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Kim Philby: la più grande spia del Novecento, fra Regno Unito e Urss

Tutti gli esseri umani hanno tre vite: pubblica, privata e segreta.
(Gabriel García Márquez)

Kim Philby, nome in codice ‘Stanley’, è considerato ancora oggi – e a ragione – una delle più grandi spie del Novecento. Questo perché egli non solo fu un agente segreto dell’Intelligente britannica, ma fu, contemporaneamente, anche una spia al servizio dell’Unione Sovietica che riuscì a rimanere nell’ombra, agendo da doppiogiochista, in una maniera (quasi) insospettabile per oltre trent’anni. Considerato come un eroe da alcuni, e “il più grande traditore della storia della Gran Bretagna” da altri, chi fu davvero Kim Philby? E come riuscì a portare avanti questa assurda e pericolosissima impresa, senza destare sospetti per così a lungo?

Kim Philby, il cui vero nome era in realtà Harold Adrian Russell Philby, nacque nel 1912 ad Ambala, in India, quando questa era ancora parte delle colonie dell’Impero britannico. Figlio del diplomatico ed esploratore britannico John Philby, si trasferì in Inghilterra da bambino, per proseguire lì gli studi, fino a che da ragazzo iniziò a frequentare il Trinity College di Cambridge. Fu proprio qui che il giovane Philby entrò in contatto con i socialisti britannici e, dopo alcuni mesi, iniziò a essere sempre più affascinato dalle loro idee, fino a diventare un vero e proprio sostenitore e promotore della causa socialista.

trinity college cambridge
Il Trinity College di Cambridge (Wikipedia)

È a questo punto che negli anni Trenta, in occasione di un viaggio a Vienna, Philby riuscì a entrare in contatto con il Comintern, fino a che nel 1933 venne reclutato direttamente dalla Gpu (Ob’edinënnoe gosudarstvennoe političeskoe upravlenie) ovvero i Servizi segreti sovietici. Pur essendo ancora un ragazzo poco più che ventenne, da quel momento in poi la sua vita cambiò per sempre.

Anni Trenta e Quaranta: Kim Philby, il doppiogiochista perfetto

Nella seconda metà degli anni Trenta, con l’ascesa di Adolf Hitler e della Germania nazista, Philby, pur mantenendo – segretamente – i suoi ideali socialisti, iniziò, su indicazione di Mosca, a costruirsi gradualmente un’immagine di perfetto filonazista, riuscendo in questo modo ad avvicinarsi, senza destare sospetti, ad alcuni politici britannici simpatizzati per la causa Hitler. Negli stessi anni iniziò anche a lavorare come corrispondente di The Times dove scrisse alcuni articoli sulla guerra civile spagnola (1936-1939), con diversi elogi ed esaltazioni al regime franchista, tanto che nel 1937 ricevette persino un’onorificenza da Francisco Franco in persona, il tutto però, continuando segretamente a riportare informazioni al Mosca.

Nel 1940 poi, proprio quando si stava scatenando la Seconda guerra mondiale, Philby entrò ufficialmente anche nel Sis (Secret Intelligence Service, oggi MI6) avviando definitivamente la sua carriera di insospettabile e strategico doppiogiochista, visto che rimaneva sempre fedele, in realtà, ai sovietici.

Locandina del film Cambridge Spies wikipedia
Locandina del film Cambridge Spies ispirato alla storia dei “Cinque di Cambridge” (Wikipedia)

Fu proprio nel corso della Seconda guerra mondiale che il suo ruolo come spia sovietica divenne cruciale: nel 1943, durante la battaglia di Kursk, i sovietici seppero proprio da una comunicazione segreta di Philby la posizione esatta in cui il Terzo Reich intendeva colpirli, così riuscirono a rispondere in modo strategico con un contrattacco verso il nemico. Negli anni successivi il fatto divenne infatti motivo di grande orgoglio personale per l’agente segreto, come raccontò lui stesso nelle sue memorie.

