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Il nuovo cinema indipendente prende piede in Asia centrale

di Anisa Sabiri *

Kol Fest è un festival che dal 2019 porta in Asia centrale, nello specifico in Kirghizistan sulla riva meridionale del lago salato Issyk-Kul’, la musica e l’arte performativa internazionale.

L’edizione di quest’anno, tenutasi a metà luglio, ha incluso nel programma degli eventi anche una sezione cinematografica, che ho curato personalmente e reso possibile assieme a Darragh Fingleton (a cui è venuta l’idea iniziale) e a una volontaria, Baktigul. L’idea era quella di creare uno spazio dove i registi centro-asiatici indipendenti potessero proiettare i loro film e trovare un pubblico nuovo. 

Dato che Kol Fest è principalmente un festival musicale, l’edizione “cinematografica” di quest’anno è stata una prova. Non avevamo a disposizione una vera e propria sala cinematografica, né l’attrezzatura adeguata; per due serate abbiamo proiettato i film (dei corti) in un vecchio edificio sovietico abbandonato privo di finestre, un po’ sullo stile di “Nuovo Cinema Paradiso”, assumendoci una serie di rischi: non eravamo certi che il suono sarebbe stato di qualità accettabile, né che la luce sarebbe risultata sufficiente e nemmeno, cosa più importante, che il pubblico del festival (venuto per la musica) sarebbe stato interessato a vedere 9 film indipendenti, girati a basso costo da registi locali (ovvero provenienti da Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan e dalla Russia, ma quest’ultimo è girato in Tagikistan).

Il risultato è stato incredibile: sold out ogni serata, circa 70 persone a proiezione. 

Per me, regista e cinefila, è stato molto importante vedere delle persone interessate a guardare film anche in luoghi simili, preferendoli ad altre attività interessanti. Al festival c’erano molti musicisti e DJ da ogni parte del mondo, eppure la gente veniva a vedere i film. Sono certa che se avessimo deciso per tempo di includere la sezione cinematografica (e non solo due settimane prima del festival!), avremmo ottenuti risultati anche migliori. Per il momento speriamo che questo sia d’ispirazione per altri eventi futuri.

Un altro aspetto interessante è stata l’eterogeneità del pubblico: gente del luogo, visitatori internazionali, persone di età diverse. Non si è trattato di proiezioni d’essai destinate a un’élite intellettuale o straniera, come spesso qualcuno definisce i festival cinematografici indipendenti. Inoltre, tra i 9 film c’erano alcune pellicole basate su una narrazione del tutto non-convenzionale, come nel caso del documentario Mountain Sickness of the Russian Border Guard di Danila Lipatov o del film d’animazione Invasion di Dante Rustav, che hanno entrambi ricevuto un ottimo riscontro dal pubblico.

Nel curare il programma ho capito che mescolare generi diversi (piuttosto che scegliere un unico tema trasversale) aiuta a richiamare l’attenzione di un pubblico più vario, nonché mette in luce la diversità della scena cinematografica della regione: alcuni argomenti sono indubbiamente simili, ma possono venire avvicinati secondo approcci differenti. Ad esempio, The Best Place in the World di Roman Burjak sottolinea quali sfide attendono i rappresentanti dell’underground artistico in Tagikistan, mentre qualcosa di simile possiamo vedere in Uzbekistan I Love You di Faëz Buzruchujaev ascoltando i monologhi degli autisti di taxi.

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Poster di The Best Place in the World (Tagikistan, 34 minuti)
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First Time (Kirghizistan, 11 minuti)

Non è incredibile che in un’epoca così instabile per la regione e per il mondo intero si possa sottolineare la vicinanza tra paesi pur rispettando la diversità e la ricchezza culturale di ciascuno? Lo stesso vale per il cinema kirghizo: First Time di Meerim Dogdurbekova usa un linguaggio lento e poetico che ricorda da vicino The Road di Tolomuš Žanybekov. Entrambi i registi hanno studiato all’università turco-kirghiza Manas, una realtà che favorisce lo sviluppo di un proprio canone di linguaggio cinematografico. 

Kol Fest sta contribuendo alla crescita del turismo locale e porta l’arte in una zona remota del lago Issyk-Kul’; durante le proiezioni tutto questo è stato particolarmente palpabile. Durante il documentario Little Manaschi di Farida Sejtalieva dedicato alla figura di un giovane manaschi kirghizo (un narratore tradizionale), c’era un ragazzino seduto dietro a me che diceva alla madre quanto si riconoscesse nel protagonista. È stato uno dei momenti più vividi per me durante il festival, così come per la regista.

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Little Manaschi (Kirghizistan, 18 minuti)

Infine, va sottolineato che sebbene sia quasi del tutto assente un’industria cinematografica nella regione, simili iniziative costituiscono dei tasselli fondamentali per la creazione di network necessario per i registi. Recentemente a Taškent in Uzbekistan si è tenuto un bel festival cinematografico indipendente, Cinema Love, curato da Lëša Artamonov, il quale ha raccolto delle pellicole brillanti provenienti dalla regione, alcune delle quali abbiamo proiettato anche noi. È stato il curatore a metterci in contatto con i registi e le registe. È questo il modo più salutare per dar vita a un’industria del cinema in questa regione. Servono cooperazione, relazioni e supporto da parte degli stakeholder. È un sogno che sto coltivando e spero che nasceranno molte altre realtà per l’arte e la collaborazione come Kol Fest e Cinema Love.

Per gli appassionati di cinema, leggere anche: “Albania, si gira”. Intervista dietro le quinte

* Anisa Sabiri è una regista nata a Dušambe in Tagikistan nel 1991. Allieva del regista tedesco Fred Kelemen, ha ricevuto numerosi riconoscimenti e premi. Tra i suoi film c’è il corto “The Crying of Tanbur”, dedicato alla guerra civile del 1993 nel suo paese.

Foto di copertina: Pagina Facebook di Kol Fest

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Redazione
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