di Michela Quercetti*
Della diaspora ucraina in Canada non si sa molto in Italia. Ciò che però sappiamo è che l’Italia è un paese con una lunga ed importante storia d’emigrazione, e che molti italiani (soprattutto nel secondo dopoguerra) emigrarono in Canada. Dobbiamo perciò considerare l’emigrazione ucraina e quella italiana di quegli anni come due fenomeni che si incrociano storicamente e culturalmente, e che hanno contribuito a rendere il Canada un mosaico culturale. Basti pensare che sia italiani che ucraini venivano impiegati nei settori della costruzione, industria leggera, ferrovie, miniere e agricoltura, e il lavoro diventava sede di scambio tra le comunità.
La discriminazione dai gruppi più influenti, quali gli inglesi e i francesi, era una condizione giornaliera sia di italiani che di ucraini e, come sottolinea la storica italo-canadese Franca Iacovetta nel suo Such Hardworking People: Italian Immigrants in Post-War Toronto, è proprio la condizione svantaggiata che spesso avvicinava gli emigrati, come nel caso delle casalinghe italiane e ucraine che si riunivano e stringevano legami sullo sfondo delle “neighborhood” di Toronto.
Seppur l’Ucraina sia, purtroppo, ancora uno dei principali argomenti di attualità, un focus sulla diaspora in Canada è utile non solo ad aggiungere un tassello a ciò che ogni giorno leggiamo sul paese, ma anche perché l’interazione di queste comunità oltreoceano scrive a più mani una storia condivisa di esperienze migratorie, lotte per i diritti e vite di tutti i giorni.
Entrando più nello specifico del fenomeno della diaspora ucraina in Canada, nel 2023 diversi media di approfondimento italiani, quali Valigia Blu e Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa, ma anche giornali di ampio respiro come La Repubblica e il Post, ci hanno raccontato che, in occasione della visita del presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj a Ottawa, il Parlamento ha invitato e calorosamente applaudito Jaroslav Hunka, un veterano ucraino ed ex collaborazionista nazista, membro della 14esima divisione volontaria granatieri delle Waffen-SS, rifugiatosi in Canada dopo la fine della Seconda guerra mondiale.
Il motivo dietro l’invito di Hunka in Parlamento, secondo l’ex portavoce della Camera dei comuni Anthony Rota, dimissionario a seguito della vicenda, era quello di dare rilevanza a una figura che “ha combattuto per l’indipendenza ucraina contro gli aggressori russi allora, e che continua a supportare le truppe oggi”.
L’entusiasmo con cui Hunka è stato accolto ha infastidito le comunità e istituzioni ebraiche sia nazionali che internazionali, e non ha risparmiato nemmeno le critiche di politici canadesi. In sede di scuse e cercando di contrastare anche le aspre condanne ricevute dal suo medesimo partito, Rota dichiara di non essersi preventivamente informato a sufficienza sulla figura di Hunka.
Tuttavia, per la linea argomentativa di questo articolo, è importante tenere a mente il fatto dell’emigrazione di Hunka in Canada, che è un esempio che ci fa notare, tra le varie cose, l’esistenza della rotta migratoria tra Ucraina e Canada, attiva tanto storicamente e specialmente nel secondo dopoguerra, quanto nel contesto attuale dell’invasione.
Per approfondire, leggi gli altri nostri articoli sull’Ucraina
Le origini della diaspora ucraina
Secondo l’ultimo censimento nazionale del governo canadese, condotto nel 2021, quasi 1.3 milioni di abitanti dichiarano origini ucraine, formando così la seconda comunità ucraina all’estero più numerosa dopo la Russia. Ma se si parla di diaspora bisogna fare attenzione alla peculiarità del fenomeno, e il primo passo è non considerare il termine “diaspora” come mero sinonimo di comunità etnica e transnazionale. Dal punto di vista sociologico, è semplicistico pensare alla diaspora in termini numerici, o come evidente spostamento di persone da un paese a un altro, e lo è anche pensare che più un gruppo sia numeroso, più sia influente dal punto di vista politico.