Philby non fu però il solo agente britannico doppiogiochista, ma anzi, fu uno dei 5 membri dei Cambridge Five (I cinque di Cambridge) che già a partire dagli anni Trenta iniziarono a trasmettere informazioni dei servizi segreti britannici all’Urss. Oltre a lui, che aveva come nome in codice l’appellativo di ‘Stanley’, ne facevano parte Guy Burgess (‘Hicks’), Donald Duart Maclean (‘Homer’), Anthony Blunt (‘Johnson’) e John Camicross (‘Liszt’).

In quegli stessi anni, più precisamente a partire dal 1944, fra i numerosi incarichi per il Sis – ironia della sorte – Philby divenne capo della sezione che dava la caccia ai comunisti e socialisti inglesi: pur essendo egli stesso il primo di loro, in incognito, divenne infatto suo compito stanarli e perseguirli.

Eppure, la sua maestria nel mantenere perfettamente le apparenze non si fermò lì: una delle leggende più famose di quel periodo narra, per esempio, di come Philby riuscisse a lasciare ogni giorno la sua postazione in ufficio, portando con sé una valigetta piena di documenti riservatissimi. I documenti venivano fotografati e mandati di volta in volta a Mosca, riportando poi gli originali al loro posto, senza che nessuno si accorgesse mai di nulla. Insomma, un camaleontico e insospettabile maestro della truffa, di cui nessuno si sognava mai di dubitare. Difatti, oltre che preziosissimo per i sovietici, anche agli occhi degli inglesi Philby appariva come la spia perfetta, tanto che nel 1946 ricevette persino un’importantissima onorificenza per la carriera: l’Ordine dell’Impero britannico, conferitogli direttamente da re Giorgio VI.

I primi sospetti e la fuga

Guy Burgess wikipedia
L’agente segreto Guy Burgess nel 1935 (Wikipedia)

I primi sospetti verso Philby iniziarono gradualmente a emergere verso la fine della Seconda guerra mondiale. Nel 1945 il console sovietico in Turchia, Konstantin Volkov, decise di chiedere asilo politico al Regno Unito e promise, in cambio, di rivelare i nomi di tre agenti sovietici presenti a Londra, tra cui, ovviamente, rientrava anche Philby.

In quell’occasione, però, Philby, una volta venuto a conoscenza del pericolo, riuscì a salvarsi con scaltrezza: egli ebbe infatti la brillante idea di recarsi personalmente a incontrare Volkov a nome dell’Intelligence britannica, avendo però, nel frattempo, allertato immediatamente i sovietici della soffiata. A quel punto gli agenti sovietici si attivarono subito e riuscirono, giusto in tempo, ad arrestare Volkov e metterlo a tacere, mantenendo al sicuro la loro preziosissima spia: Kim Philby.

Tuttavia, nel 1951 i sospetti su di lui divennero un fatto concreto anche per i vertici del Sis. In quell’anno infatti, due dei componenti dei Cambridge Five, Donald Maclean e Guy Burgess, fuggirono improvvisamente a Mosca, per cui l’Intelligence britannica si insospettì molto anche nei confronti di Philby, dato che egli li conosceva entrambi. A quel punto non ci fu altra scelta: ebbero inizio una lunga serie di interrogatori di diverse settimane che volevano arrivare in fondo alla questione.

Nonostante l’insistenza però, Philby rimase sempre calmo, serento e sopratutto impassibile, tanto che infine riuscì, miracolosamente, a discolparsi con convinzione da ogni accusa e alla fine, venne lasciato libero. Egli era infatti una persona rispettabile e stimata nell’alta società inglese, tanto che persino il Ministro degli Esteri britannico in persona, una volta saputo delle accuse, si appoggiò a Philby dichiarandone la “non colpevolezza”.

