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Raduno presso la piazza principale di Skopje a seguito del rogo del club Pulse di Kočani, 18 marzo 2025 (Wikimedia Commons)
Le manifestazioni che si sono succedute in tutta la Macedonia del Nord a seguito del rogo di Kočani avevano fatto sperare nell’emergere di un movimento di massa in grado di esigere un cambiamento paradigmatico e un rinnovamento culturale profondo all’interno della società macedone, così come sta avvenendo nella vicina Serbia. Ma a due mesi di distanza la spinta propulsiva determinata dalla tragedia sembra essersi già esaurita.
Nella notte tra il 15 e il 16 marzo 2025 un devastante incendio ha colpito la discoteca Pulse di Kočani, in Macedonia del Nord, causando la morte di 62 giovani e il ferimento di altri 193. L’incendio è divampato intorno alle 2:35 del mattino, durante un concerto del duo hip-hop macedone DNK, quando scintille provenienti da uno spettacolo pirotecnico all’interno del locale hanno incendiato il materiale fonoassorbente disposto sul soffitto dello stesso. Lo stabile, che ospitava quasi tre volte il numero di ospiti consentito, è stato rapidamente avvolto da fumo e fiamme, scatenando il panico e una ressa mortale verso l’unica uscita disponibile.
Tra le vittime figurano diversi membri e collaboratori del gruppo che si stava esibendo: il cantante Andrej Gjorgjieski, la corista Sara Projkovska, il batterista Gjorgji Gjorgiev e il tastierista Filip Stevanovski. Il fotografo della band, Aleksandar Efremov, è anch’egli deceduto mentre l’altro cantante del duo, Vladimir Blažev, è sopravvissuto riportando gravi ustioni al volto e alle mani.
A margine del dramma un altro uomo ha perso la vita nella notte tra il 15 e il 16 marzo. Si tratta di Ile Gočevski, autista di ambulanza, che quella stessa notte ha fatto da spola tra il club e Skopje per ben 11 volte, cercando di salvare più vite possibile e riuscendo a consegnare venti giovani alle cure dei medici della capitale. Il suo cuore non ha però retto alla stanchezza e allo stress accumulato in quelle tragiche ore, diventando l’ennesima vittima del rogo di Kočani.
Sin da subito la comunità internazionale ha espresso piena solidarietà alla Macedonia del Nord mettendo a disposizione mezzi, strutture e personale per prestare soccorso alle giovani vittime: tra gli altri, 26 feriti sono stati trasferiti e curati nella vicina Serbia, 12 in Bulgaria e altrettanti in Turchia e Grecia, 7 in Spagna, 6 in Ungheria e Austria, 5 in Croazia e 4 in Italia, mentre immediatamente dopo la strage a Sofia si sono registrate lunghe code di cittadini radunatisi spontaneamente per donare il sangue davanti all’ospedale Pirogov.
La scintilla delle proteste
Dopo un primo momento di sbigottimento generale causato dal più grave incidente in un locale notturno della Macedonia del Nord e uno dei più gravi mai registrati in Europa, la popolazione ha reagito rabbiosamente. Sin da subito è risultato infatti evidente come la discoteca operasse illegalmente, senza il minimo rispetto delle misure di sicurezza più basilari. Nonostante le autorità abbiano immediatamente provveduto all’arresto di 15 persone tra funzionari pubblici e organizzatori dell’evento, nei giorni successivi l’agitazione popolare è esplosa in sporadici episodi di violenza contro le istituzioni e i presunti responsabili.
A far traboccare il vaso già colmo dell’indignazione popolare è stata la notizia rilasciata dal procuratore di stato Ljupco Kocevski secondo il quale, nonostante le carenze dal punto di vista della sicurezza evidenziate poc’anzi e nonostante la struttura fosse ufficialmente registrata come industria leggera, godesse di un permesso per operare come discoteca rilasciato dal ministero dell’Economia quindicini anni fa e mai revocato.
Quindici anni nel corso dei quali sindaci, consiglieri comunali, assessori, ispettori, addetti alla sicurezza e prevenzione, vigili del fuoco e istituzioni competenti hanno ignorato il loro dovere per negligenza o interesse, causando colposamente il rogo della discoteca Pulse di Kočani: sono in tutto una sessantina, secondo la procura, le persone implicate a vario titolo in questa immane tragedia e tuttora sotto inchiesta.
A Kočani centinaia di cittadini hanno manifestato davanti al municipio, mentre alcuni dimostranti hanno devastato un secondo locale e l’auto del proprietario della discoteca. Nel mirino delle proteste sono finiti anche la sede della procura locale, il tribunale e la stazione di polizia, corresponsabili, agli occhi della popolazione, della corruzione dilagante nel Paese, che consente il verificarsi di simili incidenti.
