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“Usiamo la narrativa, il teatro e la poesia per parlare del genocidio”. Ivica Đikić e la nuova edizione di “Metodo Srebrenica”

Il 28 giugno 2025 la casa editrice friulana Bottega Errante ha reso disponibile la nuova edizione di Metodo Srebrenica dell’autore bosniaco-croato Ivica Đikić. Rispetto alla prima uscita, questa nuova versione contiene diversi approfondimenti e porta alla luce nuovi aspetti che riguardano una delle più grandi tragedie del secolo scorso, il genocidio di Srebrenica.

In vista del trentennale anniversario, a distanza di tre anni dalla prima intervista, abbiamo nuovamente raggiunto l’autore per parlare con lui di questo aggiornamento del suo lavoro e della situazione attuale nei Balcani rispetto ai fatti del luglio del 1992.

Leggi anche la prima intervista a Ivica Đikić: “Ancora non sono riuscito a capire il perché di Srebrenica”

Nella nota alla nuova edizione si legge: “Importante era il desiderio di proteggere in qualche modo Ljubiša Beara dalla narrazione che, dopo la sua morte nel 2017, si sta trasformando in una sorta di verità serba semi-ufficiale sul genocidio di Srebrenica: secondo questo costrutto, Beara è l’unico colpevole”. In quest’ottica, sceglieresti di nuovo il titolo Beara per la tua opera, come nella versione croata, o preferiresti un titolo simile alla versione italiana, come Metodo Srebrenica, che in qualche modo apra l’argomento in modo più ampio?

Hai assolutamente ragione: il titolo Metodo Srebrenica è più ampio, più esaustivo e per certi versi più accurato parlando del genocidio di Srebrenica, ma d’altro canto, il titolo Beara – che è rimasto nella nuova edizione croata – richiama l’attenzione sul ruolo di uno o più individui nell’assassinio di circa 8mila soldati e civili bosniaci prigionieri durante i quattro giorni del luglio 1995.

L’esercito serbo-bosniaco nell’estate del 1995 non disponeva di un’industria di morte organizzata come quella dei nazisti. Tutto dipendeva dalla volontà di singole persone di consegnarsi al male, e il colonnello Ljubiša Beara, capo della Direzione per la Sicurezza dello Stato Maggiore dell’Esercito della Republika Srpska, era operativamente il più importante di queste persone. Costruì una vera e propria fabbrica della morte.

Memoriale di Srebrenica (Meridiano 13/Gianni Galleri)
Una domanda che può sembrare retorica, ma non lo è. Questa nuova versione aggiunge ulteriori dettagli alla storia. A tuo avviso, c’è ancora molto da scoprire sulla questione di Srebrenica? Cosa manca? E a questo proposito, perché ritieni che non sia stato prodotto nulla di significativo su Srebrenica e hai un’idea del perché ciò sia accaduto?

Non ricordo di aver mai detto che non fosse stato scritto nulla di significativo su Srebrenica, e se l’ho fatto, non dicevo la verità. Oggi esiste un numero relativamente consistente di libri e altre opere d’arte pertinenti al tema di Srebrenica, ma – a mio avviso – c’è anche un ampio spazio per la creazione letteraria su Srebrenica al di fuori del contesto documentario e testimoniale, ovvero nell’ambito della narrativa, del teatro e della poesia.

Il mio libro è stato scritto in parte per rendere più facile ad altri scrittori impegnarsi coraggiosamente nella narrativa e nella riflessione sul tema di Srebrenica, perché la mia immaginazione artistica era troppo debole nell’affrontare la realtà del male. Ciò che mi manca profondamente è che gli scrittori e gli artisti serbi in generale inizino a comprendere che Srebrenica è uno dei temi serbi più importanti, proprio come Jasenovac è uno dei temi croati più importanti. E questo non cambierà. Non mi viene in mente di suggerire cosa si dovrebbe scrivere: noto semplicemente che c’è qualcosa di inquietante nell’evitare sistematicamente argomenti così ampi e importanti.

Molto è stato scritto su Srebrenica, eppure Beara/Metodo Srebrenica è considerato (sicuramente in Italia) il libro più rappresentativo e completo. In che modo il suo lavoro si differenzia dalle altre narrazioni sul genocidio?

