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Elaborazione sul logo dei campioni dell'Oberliga '62
Un anno e tre mesi di campionato. Nella storia del calcio della Repubblica Democratica Tedesca nessun torneo è durato così tanto come quello del 1961-1962. Ecco la storia della Oberliga più lunga di sempre.
Rimediare a un equivoco
Per capire quella “Mammutsaison” bisogna fare un passo indietro alla metà degli anni Cinquanta. Nel 1955, l’anno di esordio della Nazionale della DDR contro la Romania, i vertici del calcio della Germania Est decidono di cambiare l’organizzazione della stagione. Dal tradizionale torneo che inizia in autunno e termina in primavera si sceglie di passare a un campionato che si disputi nell’anno solare, da primavera ad autunno.
Le ragioni ufficiali sono legate alle condizioni climatiche che in alcuni periodi dell’anno, in assenza di terreni riscaldati, rendevano difficili e pericolosi gli incontri di Oberliga. In più c’è un motivo politico. Quel format è quello adottato dall’Unione Sovietica, il faro della DDR, anche dal punto di vista sportivo. L’esperimento, che per essere attuato aveva visto la necessità nella seconda metà del 1955 di organizzare un torneo di passaggio senza campione e senza retrocessioni, dura cinque stagioni.
I dirigenti della Repubblica Democratica Tedesca tornano sui loro passaggi, soprattutto perché con la crescente importanza delle Coppe Europee i club della DDR rischiavano di perdere competitività.
Quattordici squadre, ma tre tornate
Per riarmonizzare la Oberliga al formato “europeo” la DFV, che dal 1958 ha assunto il compito di organizzare il massimo torneo nazionale, sceglie di cambiare, ma non troppo. Il numero di squadre, quattordici, rimane quello dei campionati precedenti ma per allungare la competizione la DFV decide che ogni squadra debba incontrare le avversarie per tre volte, una delle quali in campo neutro. Questi match sono distribuiti in tutto l’arco del torneo, con cinque incontri nel girone d’andata, quattro nel girone di ritorno e altrettanti nell’ultima fase del campionato.
Il campionato meno visto della storia
La maxi stagione 1961/1962 detiene anche un altro primato. È quella ha avuto la media spettatori più bassa, circa 8mila, negli oltre quarant’anni di vita della Oberliga. La ragione? Le partite in campo neutro venivano disputare in località periferiche, dove il calcio di alto livello non era di casa, come Anklam, Torgau o Zwenkau. Una scelta che aveva l’obiettivo anche di portare i campioni della DDR nella periferia calcistica del Paese.
Il trionfo della “altra Berlino”
Sotto il profilo sportivo il titolo di campione della DDR va al ASK Vorwärts Berlin che prende la testa alla 32sima giornata e che si aggiudica il torneo con due partite di anticipo. Per il club berlinese, legato alla Nationalvolksarmee (NVA), l’esercito, si tratta del terzo titolo dal 1958. Nel 1965 arriverà il quarto e ultimo campionato, prima che la sezione calcistica fosse separata e che nel 1971 il Vorwärts venga trasferito a Francoforte sull’Oder dove ancora oggi gioca.
Per tre quarti di torneo a tenere testa ai berlinesi è rimasto l’Empor Rostock, capolista per buona parte per il campionato. Per il club dell’estremo nord della Germania Est inizierà una maledizione che terminerà solo nel 1991, quando vincerà la NOFV-Oberliga, l’ultima edizione del massimo campionato di una DDR ormai defunta.
L’ultimo ballo dell’Einheit Dresden e la penalizzazione del Wismut Karl-Marx-Stadt
Il campionato 1961/62 vede anche la retrocessione dell’Einheit Dresden. È l’unica formazione della città sassone, che nel 1958 era stata capace di vincere la Coppa nazionale, e scende di categoria dopo 14 anni di prima divisione e una rimonta che l’ha portata solo a -1 dalla salvezza. A metà classifica si è piazzato il Wismut Karl-Marx-Stadt che a fine campionato è stata penalizzato di due punti. Il motivo? Per aver schierato un giocatore senza autorizzazione durante un’amichevole contro il Chemie Glauchau.
Classe 1984, nato a Sesto San Giovanni quando era ancora la Stalingrado d’Italia. Germanocentrico, ama la Spagna, il Sudamerica e la Mitteleuropa. Collabora con Avvenire e coordina la rivista Cafè Rimet. È autore dei volumi “C’era una volta l’Est. Storie di calcio dalla Germania orientale”, “Rivoluzionari in campo” e coautore di “Non solo Puskas” e “Quattro a tre”.