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Ludmila Javorová, donna prete nella Cecoslovacchia comunista

Il 28 dicembre 1970, in una cerimonia segreta, Ludmila Javorová viene ordinata prete dal vescovo Davídek, ministro di culto della Chiesa cattolica in clandestinità nella Cecoslovacchia comunista. La nullità canonica della sua ordinazione, arrivata vent’anni dopo dal Vaticano, non riesce a cancellare la portata della testimonianza umana e storica di questa straordinaria donna di fede.

La Chiesa in clandestinità

Con il colpo di stato comunista del febbraio 1948, la Cecoslovacchia postbellica trova nuova collocazione nella rete di Repubbliche popolari satelliti dell’Unione Sovietica. La profonda trasformazione che ha seguito non si esaurisce nel settore dell’economia, con la collettivizzazione delle fattorie e la nazionalizzazione delle industrie, ma arriva a investire anche il tessuto socio-culturale: non solo gli organi di stampa e le università, anche le confessioni religiose entrano sotto il rigido controllo della polizia di stato.

Le diverse comunità presenti sul territorio avevano già subito, sotto molteplici aspetti, gli effetti devastanti della Seconda guerra mondiale: degli oltre 100mila ebrei in Boemia e Moravia, meno del 10% era sopravvissuto alla Shoah; l’espulsione di un milione e mezzo dei tedeschi sudeti, accusati di connivenza con il nazismo, non aveva solo estromesso una minoranza presente sin dal Medioevo in Cecoslovacchia ma aveva anche inflitto un primo colpo alla presenza cattolica nella zona, confessione a cui la maggior parte dei tedeschi aderiva.

Per saperne di più, leggi anche: Birobidžan, il primo stato ebraico nell’Urss di Stalin 

Il nuovo corso, a ogni modo, traccia una cesura netta per lo status della Chiesa cattolica nel blocco sovietico. La Chiesa di Roma, infatti, è particolarmente invisa al regime, che teme ingerenze politiche del Vaticano: i monasteri vengono chiusi, le proprietà ecclesiastiche confiscate e migliaia di preti e monaci arrestati o costretti ai lavori forzati con l’accusa di attività anticomuniste. Di 17 vescovi presenti in Cecoslovacchia, 13 vengono imprigionati, di fatto smantellando la struttura della Chiesa cattolica nella regione.

Roma risponde con diverse strategie, anche apertamente sovversive: in una fase iniziale, fino agli anni Settanta, i rapporti della Santa Sede con il blocco sovietico sono di forte avversione. Chiesa e Unione Sovietica, in questo periodo, si pongono come due orizzonti ideologici del tutto contrapposti: il cardinale ungherese József Mindszenty, tra i più noti oppositori politici al regime, viene condannato prima a morte e poi all’ergastolo nel 1949 per la propria attività anticomunista, trascorrendo 15 anni in esilio all’ambasciata americana a Budapest.

In questo contesto nasce in Cecoslovacchia l’esperienza della Chiesa in clandestinità, Ecclesia Silentii, un organo inizialmente sostenuto da Roma per ricostruire le strutture ecclesiastiche, garantendo il culto e continuità nella formazione religiosa in un contesto di stretta sopravvivenza e avvalendosi di qualsiasi risorsa a propria disposizione, dando priorità assoluta alla necessità di fornire assistenza spirituale ai propri fedeli sottoposti a detenzione o persecuzione politica. È in questo quadro che si inseriscono una serie di ordinazioni ministeriali controverse, tenute segrete anche a Roma, tra cui almeno cinque ordinazioni femminili. Tra le donne consacrate di nascosto, Ludmila Javorová è stata l’unica ad aver deciso di rendere pubblica la sua storia.

L’ordinazione di Ludmila Javorová

Nata nel 1932 a Brno in una famiglia cattolica, Ludmila Javorová aveva sentito da giovane il desiderio di diventare suora, ma non era pensabile sotto il regime comunista; aveva quindi abbandonato la sua aspirazione, cercando di mettersi a servizio della Chiesa in altri modi. L’incontro con il vescovo Felix Maria Davídek, amico di famiglia, è cruciale: Javorová e Davídek, uomo di fede colto e carismatico, stringono subito un legame solidissimo e in breve tempo Javorová ne diventa la più stretta collaboratrice all’interno della Chiesa in clandestinità.