Il fenomeno della diaspora, come illustra il sociologo americano Roger Brubaker, si riferisce ad una realtà in cui l’esperienza di sradicamento si intreccia con il processo di radicamento nel luogo nuovo. Per cui, l’identità diasporica delle persone ucraine che hanno raggiunto e raggiungono il Canada viene conservata nella sua dimensione ucraina per facilitare la sopravvivenza dei singoli nella nuova terra, e allo stesso tempo viene influenzata dall’ambiente socioculturale circostante.
Questa reciprocità è possibile perché chi è diaspora non rimane alienato nelle e dalle società con cui si relaziona, nonostante le comunità italiane e ucraine in Canada abbiano subito forti discriminazioni e ostilità da parte della maggioranza.
Ciò che rende quindi la diaspora diversa da una comunità transnazionale generica è che va compresa come un attore sociale e transnazionale – sia negativo che positivo – in continua evoluzione, dove legami emotivi, oltre che materiali, vengono stabiliti e riadattati a seconda del contesto spazio-temporale.
In questo caso specifico, chi è diaspora crea e coltiva legami sia con l’Ucraina che col Canada. Una connessione emotiva a più direzioni è la ragione per cui la diaspora ucraina si mobilita in Canada in supporto all’Ucraina, e ci spiega perché la diaspora gioca un ruolo fondamentale, spesso parallelo e perpendicolare alle politiche estere dei due paesi. La diaspora si attiva per il sostegno dell’Ucraina perché è consapevole che il Canada può accogliere le sue richieste, viste la posizione politica e la sua storica rilevanza. Va detto inoltre che se il Canada sostiene la mobilitazione della diaspora ucraina è per via di un allineamento delle prospettive politiche tra diaspora e politica estera del Canada.
Gli influssi migratori dall’Ucraina – o dai territori storici che disegnano il paese odierno – sono iniziati nell’ultimo decennio dell’Ottocento. Gli arrivi continuano a più riprese durante il XX secolo, dopo il 1991, e fino al giorno d’oggi per via dell’aggressione ingiustificata da parte della Federazione Russa.
Lo scambio d’opinioni con gli emigrati del primo dopoguerra, che presero parte ai moti rivoluzionari ucraini tra il 1917 e il 1920, ha influito sulla politica ucraino-canadese esistente, alterandone consistentemente il focus: dalla metà degli anni Venti, gli ucraini del Canada iniziarono a mobilitarsi “da lontano”, chiedendo al governo canadese il riconoscimento dell’indipendenza della Repubblica nazionale ucraina.
Ciò che emerge da questo quadro è che gli ucraini, che soffrivano determinate imposizioni da una società capitalistica, bilingue e biculturale e che si mobilitavano per migliorare le proprie condizioni socio-lavorative, riorientarono la loro politica e il loro attivismo a sostegno della lontana Ucraina grazie al contatto con nazionalisti, funzionari politici e con intellettuali ucraini approdati oltreoceano. Questi ultimi, infatti, dopo essere scappati dal regime sovietico che li voleva “in patria”, portarono in Canada le storie dall’Ucraina, raccontarono delle loro lotte, degli ideali nazionali e di quanto fosse giusto avere uno stato sovrano.
Questi discorsi fecero presa su diversi ucraini in Canada, molti dei quali non erano nemmeno mai stati in Ucraina, coinvolgendosi emotivamente. Per cui, al loro attivismo politico, aggiunsero una dimensione nazionalistica e “transnazionale”, cioè che trascende i confini territoriali e si immerge in un contesto completamente diverso, quello di una Ucraina divisa tra Unione Sovietica, Polonia, Cecoslovacchia e Romania.
Il legame con l’Ucraina, quindi, iniziò a diventare anche politico, oltre che culturale ed economico, e la mobilitazione di questi “nazionalisti da distante” mirava a creare un dialogo con il governo canadese sulla questione ucraina, con lo scopo di aiutare l’Ucraina ad ottenere sovranità e indipendenza per vie diplomatiche.
Con la terza ondata migratoria registrata dopo la Seconda guerra mondiale, più nazionalisti ucraini raggiunsero il Canada, intensificando il movimento nazionalista ucraino canadese preesistente e silenziando pian piano l’ala socialista della diaspora.
Il Congresso Ucraino Canadese e la sua evoluzione
Nel 1941 viene fondato il Congresso Ucraino Canadese (CUC), l’organizzazione ombrello che rappresentava l’ala liberal-nazionalista della diaspora. Da dopo la Seconda guerra mondiale l’organizzazione diventa a tutti gli effetti transnazionale, provvedendo a sostenere la lotta dell’Ucraina per l’indipendenza da lontano.