Francobollo sovietico di Kim Philby
Francobollo sovietico di Kim Philby (Wikipedia)

Tuttavia, dopo alcuni anni relativamente “tranquilli”, nel corso di alcune missioni in Medio Oriente nel 1963, Philby fu definitivamente scoperto dagli inglesi. Mentre si trovava in missione in Libano, alcuni suoi compagni, tra cui anche una sua ex fidanzata, lo tradirono, spifferando ai servizi segreti britannici del suo imponente (e segreto) “credo” nella causa socialista: a quel punto era impossibile negare e la sua maschera cadde definitivamente.

L’imbarazzo per la falla nel sistema di sicurezza inglese fu enorme. Era difficile riuscire a spiegare come fosse possibile che un uomo si mimetizzasse e agisse nell’ombra, indisturbato, per tutti quegli anni. Intanto però, i sovietici non persero tempo e Philby, una volta scoperto, fuggì subito a Mosca; anche se alcuni storici e giornalisti dissero, a posteriori, che la fuga fu permessa di proposito dai britannici stessi. Un processo e uno scandalo sulla ‘questione Philby’, se esposti all’opinione pubblica, avrebbero infatti messo in grave imbarazzo i servizi segreti britannici, facendo perdere loro ogni credibilità. Pertanto, la “talpa” Philby, fu lasciato libero di fuggire.

L’amore e la vita privata

“Sognare di vivere in un paradiso di carta, dove dai rami delle piante pendono scritture fosforescenti, volteggiano lettere luminose, accessibili a tutti.”
Rufina Puchova, moglie di Kim Philby a proposito del loro amore in Vita di Kim Philby, la talpa. Intervista a Rufina Puchova, Francesco Bigazzi

Dopo la fuga dal Libano, Philby rimase a vivere in Unione Sovietica, più precisamente a Mosca, fino alla fine dei suoi giorni nel 1988. Qui conobbe e sposò una donna russa, Rufina Puchova (1932-2021), di vent’anni più giovane di lui. Quando i due si conobbero lei aveva infatti 38 anni, mentre lui andava per 58. Eppure, nonostante la differenza d’età, Rufina gli rimase sempre accanto, come fedele compagna, consigliera e amante, fino alla fine. Sebbene Philby fosse già al terzo matrimonio, Rufina si innamorò profondamente di quell’uomo così elegante, posato, calmo, dallo stile tipicamente ‘inglese’ e dal mite temperamento, per cui negli anni lo difese sempre, anche quando, in un periodo buio, alcuni generali del KGB, fra cui Oleg Kalugin, lo accusarono di essere un alcolizzato.

A proposito della sua vita con Kim, Rufina, dopo la morte del marito, rilasciò anche diverse interviste, fino a scrivere poi anche delle dettagliate memorie sulla sua vita con lui. Nei suoi scritti Rufina si soffermò in particolare sull’importanza delle idee di suo marito, che anchedi fronte all’opportunità di fare carriera, alla prosperità economica e persino alla lealtà verso la sua Patria, la Gran Bretagna, preferì – nel bene e nel male – rimanere fedele ai suoi ideali, e in particolare alla “causa socialista”: “Kim è stato un grande idealista. Sarà la storia a rendergli giustizia” (Rufina Puchova).

Tomba di Kim Philby
La tomba di Kim Philby a Mosca (Wikipedia)
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Diana Mihaylova
Diana Mihaylova

Bulgara di nascita, ma milanese d’adozione, è una mediatrice culturale, blogger e studiosa che si occupa di Russia, Bulgaria e più in generale dei Paesi Est europei. Dopo la laurea in Mediazione Linguistica e Culturale presso l’Università degli Studi di Milano e alcune esperienze di studio all’estero tra Mosca, San Pietroburgo e Plovdiv, ha scritto per Il Tascabile, Pangea News e MowMag. È ideatrice del canale Instagram @ilmaestroemargherita_ dedicato alla promozione della letteratura e della cultura russa, con l'intento di approfondire la "Cultura" in senso ampio, contro ogni forma di pregiudizio e cancel culture. Collabora inoltre con il canale Instagram @perestroika.it che si propone di presentare e promuovere il cinema russo in lingua italiana.