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Gli effetti collaterali della birra ucraina dopo l’invasione

Černihivs’ke, Zakarpats’ke, L’vivs’ke, Slavutyč, Obolon’, Žyhulivs’ke, Bočka, Pravda: sono solo alcune delle marche più famose di birra ucraina che potrebbero suonare familiari a chi ha varcato i confini del paese blu-giallo o ha avuto l’occasione di assaggiare qualche birra ucraina di produzione locale. Le loro storie sono diverse, caratterizzate da aneddoti più o meno curiosi a seconda dei birrifici in cui vengono prodotte. Una cosa, però, le accomuna oggi: l’arrivo della guerra ha inevitabilmente cambiato le carte in tavola per l’intero mercato della birra ucraina, nazionale, internazionale o indipendente che sia.

La birra ucraina dopo l’invasione

A causa dell’invasione russa su larga scala del 24 febbraio 2022 il mercato della birra ucraina (così come quello di molte altre produzioni nazionali) ha subito un’inevitabile trasformazione che ne ha portato a un lieve declino. Soprattutto nei primi mesi di guerra, gli ucraini hanno dovuto rinunciare a molte delle cose a cui erano abituati, per poi trovare piano piano l’illusione di una nuova normalità che persiste tuttora tra i suoni delle sirene, gli attacchi missilistici e i bombardamenti. Inizialmente, la preoccupazione si è concentrata sulla minaccia di una carenza dei prodotti essenziali alla sopravvivenza, tra cui la penuria di sale (placatasi in tempi relativamente brevi) o la chiusura (poi rivelatasi perlopiù temporanea) di alcuni negozi di marche occidentali. 

La birra non è necessariamente un prodotto fondamentale per il consumo, eppure il “modesto appetito” degli ucraini per questa bevanda favoriva, almeno fino a una ventina di mesi fa, un business non indifferente sia per i giganti internazionali che per i produttori locali, che a loro modo facevano girare l’economia del paese. Negli ultimi anni, avviare un’attività di questo tipo era infatti diventato più semplice e stimolante, tanto che l’industria artigianale di birra ucraina era in crescita: come suggerisce uno studio dell’agenzia Media First Ukraine, il consumo di birra pro capite nel 2019 ammontava a 42 litri all’anno.

birra ucraina
Ingresso di una birreria di Kyiv, Drus’ja i pivo (amici e birra), 2018 (Meridiano13/Claudia Bettiol

Riavvolgendo il nastro temporale, possiamo dire che la produzione di birra ucraina ha raggiunto il suo apice nel 2012, anno in cui il paese ha co-ospitato con la Polonia gli Europei di calcio. Ancora una volta, sono stati lo sport e l’insieme degli esigenti tifosi a dimostrare che l’Ucraina si meritava un posto d’onore all’interno del continente europeo: la sua birra, di qualità ed estremamente economica, meritava di salire sul podio e di farsi un nome a ovest dei Carpazi.

Nel 2014 le conseguenze della Rivoluzione della Dignità e i tumultuosi eventi nel Donbas e in Crimea hanno portato alla perdita di alcuni birrifici nonché a una riduzione generale della produzione di birra. L’industria, però, se l’è cavata bene superando le oscillazioni delle accise (la cui aliquota era aumentata del 276% nel 2016), e riprendendosi nel 2017. Il 2019 e l’arrivo della pandemia di coronavirus hanno di nuovo messo a dura prova fabbriche e artigiani, costringendoli a ridurre il personale e la produzione o a chiudere definitivamente i battenti. La bastonata più forte, però, è arrivata con l’invasione russa del 24 febbraio 2022: molti dei proprietari e dei dipendenti si sono arruolati o hanno lasciato il settore per ovvie ragioni e un cambio di strategia per l’industria è stato inevitabile.

Nemmeno i consumatori hanno avuto vita facile. Se durante il periodo di pandemia erano entrate in vigore alcune restrizioni sulla vendita di tutti i tipi di bevande alcoliche, che potevano essere acquistate esclusivamente da maggiorenni in determinati orari diurni (a Kyiv la fascia oraria era 10-22), l’introduzione della legge marziale nel febbraio 2022 ne ha vietato per mesi la vendita in tutto il territorio nazionale. Tutti i prodotti sono stati ritirati dagli scaffali e anche i locali con licenza hanno perso la possibilità di operare. Quando, però, non si può vendere, non si produce. Le bevande alcoliche, in particolare i superalcolici, hanno così cominciato a girare sottobanco, nuocendo al bilancio dello Stato e al sostegno dell’economia di guerra. L’arrivo dell’estate ha spinto le autorità a rivedere il divieto, consentendo così la vendita di alcolici, seppur solo in determinate fasce orarie e limitandone la quantità di acquisto per persona: in alcune città, la vendita era permessa dalle 11 alle 16, da inizio 2023 fino alle 19; nella capitale, dove il coprifuoco opera da mezzanotte alle 5 del mattino, da marzo 2023 vige l’eccezione e si vendono alcolici dalle 10 alle 21.

