

Fonte: Novi Treci Put

Anche per quanto riguarda l’allineamento alla politica delle sanzioni contro la Russia, i cittadini serbi sembrano supportare l’azione del proprio governo dichiarandosi per il 70% contrario all’introduzione di qualsiasi sanzione, contro il 15,2% di coloro che invece pensa che Belgrado dovrebbe armonizzarsi con il regime di sanzioni imposto dall’Ue.

Fonte: Novi Treci Put

Infine, per quanto riguarda i leader mondiali più popolari i primi tre posti sono occupati rispettivamente da Vladimir Putin, il primo ministro ungherese Viktor Orbán e il leader cinese Xi Jinping. Di molto staccati tutti i leader europei.

Risultati che dovrebbero far suonare un campanello di allarme a Bruxelles e porre più di un quesito sulla spesso contraddittoria e inefficace politica di allargamento dell’Unione.

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Marco Siragusa
Marco Siragusa

Dottore di ricerca in Studi internazionali e giornalista, ha collaborato con diverse testate tra cui East Journal e Nena News Agency occupandosi di attualità nell’area balcanica. Coautore dei libri “Capire i Balcani Occidentali” e “Capire la Rotta Balcanica”, editi da Bottega Errante Editore. Vice-presidente di Meridiano 13 APS.