Il potenziale politico di questa organizzazione era tutt’altro che minimo: infatti, il regime sovietico era a conoscenza della sua esistenza e la tacciò di antisovietismo, cercando di capitalizzare sui sentimenti degli ucraini canadesi che simpatizzavano per il regime sovietico.
Oggi il CUC ricopre ancora questo ruolo di rappresentanza e si impegna per il mantenimento della cultura, lingua e storia ucraine in Canada.
Fondamentale, per esempio, fu il ruolo di advocacy che ebbe nel 1991 per la costruzione dell’ambasciata ucraina in Canada, o nell’invio di 500 osservatori per le seconde elezioni del 2004.
Nel 2014 il CUC adotta strategie più permeanti e comprensive, e le proteste chiedevano l’immediato ritiro delle truppe russe dai territori ucraini. Si può affermare che le varie iniziative adottate dal CUC da marzo 2022 erano già state sviluppate nel 2014. Infatti, dallo scoppio dell’aggressione su larga scala, il CUC si è impegnata in attivismo umanitario in Ucraina con l’invio di medici e infermieri sul posto e con l’organizzazione di raccolte fondi per aiutare civili feriti e sfollati interni in Ucraina.
Ma l’attività principale del CUC è quella che storicamente l’ha caratterizzata, ovvero di influenzare il governo canadese con proteste e commemorazioni, ma anche con mobilitazione digitale come le campagne di letter-sending, per far sì che l’Ucraina sia sempre tra le prime priorità della politica estera canadese.
Il CUC, quindi, passa da essere principalmente il rappresentante della comunità ucraina canadese a sostenere l’Ucraina in prima linea, con lo scopo di avanzare una narrazione in cui una Ucraina indipendente è fonte necessaria per la sicurezza euroatlantica.
La regione dell’Alberta: tra speranza e fatica, il Congresso crea le proprie vie di sostegno
È importante portare alla luce le dinamiche regionali perché, considerando lo sfondo storico-politico nazionali canadesi, gli attori provinciali ricoprono spesso ruoli assai fondamentali e determinanti. Si dimostra essere così infatti anche nei contesti di pendenti situazioni geopolitiche e umanitarie.
Durante il mio periodo di ricerca per tesi a Edmonton, ho avuto l’occasione di conoscere la presidente di CUC Alberta e CUC Edmonton, Orysia Boychuk. Boychuk ci offre un focus su come il CUC affronta il fenomeno dell’immigrazione ucraina in Canada, e anche su come la diaspora stia reagendo all’invasione dell’Ucraina. Segue un estratto dell’intervista, registrata a ottobre 2024.
Come il Congresso Ucraino Canadese ha risposto all’attacco di febbraio 2022 e com’è lo stato delle cose ora?
Il CUC Alberta si assicura che tutti i bisogni degli sfollati che arrivano in Canada vengano soddisfatti, e ci attiviamo continuamente in discussioni e dibattiti relativi ai cambiamenti e riadattamenti delle persone.
Ci siamo attivati da marzo 2022 e nell’arco di una notte abbiamo rivisto tutte le nostre priorità. Abbiamo subito accolto lo status di emergenza, e ci impegniamo nell’attività di sostegno, promozione e difesa di chi arriva in Canada. Abbiamo assicurato loro cibo e beni di prima necessità al loro arrivo, e che avessero un luogo in cui dormire senza intaccare la loro già fragile condizione finanziaria.
Il governo federale ci ha aiutato in questo, anche se limitatamente. Difatti concedeva ai nuovi arrivati due settimane gratuite di pernottamento in alberghi e noi ci siamo mobilitati per far aggiungere altre due settimane: qualcuno più fortunato riusciva a sistemarsi nell’arco di paio di settimane [dove sistemarsi significa trovare un lavoro e una casa per sé e per la sua famiglia, trovare una scuola per i bambini]; altri, invece, hanno avuto bisogno di più tempo. Fortunatamente siamo riusciti ad ottenere due settimane aggiuntive. Inoltre, ci siamo candidati per ricevere dal governo [regionale] fondi per organizzare corsi di inglese e li abbiamo ricevuti.