Secondo una ricerca dell’azienda Pro-Consulting pubblicata dalla testata Ekonomična pravda, nel periodo da gennaio a giugno 2022, gli ucraini hanno acquistato birra per un valore di 6,8 miliardi di grivne (circa 17 milioni di euro), ovvero il 34% in meno rispetto allo stesso periodo del 2021. Sebbene la situazione nel 2023, dopo venti mesi di guerra, si sia quindi in qualche modo stabilizzata, ad agosto la produzione di birra è arrivata a sfiorare appena il 68% del livello del 2021. D’altronde, i danni causati dai missili e dall’artiglieria o addirittura dalla confisca da parte degli occupanti di birrerie e impianti di produzione di ingredienti per la birra nei territori occupati, sono difficili da calcolare e recuperare.

Tre sono, però, ancora oggi i giganti che controllano l’80% del mercato nazionale di birra ucraina che ha aumentato le esportazioni e ridisegnato i propri prodotti per far fronte alla nuova crisi, dimostrando di resistere anche fuori dal campo di battaglia: il gruppo Carlsberg Ukraine, il cui marchio di punta è sempre stata la birra L’vivs’ke e che ha tre sedi – Kyiv, Leopoli e Zaporižžja; Obolon’ che con la sua birra omonima ha la sua fabbrica nel quartiere di Kyiv; Ab In Bev Efes, la cui birra principale è la Černihivs’ke, originaria di Černihiv, città assediata dalle forze armate russe da febbraio ad aprile 2022, la cui fabbrica ha riaperto i battenti a fine estate 2022 ripristinando l’attività dalle macerie. Le altre due sedi di Ab In Bev Efes, situate a Charkiv e Mykolaiv, a causa della loro vicinanza al fronte, non hanno invece ancora ripreso la produzione.

Invincibili è un breve documentario (in ucraino) sulla rinascita del birrificio AB InBev Efes di Černihiv. Una serie di interviste ai dipendenti i quali, con opere di volontariato, sostegno reciproco e organizzazione di evacuazioni hanno resistito all’assedio e sono tornati a produrre di nuovo una tra le birre preferite dagli ucraini.

Il birrificio creativo Pravda di Leopoli

Si chiama Syla, ovvero “forza”, ed è una birra chiara non filtrata di produzione ucraina proveniente da Leopoli, che contiene un profondo significato simbolico per gli ucraini. 

Prodotta nel 2016 da Pravda Beer Theatre (pravda significa verità), la birra Syla ha un colore paglierino tenue e chiaro che emana un aroma floreale e note di lecca-lecca. Leggermente fruttata e caramellata, è accompagnata dall’amaro di un luppolo caratterizzato da specifiche colorazioni agrumate ed erbacee e un’asprezza pronunciata. Gradazione alcolica: 8%.

A colpire non è tanto il gusto, quanto piuttosto il suo design. L’etichetta che avvolge una delle bottiglie (tuttora reperibile online) è eloquente: raffigura la leggendaria torre dei “cyborg” dell’aeroporto di Donec’k, caduta sotto i bombardamenti dei sistemi missilistici GRAD russi il 22 gennaio 2015, dopo una battaglia disumana durata 242 giorni. La torre di controllo dell’aeroporto, punto strategico per gli attacchi, era diventata simbolo di questa fortezza inespugnabile, dove più volte i cosiddetti “cyborg”, ovvero gli eroici difensori ucraini, si ostinavano a issare la loro bandiera blu-gialla, resistendo fino alla fine all’attacco dei secessionisti. La battaglia viene ricordata ancora oggi come una delle più cruente del “primo” conflitto russo-ucraino nel Donbas, iniziato nel 2014.

Personalmente, nel 2017, mi sono imbattuta in un altro design della stessa birra non filtrata: sulla punta del Cremlino di Mosca raffigurato di color rosso fuoco sventola la bandiera ucraina blu-gialla.

