Come potrai immaginare, questo progetto ha dei costi, quindi puoi sostenerci economicamente con un bonifico alle coordinate che trovi qui di seguito. Ti garantiamo che i tuoi soldi verranno spesi solo per la crescita del progetto, per i costi tecnici e per la realizzazione di approfondimenti sempre più interessanti:

  • IBAN IT73P0548412500CC0561000940
  • Banca Civibank
  • Intestato a Meridiano 13

Puoi anche destinare il tuo 5x1000 a Meridiano 13 APS, inserendo il nostro codice fiscale nella tua dichiarazione dei redditi: 91102180931.

Dona con PayPal

Non solo respingimenti: la controversa deforestazione al confine lituano-bielorusso

Il recente abbattimento di alberi secolari lungo il confine lituano-bielorusso ha riportato sotto i riflettori la questione della gestione delle frontiere dell’Ue e dei respingimenti ai confini orientali. La decisione del Servizio di Guardia di Frontiera dello Stato lituano (VSAT) di procedere con il taglio netto di un tratto boschivo di cinque chilometri nel distretto di Lazdijai fino alla contea di Druskininkai, motivata con la necessità di migliorare la visibilità per garantire la sorveglianza della linea di confine, ha infatti suscitato l’indignazione dei residenti locali, che denunciano la distruzione di pini centenari e il potenziale danno ambientale al fiume Nemunas.

Il confine lituano-bielorusso: una frontiera sotto pressione

L’apparente questione ambientale va collocata nel più ampio quadro del deterioramento delle relazioni tra l’Unione Europea e la Belarus’, iniziato nel 2021 quando, come conseguenza della repressione interna dopo le contestate elezioni presidenziali del 2020 e, in particolare, dopo il dirottamento di un volo Ryanair nel maggio 2021 finalizzato all’arresto del giornalista dissidente Raman Pratasevič, l’Ue ha imposto sanzioni alla Belarus’.

In risposta, il regime bielorusso ha iniziato ad agevolare l’arrivo di migranti, provenienti principalmente dal Medio Oriente (Iraq, Siria, Afghanistan) e dall’Africa attraverso la concessione facilitata di visti turistici e l’organizzazione di voli verso Minsk (spesso tramite compagnie aeree controllate dallo stato o che collaboravano con il regime), con l’obiettivo di spingere queste persone a cercare di entrare in Unione Europea attraverso il confine terrestre orientale.

La strumentalizzazione di persone migranti da parte del regime bielorusso ha trasformato quello che era un tempo un confine relativamente calmo in una zona di alta tensione con gravi conseguenze umanitarie. La strategia di Aljaksandr Lukašenka ha infatti creato una situazione in cui migliaia di persone migranti si trovano intrappolate in una zona grigia tra due stati, spesso esposte a condizioni inumane e a respingimenti da parte delle guardie di frontiera europee (nello specifico di Polonia, Lituania e Lettonia) in violazione del principio internazionale del non-refoulement.

Nel 2021, il ministero dell’Interno della Lituania ha dichiarato tramite comunicato stampa che più di 4mila migranti erano entrati nel paese. Un aumento di 55 volte rispetto agli ingressi registrati nel 2020 e addirittura un aumento di 110 volte in confronto al 2019.

Di fronte a questo afflusso senza precedenti, il 3 agosto 2021 le autorità lituane hanno concesso alle guardie di frontiera il potere di respingere immediatamente le persone migranti che tentavano di attraversare il confine dalla Belarus’ in punti non autorizzati. Dal momento dell’entrata in vigore di questa misura fino al 31 dicembre 2021, un totale di 8.106 persone sono state respinte alle frontiere lituane.

Stando a quanto riportato dalla guardia di frontiera del paese baltico, dall’inizio del 2025 a oggi già 890 persone sono state respinte dalla Belarus’, rispetto ai 1.002 del 2024.

La Lituania ha speso oltre 200 milioni di euro tra il 2021 e il 2023 per contrastare l’afflusso di migranti (inclusa la costruzione di una barriera lungo gli oltre 500 km di frontiera, a costo di 150 milioni di euro), una cifra che ha portato Vilnius a decidere di intentare causa contro Minsk  presso la Corte Internazionale di Giustizia nel maggio scorso, accusando la Belarus’ di “agevolare il traffico di migranti su larga scala verso la Lituania” e chiedendo un risarcimento di 227 milioni di dollari.

confine lituano-bielorusso
La barriera al confine tra Lituania e Belarus’ (Wikicommons/Hugo.arg)

In risposta all’inasprimento della crisi, il governo lituano ha attivato lo stato d’emergenza e ha adottato misure sempre più controverse che hanno di fatto legalizzato i respingimenti alla frontiera e la detenzione di migranti irregolari, in violazione del diritto d’asilo. Tra queste misure c’è anche l’impiego di guardie di frontiera civili (il cui livello di preparazione lascia non poche perplessità) con poteri estesi, incluso l’uso della forza.

Decisioni che hanno attirato severe critiche da parte delle organizzazioni per i diritti umani e sono state oggetto di scrutinio da parte della Corte di Giustizia Europea, che ha stabilito come la negazione dell’accesso alle procedure di asilo durante stati d’emergenza costituisca una violazione del diritto comunitario.

