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Croce e delizia di tutti coloro che, per motivi di studio, lavoro o semplice interesse personale, hanno deciso di imparare a saper leggere (e utilizzare) l’alfabeto cirillico è il passaggio dai caratteri in stampatello a quelli in corsivo. Al contrario dell’alfabeto latino, infatti, in cirillico non c’è molta differenza tra le lettere in stampatello maiuscolo e quelle in stampatello minuscolo, che sono sostanzialmente la replica in miniatura delle prime. Nella trasposizione in corsivo invece tutto diviene più complicato per quanto riguarda sia la scrittura che la lettura, in tutte le lingue che utilizzano questo alfabeto.
Se passando per la Bulgaria avete avuto l’occasione di sfogliare una rivista, un quotidiano, o anche semplicemente un volantino del supermercato per scoprire fino a che punto riuscivate a leggere e comprendere, è molto probabile che le letterine stampate in cui vi siete imbattuti vi abbiano fatto storcere un po’ gli occhi e ricordato la fatica del corsivo. Questo perché verso la fine degli anni Cinquanta un gruppo di artisti e docenti dell’Accademia Nazionale di Arte di Sofia (Natsionalna Chudožestvena Akademija, NChA) elaborano quella che viene definita l’ultima fase nello sviluppo del cirillico: una nuova versione di stampatello minuscolo basata sulla scrittura a mano.
Nel territorio dell’odierna Bulgaria fino al Nono secolo veniva utilizzato l’alfabeto greco onciale, composto da maiuscole rigorose e taglienti con grazie, caratterizzato cioè da allungamenti ortogonali alle estremità delle singole lettere. Nella seconda metà dello stesso secolo Cirillo e Metodio danno vita al glagolitico su richiesta del principe di Moravia, per poi diffonderlo in tutte le terre slave, creando un’apposita accademia a Ocrida (attuale Macedonia del Nord) e una a Preslav (attuale Bulgaria).
Trascorsi poco meno di cinquant’anni, viene attribuita a uno degli allievi di Cirillo, Clemente d’Ocrida, l’elaborazione dell’alfabeto cirillico basandosi proprio sui caratteri del greco onciale, ai quali aggiunge particolari segni affinché ricalchino i suoni dello slavo ecclesiastico antico (noto anche come antico bulgaro). Tra la fine del Nono e l’inizio del Decimo secolo nel territorio del paese balcanico venivano dunque utilizzati sia il glagolitico che il cirillico, e forse la presenza dell’alfabeto greco fino a poco prima è l’elemento che favorisce la diffusione e l’assimilazione del secondo rispetto al primo.
Il cirillico aveva intanto attecchito nella Rus’, mentre la caduta della Bulgaria sotto il giogo ottomano nel Quattordicesimo secolo ne ferma uso e sviluppo. Le sorti future del nuovo alfabeto sono in mano agli zar: nel Diciottesimo secolo il processo di europeizzazione della società russa portato avanti da Pietro I riforma il cirillico avvicinandolo alle maiuscole latine. Fanno così la loro comparsa i caratteri minuscoli, fino ad allora inesistenti, che però sono semplicemente una versione rimpicciolita dei caratteri maiuscoli. È lo stesso zar a decidere la veste grafica delle lettere, rimuovendo diacritici, alcune lettere, e dando precise indicazioni su quali forme usare e quali no, includendole nel decreto del 1710 che conclude la riforma. Nasce la cosiddetta “scrittura civile/civica (o più in generale laica)” (graždanskij šrift).
Nel secondo dopoguerra in Bulgaria avviene un ulteriore sviluppo del cirillico, sotto la guida di Vasil Jončev, artista e docente di tipografia presso la NChA di Sofia. Il modello di Jončev assimila un’altra peculiarità dell’alfabeto latino rimasta fino ad allora ignorata: la differenza sostanziale tra i caratteri maiuscoli e minuscoli di molte lettere. Riprendendo i tratti del corsivo, la versione in stampatello minuscolo del cirillico bulgaro assume una forma decisamente più allungata del cirillico russo (il quale nel frattempo aveva subito un’ulteriore riforma ortografica dopo la Rivoluzione d’Ottobre), che rende le lettere più facilmente distinguibili e di conseguenza leggibili. Nonostante ciò, pur essendo estremamente diffuso, l’uso di questa versione non è uniforme né ufficialmente riconosciuto a livello istituzionale nel paese balcanico.