Infatti, i nuovi arrivati, entrando in Canada non come rifugiati ma come lavoratori temporanei, hanno bisogno di lavorare appena mettono piede sul suolo canadese, e per essere idonei devono sapere l’inglese, che è la lingua principale.
Cosa è emerso sin dall’inizio dalle nostre osservazioni è che la lingua inglese come seconda lingua era un problema per tante persone, a continua ad esserlo. Anche questi fondi, però, erano molto limitati. Ciò che stiamo facendo ora è incrementare la disponibilità di questi corsi di lingua chiedendo alla comunità ucraina di aiutarci a trovare più persone possibili affinché questi corsi possano essere organizzati e gli sfollati possano diventare idonei al lavoro in Canada. Inoltre, ci siamo mobilitati affinché queste persone avessero un’assicurazione sanitaria almeno basilare per due anni.
L’assistenza psicologica anche era inclusa tra questi aiuti?
No, forse giusto un po’. Il CUC ha fatto e sta facendo molto volontariato creando dei gruppi di supporto guidati da psicologi che risiedono in Ucraina. Chiaramente, gli sfollati possono rivolgersi solo a noi, specialmente non conoscendo l’inglese. Il problema è che l’aiuto psicologico non sembra essere una priorità per il governo.
Ad oggi, settembre 2024, come considera la situazione? Continua a vedere la partecipazione dei singoli al sostegno dell’Ucraina, o sta notando una diminuzione di interesse a livello generale?
Se compariamo oggi a marzo 2022 possiamo assolutamente notare un calo in termini di impegno per i rifugiati. Penso che sia indice di stanchezza tra le persone, e il bisogno sempre di aggiornarsi per cercare di prestare al meglio il nostro aiuto. Se prima della guerra c’era una sorta di status quo nel fatto della leadership, ora c’è necessità di un cambio, e questo cambio lo facciamo noi.
L’invasione ci ha influenzato enormemente, perché i nostri ruoli e le nostre prospettive sono cambiate nell’arco di una sola notte, e il flusso di persone che arrivava qua non ha fatto altro che velocizzare questa transizione. Anche ora che il flusso è rallentato, rimane ancora il bisogno di una nuova leadership per comprendere come impegnarci e attivarci nella realtà post-invasione ma non a scontro finito. Stiamo cercando di capirlo, e intanto vedo che molti hanno mollato la presa, altri invece sono con noi dall’inizio. C’è bisogno di chi è in grado di non lasciarsi spaventare da un tempo che corre, e dal costante cambiamento che porta con sé.
Solo un’ultima domanda: puoi menzionare un ostacolo che stai riscontrando ora e invece una cosa positiva che è nata da tutto questo?
Come ostacolo direi i soldi. I soldi sono finiti e per questo non riusciamo ad essere sul pezzo come prima. La cosa positiva sono alcune persone, anche diversi giovani, che arrivano in Canada e hanno voglia di impegnarsi con noi, che cercano una connessione con la comunità stabilita. Cercano modi per essere coinvolti e per diventare parte integrante di questa comunità. Sono parte del processo, una vera risorsa per la comunità e noi vogliamo ascoltarli. Io vedo già dei leader potenziali, e questo risolleva un po’ il morale perché in tutta questa tristezza e catastrofe, riusciamo a sperare insieme in un futuro più giusto.
Per concludere, la dimensione transnazionale dell’attivismo della diaspora non risiede solamente nella “ovvietà” di aiutare le persone affette dalla guerra, o nell’impegno costante di fornire aiuti all’Ucraina grazie alla capacità di influenzare la politica estera canadese, ma anche quella di creare una sorta di “movimento a boomerang” tra diaspora in Canada, Ucraina e la sua società civile.
Ciò che arriva dall’Ucraina dal 2022 aiuta la diaspora ad evolvere, e data l’identità ibrida di chi è diaspora, l’esperienza in Canada potrà potenzialmente ritornare in Ucraina e generare nuove realtà locali permeate dalle realtà oltreoceano.
*Michela Quercetti è laureata al MIREES (East European and Eurasian Studies, Università di Bologna). Si interessa di storia, società civile e diaspore dell’area post-sovietica. Ha vissuto sei mesi a Kaunas, in Canada e ora si trova a Tartu.