Risvolti non solo ambientali in un ecosistema fragile

La regione frontaliera tra Lituania e Belarus’ è parte di un ecosistema forestale di particolare valore ecologico. L’area di confine lituano-bielorusso è caratterizzata da foreste umide e paludose, soggette a condizioni meteorologiche difficili e temperature gelide in inverno. Questo ambiente, già fragile, è ora sottoposto a ulteriori pressioni derivanti dalle misure di “sicurezza” europee.

La controversia sulla deforestazione rispecchia dinamiche simili a quanto accade al confine polacco-bielorusso, dove la costruzione di barriere ha interessato la foresta di Białowieża, patrimonio Unesco nonché uno degli ultimi esempi di foresta primordiale europea. La foresta di Białowieża ospita oltre 800 bisonti europei, i più pesanti mammiferi terrestri del continente, e la sua protezione ha innescato dibattiti accesi a livello europeo, concentrati più sulla libertà di movimento di questi animali che di quella degli esseri umani intrappolati e bloccati al confine.

Per approfondire la situazione sul confine polacco-bielorusso leggi: Un muro anti-migranti divide la Polonia dalla Belarus’

Anche in Lituania questa crisi ha una componente ambientale: secondo un residente del villaggio di Varviškė, gli alberi abbattuti hanno oltre 200 anni e la deforestazione potrebbe destabilizzare le rive sabbiose del fiume Nemunas. La larghezza della striscia disboscata, che raggiunge i 100 metri rispetto ai 13 metri ufficiali previsti, ha sollevato interrogativi sulla proporzionalità delle misure adottate.

Le autorità lituane difendono la necessità dell’operazione nella lotta contro contrabbandieri e migranti irregolari: Laura Jurgelevičiūtė, rappresentante del VSAT, ha spiegato che l’ampiezza della striscia disboscata dipende dalle circostanze specifiche del terreno, dalla presenza di corsi d’acqua e da altri fattori topografici. Tuttavia, l’assenza di parametri specifici predeterminati ha alimentato le critiche sulla mancanza di trasparenza del processo decisionale e il mancato coinvolgimento della popolazione locale.

Confine lituano-bielorusso (in rosso). Le regioni dove sono avvenute le deforestazioni sono segnate in celeste

L’operazione non è priva di complessità burocratiche e legali: la società locale Bush Hunter, che esegue i lavori con un contratto triennale senza compensi statali, ricava profitti dalla vendita del legname tagliato. Questo modello, descritto dal proprietario Mindaugas Baliukonis come “parzialmente caritatevole”, solleva dubbi sulla trasparenza degli appalti pubblici e sulla gestione delle risorse forestali nazionali.

La risposta del ministero dell’Ambiente lituano è stata duplice: pur confermando che non sono state rilevate violazioni significative, sottolineando che la sicurezza nazionale rimane prioritaria, il ministero ha preparato una proposta per vietare il taglio netto entro 20 chilometri dal confine nelle foreste superiori a 1,5 ettari, riconoscendo implicitamente le preoccupazioni ambientali nel tentativo di trovare un compromesso non solo verso la cittadinanza ma con ogni probabilità anche con l’Unione Europea (la distruzione di foreste secolari è ovviamente in contrasto con gli obiettivi del Green Deal europeo).

Diritti negati sul Baltico così come nel Mediterraneo

Nel frattempo, la situazione umanitaria delle persone migranti respinte o trattenute rimane critica.

Secondo un rapporto di Amnesty International di giugno 2022, le autorità lituane hanno sistematicamente violato i diritti dei richiedenti asilo, ricorrendo a respingimenti illegali e sottoponendo le persone trattenute nei centri di accoglienza a condizioni degradanti.

Il rapporto documenta testimonianze di migranti che riportano di “soldati che ci svegliano alle 6 del mattino, arrivano con i cani”, in un clima di intimidazione e controllo militarizzato che trasforma i centri di accoglienza in luoghi simili a carceri.

Solo l’azione legale dal basso sembra oggi poter riportare un minimo di giustizia in questa zona grigia ai margini dell’Europa: a marzo 2025, la Corte Amministrativa Suprema della Lituania ha accettato una class action intentata da 24 richiedenti asilo arbitrariamente detenuti dalle autorità lituane tra il 2021 e il 2022, aprendo la strada a possibili risarcimenti per chi ha subito detenzioni illegali e condizioni degradanti nei centri di accoglienza militarizzati.

Nel frattempo, nonostante le violazioni accertate dalla Corte di Giustizia Ue del 2022 e una interrogazione parlamentare lanciata nel 2023 da 8 eurodeputati di diversi gruppi politici (socialisti, verdi, sinistra, popolari), la Commissione non ha mai avviato procedure d’infrazione contro la Lituania, a dimostrazione della scarsa volontà politica di Bruxelles di far rispettare i diritti d’asilo ai propri confini sia di mare che di terra.

Condividi l'articolo!
Giulia Pilia
Giulia Pilia

Laureata in Scienze Politiche (Studi sull’Est Europa) e in Governance locale all’Università di Bologna, ha studiato e lavorato in Lituania, Slovenia e Ucraina, dove si è occupata di sicurezza e reti energetiche, comunità locali e IDP. Lavora nel campo dell’integrazione europea, sviluppo locale e osservazione elettorale.