Un valore identitario ancora ufficioso
Ciascuna delle due versioni ha le sue prerogative e i suoi svantaggi per quanto riguarda la riconoscibilità dei caratteri, la leggibilità, la densità e il suo valore identitario. È stato dimostrato che l’occhio umano non legge le lettere una a una, bensì dai tre ai quindici caratteri contemporaneamente, riconoscendo la forma dei segni e la silhouette dei termini. In base al grado di esperienza accumulato, il cervello ricorda svariate combinazioni di caratteri e contorni di parole. Esistono anche svariate ricerche sulla velocità con cui viene letto un testo redatto unicamente con caratteri latini maiuscoli rispetto a un testo battuto utilizzando sia maiuscole che minuscole. Tutti i risultati mostrano che nel primo caso la lettura rallenta dal 5 al 19%: questo perché le maiuscole latine hanno molti elementi simili tra loro, come l’altezza, la forma squadrata assimilabile a un rettangolo e la presenza di molte linee rette, orizzontali ma soprattutto verticali. I caratteri minuscoli del latino sono invece più differenti e presentano altezze e lunghezze diverse, rendendole più facilmente e velocemente distinguibili.
Di conseguenza, nel cirillico russo – che presenta una forte discontinuità tra i caratteri stampati e quelli in corsivo – solo il 20% delle lettere maiuscole ha una forma diversa in versione minuscola, mentre nel cirillico bulgaro la percentuale sale al 73,3% (22 caratteri su 30), la stessa dell’alfabeto latino (19 caratteri su 26). I testi scritti in questa variante godono di una maggiore leggibilità, perché le silhouette sono più variegate; oltre a essere una forma più matura esteticamente ha anche una maggiore efficacia visuale. Perché allora non ne è stato ufficializzato l’uso? Lo svantaggio principale del cirillico bulgaro è la minore densità: un testo battuto con questa versione è circa del 4% più lungo rispetto allo stesso testo composto con il cirillico russo. Questo perché la < t > minuscola bulgara è lunga quasi il doppio della versione russa. L’economia di carta è il motivo fondamentale per il quale moltissime case editrici in Bulgaria preferiscono utilizzare ancora il cirillico russo.
Ciononostante è innegabile lo spiccato valore identitario del cirillico bulgaro e la sua individualità, poiché è una forma concepita e sviluppata in Bulgaria che non è presente in nessun altro paese. Dal 2021 la giuria che attribuisce il riconoscimento al sito bulgaro dell’anno aggiunge punti bonus a chi utilizza il cirillico bulgaro per il proprio progetto in rete. A inizio 2022, durante il breve esecutivo guidato da Kiril Petkov, il ministro dell’e-government Božidar Božanov ha invece ufficialmente proposto l’introduzione del cirillico bulgaro nei siti degli organi di amministrazione pubblica. La caduta del governo, sfiduciato nel giugno dello stesso anno, ha però fermato la prima iniziativa di questo tipo a livello statale.
Traduttrice, interprete e scout letterario. S'interessa di storia e cultura est-europea, in particolar modo bulgara. Ha vissuto e studiato in Russia (Arcangelo), Croazia (Zagabria) e soprattutto Bulgaria, specializzandosi all'Università di Sofia “San Clemente di Ocrida”. Tra le collaborazioni passate e presenti East Journal, Est/ranei, le riviste bulgare Literaturen Vestnik e Toest, e l'Istituto Italiano di Cultura di Sofia. Nel 2023 è stata finalista del premio Peroto per la migliore traduzione dal bulgaro in lingua straniera e nel 2024 vincitrice del premio Polski Kot.