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La birra ucraina Syla, 2017 (Meridiano 13/Claudia Bettiol)

Nei primi giorni dell’invasione su larga scala del 2022, il Pravda Beer Theatre aveva sospeso temporaneamente la produzione di birra per dedicarsi alla preparazione di un cocktail più attuale, ma non di certo destinato alla produzione orale: il cocktail Molotov. Poco dopo, monitorando la situazione, il birrificio ha deciso di condividere le ricette della loro birra di spicco, la Pravda, con i birrifici artigianali di tutto il mondo affinché iniziassero a produrla e promuoverla al di fuori dell’Ucraina e devolvere il ricavato in aiuti umanitari o in beneficenza alle forze armate dell’esercito ucraino. Molti altri hanno seguito l’esempio di Pravda (Untappd).

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Il Pravda Beer Theatre di Leopoli, 2017 (Meridiano 13/Claudia Bettiol)

Di birre dedicate all’Ucraina, in particolare alla resistenza, prodotte da Pravda, ce ne sono diverse, e non parliamo solo di gusti e aromi. Ecco quelle che spiccano per la loro creatività (e ironia).

C’è la Putin Huilo (la cui traduzione non ha bisogno di grandi presentazioni ormai), gradazione 8%, una Golden Ale dorata luppolata a secco che ha vinto la medaglia di bronzo al World Beer Idol 2018, in Repubblica Ceca. Se è merito della birra o del design, o di entrambe le cose, non ci è dato sapere.

100 rokiv UNR è invece una Imperial Stout prodotta nel 2019 in occasione del centenario dell’Ukrains’ka Narodna Respublika, ovvero la Repubblica Nazionale Ucraina nata a seguito della Rivoluzione russa del 1917, sulle ceneri dell’impero zarista. Leggermente fruttata e caramellata, questa birra scura emana un retrogusto di prugne e malto affumicato. Gradazione 10%.

Non poteva mancare una dedica all’Eurovision, evento musicale annuale imperdibile. Vision of Europe, gradazione 6,8%, è una Brown Ale con aggiunta di miele di grano saraceno prodotta con il rinomato luppolo inglese Fuggle: una coincidenza visto che Kyiv avrebbe dovuto ospitare l’edizione di Eurovision 2022, tenutasi invece a Liverpool, in Inghilterra? 

L’ironia “birrosa” conquista anche una birra belga bianca rinfrescante dedicata ad Angela Merkel (Frau Ribbentrop), una Milk Stout dal gusto cappuccino per Boris Johnson (Johnsonuk) e una American-style Stout in onore di Barack Obama (Obama Hope). Insomma, ce n’è per tutti i gusti (anche politici).

La birra ucraina IPA che piace ai punk

Nell’estate del 2021, un nuovo prodotto rinfrescante è apparsa sul mercato ucraino, rallegrando centinaia di fan e amanti della bevanda schiumosa: lo scrittore, poeta e compositore Serhij Žadan e la sua band punk-rock Žadan i cobaky v kosmosi, dopo un incontro tanto spontaneo quanto prolifico con i ragazzi di Rebrew e di Spro/Buy al festival internazionale del libro ucraino Knižkovyj Arsenal di Kyiv, hanno lanciato la loro prima birra ucraina artigianale. Si tratta di una Session IPA con luppolo Idaho 7 e Amarillo dal gusto fruttato (agrumi e frutti tropicali) e leggermente amarognolo.

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La IPA Session di Rebrew e Žadan i cobaky (Meridiano 13/Claudia Bettiol)

I musicisti hanno deciso di devolvere il ricavato della produzione alle attività di volontariato nell’est del paese con cui il gruppo è impegnato dal 2014. Residente a Charkiv, Serhij Žadan, è nativo di una cittadina della regione di Luhans’k, Starobil’s’k, ora sotto occupazione russa.

La Double NEIPA ha segnato invece la seconda collaborazione tra la band e il birrificio nel dicembre 2021: “una birra potente, forte, ricca di luppolo e con molte note di agrumi e un’amarezza moderata”, dichiara Žadan. La sua gradazione alcolica è dell’8%.

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Claudia Bettiol
Claudia Bettiol

Traduttrice e redattrice, la sua passione per l’est è nata ad Astrachan’, alle foci del Volga, grazie all’anno di scambio con Intercultura. Gli studi di slavistica all’Università di Udine e di Tartu l’hanno poi spinta ad approfondire le realtà oltrecortina, in particolare quella russa e quella ucraina. Vive a Kyiv dal 2017, collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso, MicroMega e Valigia Blu. Nel 2022 ha tradotto dall’ucraino il reportage “Mosaico Ucraino” di Olesja Jaremčuk, edito da Bottega Errante.