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“Per me Majdan è una questione di libertà”: l’eredità sociale della rivoluzione

A ormai dieci anni dalle proteste di Majdan Nezaležnosti – piazza indipendenza – a Kyiv, sono tanti i lasciti della rivoluzione, che spesso tendono a passare in secondo piano dopo il 24 febbraio 2022.

Ma Majdan non è stata solo la rivoluzione nella piazza di Kyiv: è stato infatti un movimento che ha coinvolto tutto il paese, incluse le regioni periferiche e non soltanto le regioni occidentali. Tuttavia l’attenzione mediatica si è spesso concentrata sulla politica centrale, ignorando il forte impatto sociale della rivoluzione: uno degli effetti più significativi, infatti, è il profondo cambiamento della società civile, a cominciare dal fiorire di un esteso tessuto associativo che dopo il 2014 ha visto nascere numerosi movimenti ambientalisti, civili e sociali che hanno dato una forte spinta alla lotta alla corruzione e alle riforme istituzionali del paese.

Majdan, prima di essere un punto di svolta politico, è stato un punto di svolta sociale.

All’interno di questo contesto abbiamo intervistato Ihor Hannenko, ex attivista di Sumy che a inizio 2013, in pieno governo Janukovyč, è stato incarcerato per dei graffiti di protesta. In seguito alla sua liberazione ha diretto due centri giovanili a Sumy, fino al 24 febbraio 2022, quando si è arruolato. Ihor si trova tutt’ora al fronte.
Ihor, innanzitutto, ci puoi raccontare la tua storia?

Nel 2010, quando Viktor Janukovyč, a capo di gruppi filo-russi criminali e corrotti, ha “vinto” le elezioni presidenziali (grazie a una totale falsificazione e ai brogli nei seggi elettorali), avevo 17 anni, ma già allora capivo che questa non era sicuramente la strada giusta per il futuro del mio paese. Per questo io e i miei amici abbiamo iniziato a organizzare diverse azioni di protesta contro quel governo criminale. È importante sottolineare che a quel tempo venivano avviati procedimenti penali inventati contro attivisti civili, venivano perpetrate violenze fisiche e intimidazioni di qualsiasi tipo, per costringerli a rimanere in silenzio e a non protestare. Ma abbiamo continuato la nostra lotta perché credevamo di essere sulla strada giusta e che prima o poi avremmo potuto vincere.

Una delle nostre azioni di protesta è stata quella dei graffiti: io e un mio amico abbiamo disegnato uno stencil con il volto dell’allora presidente con un puntino rosso sulla fronte. Per i rappresentanti delle autorità questo era un gesto estremista e hanno deciso di metterci in prigione. Fu allora che iniziò la persecuzione da parte della polizia. La mia casa è stata perquisita, delle persone in abiti civili mi hanno rapito in mezzo alla strada (in seguito si è scoperto che si trattava di agenti di polizia), mi hanno picchiato a lungo e mi hanno costretto a confessare diversi crimini. Il processo è durato quasi un anno e siamo stati condannati a pene detentive: a me hanno dato un anno e 8 mesi di prigione, mentre al mio amico un anno. Le autorità pensavano che in questo modo avrebbero intimidito tutti coloro che si opponevano, ma in realtà è successo il contrario: scioccate da tanta illegalità, le persone hanno iniziato a protestare ancora di più e questo ha portato allo scoppio della Rivoluzione della Dignità.

Per approfondire, leggi: La guerra non è iniziata il 24 febbraio 2022
Cosa succedeva a Sumy, la tua città, durante Majdan?

Gli abitanti della città di Sumy sono stati tra i primi a protestare dopo che l’unità speciale di polizia Berkut (un’unità speciale di polizia che picchiava i manifestanti in modo particolarmente violento) ha brutalmente disperso gli studenti che sostenevano la firma dell’accordo di associazione con l’Unione europea a Majdan.

A quel tempo, le proteste a Sumy erano pacifiche, finché non hanno iniziato a disperdere le manifestazioni con la forza e ad arrestare gli attivisti. Dopo quegli incidenti, sempre più persone hanno iniziato a protestare e ad intraprendere azioni più radicali: ad esempio, hanno occupato l’ufficio del Partito delle Regioni (il partito filogovernativo di Viktor Janukovyč) e hanno bloccato la stazione centrale di polizia per impedire alla polizia di Sumy di mandare gli agenti a Kyiv per fermare Majdan.

Inoltre, molte persone di Sumy sono andate a Kyiv per prendere parte alla Rivoluzione della Dignità a Majdan.