Per quanto possa sorprendere, l’orientamento teologico prevalente all’epoca non escludeva esplicitamente la possibilità per una donna di diventare prete che, al contrario, si scontrerà con un formale divieto solo nel 1994, con il documento Ordinatio sacerdotalis di papa Giovanni Paolo II: semplicemente, nessuno ci aveva mai pensato o lo aveva creduto possibile.

Siamo tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta: è una fase di transizione particolarmente delicata, segnata dal passaggio da una fase di liberalizzazione (la “primavera di Praga”) a una nuova, feroce stretta repressiva a seguito dell’invasione sovietica. In questo periodo, la struttura della Chiesa in clandestinità è in particolare sofferenza per una nuova ondata di arresti. Il vescovo Davídek, convinto che anche le donne potessero accedere al ministero, ritiene necessario affrontare la questione perché la Chiesa potesse dare un conforto spirituale e gli ultimi sacramenti anche alle donne incarcerate, costrette a soffrire in totale solitudine.

Nel 1970 viene convocato un sinodo per affrontare il tema del sacerdozio femminile, e la comunità si spacca; sarà proprio il voto di Davídek quello determinante per aprire la strada alle ordinazioni femminili. Il 28 dicembre 1970 Javorová e altre tre donne vengono quindi consacrate in segreto: “Se ora ci ripenso, so che dentro sentivo una sicurezza che era, ed è, talmente profonda, che se la avessi calpestata, sarebbe andato perduto qualcosa del mio stesso essere”, racconterà di quel momento nella propria biografia (Ludmila Javorová. Sacerdote nella chiesa del silenzio di Zdeněk Jančařík).

Nel corso degli anni successivi, Javorová presterà servizio come ministro di culto di nascosto, al margine di un lavoro e una vita apparentemente “normali”, al pari degli altri sacerdoti della Chiesa in clandestinità.

L’eredità della Chiesa in clandestinità

Durante la fase di transizione degli anni Settanta, la Chiesa di Roma cambia strategia: dopo aver sancito, nel 1949, la scomunica collettiva per tutti gli aderenti al Partito Comunista, la scelta è adesso di cercare la mediazione, attraverso reciproche concessioni, con il blocco sovietico. La Ostpolitik, ideata e sostenuta dal cardinale Casaroli, porterà a un cambiamento radicale dei rapporti tra Unione Sovietica e papato, segnati da una graduale normalizzazione. L’esperienza della Chiesa in clandestinità, in questo nuovo quadro, diventa ormai scomoda, e certamente lo era la figura di Davídek, che aveva trascorso 14 anni in carcere per le proprie attività di oppositore politico.

Voci su una serie di ordinazioni controverse, di uomini sposati e persino alcune donne, iniziano ad arrivare al Vaticano, e dopo un tentativo di mediazione fallito nel 1978 Davídek viene scomunicato. La scomunica, però, sarà resa nota solo nel 1992, trascinando con sé l’invalidità di tutte le ordinazioni: il Vaticano, infatti, ne ratifica una minima parte, dopo aver valutato ogni singolo caso, e, nel 2008, stabilisce in via ufficiale la scomunica per chiunque tenti di ordinare una donna come sacerdote.

Ludmila Javorová nel 2017 (OISV)

L’ordinazione di quattro donne in Cecoslovacchia, quindi, c’è effettivamente stata, ma è nulla. Dopo aver mantenuto per diversi anni il silenzio assoluto sulla propria esperienza di vita, Ludmila Javorová nel 1995 ha deciso di raccontare pubblicamente la propria storia, uscendo così da un secondo, e forse ancora più pesante, doversi nascondere dalle autorità, stavolta ecclesiastiche. La sua testimonianza umana e spirituale è diventata un simbolo per i movimenti cristiani progressisti che chiedono, all’interno della Chiesa di Roma, l’ordinazione femminile, rappresentando un precedente storico e dando un volto e un nome a un’idea talmente folle non poter essere nemmeno pensata. Del resto, come ha detto Ludmila nella sua prima intervista:

In battaglia la prima linea cade sempre, è un passo necessario perché la seconda possa passare oltre.

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Maria Savigni
Maria Savigni

Laureata in giurisprudenza, nel 2016 ha trascorso un semestre all'Università di Cracovia. Si interessa in particolare di diritti delle minoranze, stato di diritto, cultura ebraica, femminismi e movimenti lgbt+ nell'Europa centro-orientale. Di questi e altri temi ha scritto per East Journal e Diritto Consenso.