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La guida per cominciare a capire i Balcani orientali

di Paolo Sorbello*

balcani orientali

Non è un caso che i titoli della collana “metamorfosi” della casa editrice Bottega Errante siano declinati all’infinito. “Capire…” è un incipit che fa – per l’appunto – capire come quello di studiare luoghi, lingue e culture sia un lavoro infinito e cangiante. Nel suo volume sui Balcani orientali, il ricercatore Gian Marco Moisé aiuta il lettore a orientarsi in un groviglio di punti interrogativi e storie che si intersecano.

Capire i Balcani orientali comincia con un’introduzione che subito pone la questione sull’esistenza stessa del toponimo e della sua adeguatezza, innanzitutto geografica. Le schede paese che seguono sono un’importante fotografia sull’oggi di Bulgaria, Repubblica di Moldova e Romania.

Moisé propone altre importanti istantanee della storia dei tre paesi e dei popoli, con mappe dettagliate che aiutano a capire come i confini si siano spostati, senza necessariamente provocare lo spostamento delle persone che abitavano quelle terre. Ciò ha creato una asincronia tra le varie etnie e i territori che queste calpestavano. A questo proposito, continuando con la metafora fotografica, Moisé ci propone una raffinata definizione di etnia:

Possiamo pensare a un’etnia come a un fotogramma a bassa risoluzione di un popolo in un dato momento. Tuttavia, un fotogramma non è che una tra le varie unità che compongono la sequenza video-storica

Basta un piccolo spostamento nel tempo perché il fotogramma appaia diverso. D’altra parte, “il popolo è in continuo movimento”.

È importante sottolineare la cura con cui Moisé aggiunge delle importanti premesse alla sua narrazione, non dando per scontato il significato di alcune tra le parole e i concetti più controversi. Invece di usare tinte forti e un linguaggio divisivo, Moisé spiega, con la pacatezza che lo contraddistingue anche nei suoi video divulgativi sul canale YouTube Understanding Politics, che ci sono diverse accezioni e che è importante utilizzare i termini più adeguati, ma senza dimenticare la loro origine.

Brașov, Romania (Meridiano13/Loredana Gamurari)

Etnie, lingue, nazioni dei Balcani occidentali

Tra i nomi delle etnie e quelli degli stati sovrani che regnarono su queste, si mischiarono infatti dinamiche demografiche ed economiche rilevanti per il futuro di popoli e lingue, sia nella loro accezione de jure, sia nella realtà dei fatti.

Destini storici diversi hanno infatti avuto influenze divergenti su lingue essenzialmente identiche, quali il rumeno e il moldavo. Il racconto del siparietto a Iași tra Nanu Kolia e avventori rumeni illustra quanto le eredità storiche abbiano avuto influenze linguistiche. Questo accade soprattutto in Moldova, con differenze allo stesso tempo piccole ed enormi tra la Repubblica di Moldova e la de facto Repubblica Moldava di Pridniestrov (anche definita Transnistria), viste le diverse inclinazioni verso l’ex dominio sovietico e l’influenza più recente dell’Unione Europea.

Orhei Vechi, Repubblica di Moldova (Meridiano13/Loredana Gamurari)

Un’altra precisazione-chiave Moisé la introduce nel capitolo dedicato alla storia della regione. Visto l’uso frequente della parola “nazione” sia in questo volume, sia in altri testi sul tema, impone una riflessione su cosa (non) sia una nazione: non è un gruppo etnico, non è uno stato e non è cittadinanza. Qui, come in altri passaggi, Moisé ci ricorda che ogni definizione singolare di questi concetti astratti denota un abbandono della cosiddetta “neutralità politica”. L’idea di nazione in questa regione, comunque, fu fortemente influenzata dal discorso intellettuale ottocentesco europeo, anche per la formazione di molti dei pensatori locali, con inserti di cultura politica imperiale (asburgica, ottomana e russa).

Come spesso accade, all’interno di stati che mirano a diventare “stati-nazione”, le minoranze subiscono le decisioni di leader che parlano lingue diverse, professano religioni diverse e difendono interessi altrui. Per esempio, il ricercatore descrive come “negli anni Settanta i pomak, una minoranza bulgara di religione musulmana, furono obbligati a prendere nomi slavi e chi resistette venne internato nei campi di lavoro di Belene”.

Il terzo capitolo è una guida attraverso la transizione post-comunista di questi paesi e dei variabili allineamenti geopolitici che seguirono negli anni Novanta e Duemila, fino ai giorni nostri; è da notare che alcuni degli aggiornamenti sono datati solo settimane prima della fine della stampa del libro.

Il “rigetto dell’ideologia comunista”, secondo Moisé, ha tracciato la politica interna dei Balcani orientali. Tuttavia, come l’autore ammonisce, “rigetto non significa fine o scomparsa”. Né l’unico, né il migliore dei mondi possibili, il populismo dilagante nella regione è stato frutto di scelte politiche ben chiare volte a facilitare investimenti stranieri e allentare la pressione demografica. Questi populismi, benché diversi tra loro, mantengono la propria ragion d’essere a causa del perdurare di “istituzioni corrotte da oligarchi che ne hanno preso il controllo”. 