Sumy (Meridiano 13/Giulia Pilia)
Come sei venuto a sapere dell’inizio della rivoluzione? Come hai seguito gli eventi dalla prigione e quale Ucraina hai trovato dopo la tua scarcerazione?

Ho saputo dell’inizio della Rivoluzione della Dignità quando ero già in prigione, c’era un vecchio televisore dove a volte si potevano guardare le notizie. Ho avuto contatti anche con amici che hanno preso parte attiva a quegli eventi, hanno parlato di tutti gli orrori che la polizia e la Berkut stavano commettendo in quel momento. Allora ero pronto a dare tutto per stare con il popolo ucraino e oppormi a questo male, ma ovviamente non potevo.

Subito dopo la vittoria della Rivoluzione della Dignità, la Verchovna Rada ha adottato una legge sulla liberazione di tutti i prigionieri politici, e così sono tornato in libertà. Purtroppo, in quel momento, il nostro paese è stato attaccato insidiosamente dalla Federazione Russa, che ha iniziato a inviare truppe e armi in Crimea e nelle regioni di Donec’k e Luhans’k sotto le spoglie di “manifestanti” civili. Già allora mi era chiaro che ci sarebbe stata una grande guerra, e io e i miei amici abbiamo creato un centro di volontariato legato all’università di Sumy, che aiutava l’esercito ucraino.

Cosa rappresenta per te la Rivoluzione della Dignità a dieci anni di distanza? 

Per me personalmente è una questione di libertà. Mi fa paura ripensare al periodo prima della Rivoluzione, erano tempi davvero bui. Corruzione, censura totale, oppressione delle organizzazioni della società civile, intimidazione di attivisti, sia persone comuni che giornalisti o studenti: a quel tempo era così.

Dopo Majdan la situazione è cambiata radicalmente.

La gente si è resa conto che poteva decidere il futuro della propria città e del proprio paese. Le persone hanno creato molte associazioni e hanno iniziato a rispondere attivamente ai casi di corruzione e di violazione della legge. Sono emersi nuovi mass media indipendenti e non sotto il controllo di politici o gruppi criminali. L’Ucraina ha portato avanti molte riforme. Sono stati licenziati dipendenti della procura, della polizia, dei tribunali e di altri organi statali coinvolti in casi di corruzione, cosa che ha permesso di ridurre il livello di corruzione nel paese.

Ihor, prima del 24 febbraio 2022 eri anche uno youth worker. A tuo parere in che modo Majdan ha influenzato l’attivismo sociale e/o il volontariato in Ucraina? Secondo te e da quello che hai vissuto a Sumy, quali sono i cambiamenti più significativi dopo Majdan?

Ha influito molto. Innanzitutto, il governo locale ha iniziato a stanziare fondi di bilancio per misure dedicate ai giovani. Allo stesso tempo, è stato creato un concorso pubblico per progetti. Cioè, i giovani potevano ideare un progetto e ottenerne i finanziamenti. Inoltre, sono emerse molte nuove organizzazioni che hanno iniziato a influenzare la vita civica a Sumy.

Per quanto riguarda i cambiamenti, in generale è iniziata una politica diversa, lo Stato e la società hanno scelto la propria strada: entrare a far parte dell’Unione europea. Di conseguenza, è iniziata la lotta alla corruzione, i diritti civili hanno cominciato a crescere, è stata finalmente ripristinata la libertà di parola, insomma c’era un desiderio di valori europei in tutti gli ambiti. È per questo che adesso cercano di distruggerci, perché i russi vogliono che l’Ucraina rimanga “sulla stessa lunghezza d’onda” con loro, cioè un paese totalitario e corrotto, ma non ci riusciranno, perché gli ucraini sono un popolo forte e combatterà per la vittoria.

Ritieni che, nel 2014 o nel 2022, l’Ucraina abbia superato il punto di non ritorno nel suo percorso di sviluppo? È possibile tornare alle realtà del 2013?

Un ritorno alla realtà del 2013 è del tutto possibile se i russi riusciranno a occupare l’Ucraina e a instaurare il loro regime. Se l’Ucraina resiste e vince, sono sicuro che entreremo a far parte della grande famiglia europea dei paesi e dei popoli liberi.

Foto di copertina: Evgeny Feldman, CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons

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Giulia Pilia
Giulia Pilia

Laureata in Scienze Politiche (Studi sull’Est Europa) e in Governance locale all’Università di Bologna, ha studiato e lavorato in Lituania, Slovenia e Ucraina, dove si è occupata di sicurezza e reti energetiche, comunità locali e IDP. Lavora nel campo dell’integrazione europea, sviluppo locale e osservazione elettorale.