Il bar Klasik, di proprietà dello stesso possessore del Pulse, devastato durante le proteste a Kočani (Wikimedia Commons)
L’ultimo caso in ordine cronologico è stato lo scandalo della clinica oncologica di Skopje del 2023, che ha rivelato l’esistenza di una vera e propria associazione malavitosa all’interno del sistema sanitario nazionale.
Secondo le indagini della procura, tra il 2018 e il 2021 diversi dirigenti e medici dell’ospedale avrebbero acquistato farmaci oncologici molto costosi senza seguire le procedure previste per i bandi pubblici, generando surplus di medicinali che, invece di essere somministrati ai pazienti, sarebbero stati rivenduti sul mercato nero, causando un danno erariale di circa 30 milioni di euro. Le accuse includono anche la prescrizione di terapie costose a pazienti terminali immediatamente prima del decesso, sollevando dubbi sull’effettiva somministrazione dei trattamenti agli stessi.
Per rispondere alla rabbia della popolazione il sindaco di Kočani, Ljupčo Papazov, ha annunciato le sue dimissioni, mentre il governo macedone ha dichiarato sette giorni di lutto nazionale e avviato ispezioni in tutti i locali notturni del paese al fine di verificare il rispetto delle norme di sicurezza. Il giro di vite ha causato la chiusura di più di un locale nel paese.
Ma queste misure, agli occhi dei cittadini, sono apparse ancora una volta come tardive e hanno innescato una nuova serie di mobilitazioni molto partecipate, tanto a Kočani quanto a Skopje e nelle città principali del paese.
Nel frattempo il ministro dell’Interno, Panče Toškovski, ha dichiarato che i permessi sono stati ottenuti tramite corruzione e che nel locale mancavano estintori adeguati, allarmi antincendio funzionanti e uscite di emergenza sufficienti.
Le proteste hanno inizialmente preso le sembianze di raduni spontanei per commemorare le tante, troppe giovani vite spezzate dall’imperizia e dalla corruzione di quelle stesse autorità che avrebbero dovuto proteggerle. Veglie di questo tipo hanno avuto luogo un po’ ovunque in Macedonia del Nord, ma hanno ottenuto un impatto più significativo a Kočani ― per ovvie ragioni ― e a Skopje. La folla per più giorni consecutivi si è radunata davanti alle foto e ai nomi delle vittime portando fiori e accendendo candele in loro memoria.
Manifestazione spontanea davanti all’università Cirillo e Metodio di Skopje, 17 marzo 2025(Meridiano 13/Nicola Zordan)
Lo spontaneismo delle prime ore ha lasciato presto lo spazio a un’organizzazione più strutturata, che ha visto i parenti dei defunti assumere un ruolo di primo piano nella programmazione di raduni con cadenza regolare. Il focus si è presto spostato dalla commemorazione fine a sé stessa alla richiesta di verità e giustizia per le vittime. La strage è stata l’ennesima tragedia annunciata che ha squarciato il velo sulla corruzione endemica nel paese e l’impreparazione delle autorità, divenendo, come altrove e soprattutto nella vicinissima Serbia, la scintilla per un movimento di massa dal potenziale enorme, davvero in grado di esigere un cambiamento paradigmatico e un rinnovamento culturale all’interno della società.
Il ritorno dell’apatia
A due mesi di distanza, tuttavia, le macerie provocate dall’incendio sembrano essere già state nascoste sotto a una spessa coltre di cenere. I parenti delle vittime continuano a lanciare periodiche manifestazioni in memoria dei loro cari, in nome della verità, della giustizia e contro la corruzione nel Paese, ma le proteste hanno ormai perso la spinta propulsiva delle prime settimane, e con essa il loro potenziale innovatore. A differenza della Serbia, la rabbiosa reazione iniziale e le pur legittime proteste non hanno saputo articolarsi in richieste programmatiche precise, da esigere a gran voce al governo. Le contestazioni non sono state in grado di assumere una direzione precisa, non sono riuscite a tradursi in movimento vero e proprio.
Con ogni probabilità le manifestazioni andranno avanti ancora per qualche tempo, ma saranno via via meno frequentate fino ad esaurirsi del tutto. Proseguiranno le indagini, ci saranno delle condanne, qualche locale notturno chiuderà e altri saranno costretti ad apportare qualche miglioria, ma tutto il resto resterà tale e quale: la corruzione dilagante, l’apatia dei cittadini, e questa terribile quanto opprimente sensazione che non cambierà mai veramente niente, che tutto è destinato a rimanere così com’è.
Mosso da un sincero interesse per la storia e la cultura della penisola balcanica, si è laureato in Studi Internazionali all’Università di Trento, per poi specializzarsi in Studi sull’Europa dell’Est all’Università di Bologna. Ha vissuto in Romania, Croazia e Bosnia ed Erzegovina, studiando e impegnandosi in attività di volontariato. Tra il 2021 e il 2022 ha scritto per Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa. Attualmente risiede in Macedonia del Nord, dove lavora presso l’ufficio di ALDA Skopje.