Nel capitolo successivo, infatti, si parla di economia attraverso le lenti delle migrazioni, dell’informalità e della corruzione, tutte caratteristiche strutturali che sembrano fiorire a causa delle disuguaglianze interne e regionali. Gli aneddoti su alcuni degli scandali di corruzione più eclatanti nella regione sarebbero da scritturare, anzi grazie a Moisé scopriamo che lo sono già stati come riporta nella lista dei “film per approfondire” in calce al capitolo.

L’autore affronta forse il tema più difficile da mettere nero su bianco in poche pagine: “realia”, un mix che racchiude letteratura, cinema e musica. Nell’ambito del turismo delle capitali, è interessante come Moisé ci faccia navigare attraverso il cocktail ottocentesco, comunista e contemporaneo che compone il centro di queste città, sia a livello architettonico, sia a livello simbolico. Le importanti espressioni artistiche nel cinema, riportate in dettaglio, sovrastano di molte spanne la superficialità della scena musicale nella regione, svuotata da riflessioni politiche o linguistiche. La sapiente rassegna ci aiuta quindi a intercettare le tendenze più interessanti (soprattutto folkloristiche e femminili) nell’oceano di musica “pop”.

Nel suo essere infinito, il volume non ha una conclusione dedicata e invece continua con una postfazione dell’artista e intellettuale natio della città bulgara di Plovdiv, Moni Ovadia, che è conosciuto in Italia per il suo attivismo per tenere viva la memoria della Shoah e per i diritti dei palestinesi. Ovadia, la cui famiglia è di ascendenza ebraica sefardita, parla della sua esperienza al crocevia dei Balcani orientali, sia pratica, sia artistica e delle commistioni o “incontri” che lo hanno arricchito.

Plovdiv, Bulgaria (Meridiano13/Loredana Gamurari)

Il volume si chiude con tre interviste che danno ancora più vita al volume. Dalle conversazioni con Jana Jakovleva dell’Istituto bulgaro di cultura di Roma, Emanuel Modoc dell’Istituto di linguistica e storia letteraria Sextil Pușcariu, e Svetlana Moțpan, traduttrice per l’Istituto italiano di cultura di Chișinău si può capire ancora meglio quanto sia intricato e difficile affrontare in un volume temi geografici, demografici, economici e culturali su una regione tanto piccola quanto variegata.

Temi e spunti per capire i Balcani orientali

Il volume è di facile lettura, grazie a un linguaggio semplice e mai banale, che permette di affrontare temi difficili in poche righe. L’editing è magistrale, visti i diversi alfabeti usati e le variegate trascrizioni. Moisé riesce nell’arduo compito di rendere piacevole la complessità. Finito il libro non si pensa di avere capito tutto, al contrario viene voglia di indagare più a fondo e farsi altre domande.

L’acume del ricercatore è presente in ogni pagina del volume, anche nelle note a piè di pagina. Un esempio è la riflessione dove spiega come il principio della stabilità dei governi sia “un feticcio che non ha un valore positivo intrinseco”. Nei passaggi successivi, infatti, si illustra come i primi anni post-indipendenza siano stati caratterizzati da una rapida alternanza di governi: otto in Romania e Bulgaria tra 1989 e 2001, sette nella Repubblica di Moldova tra il 1991 e il 2001. Se queste cifre ci sembrano elevate, basti pensare che tra il 1989 e il 2001 in Italia si sono alternati sette governi. Un passaggio fondamentale in cui Moisé sottolinea come l’exceptionalism della regione sia un falso mito è quello che tratta il tema della corruzione. L’autore infatti ci invita a riflettere su come “l’economia sommersa italiana e quella rumena sono equivalenti in termini relativi”. 

Tra i pochi appunti e suggerimenti per prossimi spunti, forse la “cronologia essenziale” a inizio volume andrebbe ripetuta in maniera tematica anche all’inizio o alla fine di ogni capitolo, per aiutare il lettore a navigare le date-chiave in ogni contesto. Dal punto di vista dell’economia, è forse poco sviluppato il tema della tassazione, il cui modello cambiò radicalmente post-1989-91. Allo stesso modo, sarebbe stato utile intercettare le tendenze di continuità criminale tra il periodo comunista e gli ultimi tre decenni.

Su questi temi specifici, tuttavia, Moisé riesce a fornirci una serie infinita di spunti bibliografici multimediali con cui approfondire ciascun tema. Sta al lettore compilare la propria lista e continuare il viaggio alla ricerca delle risposte sulle innumerevoli domande che una regione così complessa inevitabilmente provoca.


Capire i balcani orientali, di Gian Marco Moisé, Bottega Errante Edizioni, 2023

*Paolo Sorbello è giornalista e ricercatore, redattore di Vlast.kz ad Almaty, Kazakhstan.

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