Innanzitutto, grazie per il complimento, ma ripeto che ci sono molti altri libri eccellenti sul genocidio di Srebrenica. Il mio libro è diverso dalla maggior parte degli altri perché non è la testimonianza di qualcuno sopravvissuto a Srebrenica o che ha perso una persona cara nel genocidio. Ho scritto degli assassini e ho cercato di comprendere il meccanismo del genocidio e un crimine di proporzioni quasi surreali attraverso mezzi romanzeschi, attenendomi a documenti e fatti accertati giudiziariamente.

Ho scritto della tecnica del genocidio, di come sia possibile uccidere e seppellire 8mila persone in quattro giorni, con la speranza che da questo “come” emerga anche la risposta alla domanda: “perché”? Inoltre, la forma stessa del romanzo documentario non è generalmente comune, quindi anche questo è uno degli elementi che distingue il mio libro da altre opere su Srebrenica.

Dalla prima edizione, pensi che sia cambiata e, in caso affermativo, come è cambiata la percezione del genocidio in Bosnia?

Quasi nulla è cambiato nella percezione del genocidio né in Bosnia Erzegovina né nel resto della regione: Srebrenica è percepita come una tragedia per i bosniaci, ovvero i bosniaci percepiscono Srebrenica come la loro tragedia, mentre i serbi relativizzano o negano il genocidio, o chiudono un occhio sulla verità a riguardo.

A livello internazionale, il fatto che lo scorso anno le Nazioni Unite abbiano adottato una risoluzione che dichiarava l’11 luglio “Giornata internazionale della memoria del genocidio di Srebrenica” è significativo, ma non mi pare che finora ciò abbia portato a una particolare sensibilizzazione dell’opinione pubblica internazionale. Dopotutto, il mondo intero è stato testimone per mesi degli orribili crimini israeliani contro i palestinesi a Gaza e non ha fatto praticamente nulla per fermare le uccisioni. Ciò significa che il mondo non ha imparato nulla da ciò che è accaduto trent’anni fa a Srebrenica.

In un’intervista di tre anni fa hai affermato che i croati “si comportano come se Srebrenica li riguardasse solo incidentalmente. Non percepiscono Srebrenica come la loro tragedia”. È cambiato qualcosa?

No, nulla è cambiato. I rappresentanti politici croati, sia in Bosnia Erzegovina che in Croazia, si soffermano su formali espressioni di solidarietà per i bosniaci e su occasionali condanne del genocidio, ma non c’è la consapevolezza che Srebrenica ci riguarda tutti, che è una sconfitta dell’umanità e dell’ordine internazionale, e non solo una tragedia del popolo bosniaco.

Metodo Srebrenica
Mostra all’interno della Base Onu di Srebrenica (Meridiano 13/Gianni Galleri)
Anche a seguito delle proteste che si svolgono in Serbia da sette mesi e che stanno mettendo in discussione anche alcuni assiomi che fino a poco tempo fa sembravano incrollabili, secondo te è possibile che la vicenda di Srebrenica entri nel dibattito pubblico serbo in modo diverso da quanto avvenuto finora?

Purtroppo, se escludiamo alcune organizzazioni non governative e singoli individui che agiscono pubblicamente, non vedo nella società serba e tra i serbi in Bosnia Erzegovina nemmeno un segno di un atteggiamento diverso, ovvero più onesto e autocritico, nei confronti del genocidio di Srebrenica.

Non sono ottimista sul fatto che la situazione cambierà nel prossimo futuro, perché la corrente dominante dell’élite politica, intellettuale ed ecclesiastica serba è ossessionata dal mettere in discussione la qualifica giuridica di genocidio. Tale qualifica è meno importante dei fatti e della verità su Srebrenica, e insistere a chiedersi se si sia trattato o meno di genocidio serve solo a evitare di parlare dei fatti.


Metodo Srebrenica di Ivica Đikić, traduzione di Silvio Ferrari e Marijana Puljić, Bottega Errante Edizioni, 2025 (prima edizione 2020)
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Gianni Galleri
Gianni Galleri

Autore dei libri “Questo è il mio posto” e “Curva Est” - di cui anima l’omonima pagina Facebook - (Urbone Publishing), "Predrag difende Sarajevo" (Garrincha edizioni) e "Balkan Football Club" (Bottega Errante Edizioni), e dei podcast “Lokomotiv” e “Conference Call”. Fra le sue collaborazioni passate e presenti SportPeople, L’Ultimo Uomo, QuattroTreTre e Linea Mediana. Da settembre 2019 a dicembre 2021 ha coordinato la redazione sportiva di East Journal.