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Loro Boriçi, amato tre volte

Lorenco “Loro” Boriçi venne alla luce a Scutari, nel nord dell’Albania, il 4 agosto 1922, cento anni fa. Nacque in una famiglia cattolica, piuttosto numerosa. Il calcio entrò fin da subito nella sua vita. Da piccolo adorava giocare con il fratello più grande, Mark, che spesso lo portava con sé al campo del collegio Saveriano, una scuola gesuita molto tradizionalista, che avrebbe frequentato in seguito. Fu proprio in quel rettangolo di gioco che il giovane Loro si mise in luce, attirando le attenzioni di un osservatore del Vllaznia, la principale squadra di Scutari e uno dei simbolo della città. La sua prima partita fu un’amichevole contro il Drago Pogradec, una città del sudest del paese, perché la federazione calcistica albanese all’epoca impediva agli studenti di partecipare alle partite ufficiali. Era il 6 giugno 1937, Loro non aveva ancora compiuto 15 anni. 

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C’era però un grande problema. La famiglia Boriçi non voleva che Loro trascurasse la scuola per giocare a calcio. Ferma su questa posizione era specialmente sua madre Maria – una figura fondamentale per lui -, che pretendeva una buona educazione per il figlio. Dall’altra parte il Vllaznia, consapevole delle qualità sportive del ragazzo, insistette molto per convincere la famiglia, che alla fine cedette. La prima gara si concluse con 4 gol, tutti nel secondo tempo e tutti molto belli. 

Loro Boriçi sbarca in Italia

Ma il futuro di Loro non era in Albania, almeno non per il momento. Infatti, dopo qualche amichevole giocata con il Vllaznia, nel 1941 si trasferì in Italia per continuare gli studi all’università di Roma “La Sapienza”. Dal 1939 l’Albania faceva parte dell’impero d’Italia e non era raro che studenti e sportivi meritevoli oltrepassassero l’Adriatico per specializzarsi negli atenei italiani. Fu la stessa strada che percorse un altro importante calciatore dell’epoca, ovvero Naim Kryeziu, che sbarcò in Italia per studiare, ma finì per formare una spietata coppia gol con Amedeo Amadei nella prima Roma scudettata. Altri calciatori albanesi dell’epoca furono: Riza Lushta della Juventus, Hilë Staka del Bologna e Slave Llambi dell’Inter.

Boriçi si iscrisse a giurisprudenza, ma non lasciò mai da parte il pallone. Un giorno si recò agli allenamenti della Lazio e chiese di poter sostenere un provino con la squadra riserve dei biancocelesti. La prima partita contro il Novara fu soddisfacente e lo staff laziale rimase stupito dal suo stile di gioco, dalle progressioni in campo e dai tiri dalla lunga distanza con entrambi i piedi. Venne così convocato in prima squadra, ma vista la grande concorrenza, giocò poco: 18 partite in due stagioni, segnando 6 gol. Non mancò neppure un derby con Kryeziu nei quarti della Coppa Italia, dove i due giocatori albanesi si ritrovarono avversari, dando vita a un derby nel derby. Per Kryeziu la carriera continuò in Italia (fino al 1947 alla Roma, poi a Napoli e infine alla Turris). Loro, invece, tornò in Albania perché la Seconda guerra mondiale aveva lasciato evidenti segni sul suo paese e soprattutto nella sua famiglia. 

Il ritorno in Albania e la nascita della leggenda

Ritornò a giocare per il Vllaznia dove vinse due campionati nel 1945 e nel 1946. Nel gennaio del 1946 da capitano della nazionale, alzò al cielo la Coppa dei Balcani. Era una competizione che si disputava dal 1929, alla quale prendevano parte la Grecia, la Jugoslavia, la Romania e la Bulgaria. Sospesa dal 1936, dieci anni dopo si svolse una nuova edizione, ma la Grecia decise di non partecipare. Al suo posto scese in campo l’Albania che sopravanzò le rivali, con la vittoria per 1-0 nella partita decisiva contro la Romania, grazie al gol dalla lunga distanza di Qamil Teliti, detto Tarzani. Boriçi venne eletto miglior giocatore del torneo e miglior marcatore insieme a Nicolae Roiter (Romania) e Božidar Sandić (Jugoslavia). Dopo quel trionfo, passò al Partizani di Tirana, squadra dell’esercito, dove vinse due scudetti e una Coppa d’Albania, oltre a quattro premi come miglior marcatore. 

Loro Boriçi è il primo da destra (per gentile concessione di Giovanni Armillotta)

Ma con la squadra della capitale seppe dare il massimo da allenatore. Dopo aver lasciato il calcio giocato nel 1956, iniziò da subito la carriera in panchina, gettando le basi per quella che verrà conosciuta come la “Università del Calcio”, una squadra fortissima che giocava benissimo. Guidò la squadra alla vittoria del titolo nel 1963, 1964 e 1971, e al trionfo in coppa nazionale nel 1964, 1966, 1968 e 1970. Probabilmente il trofeo più prestigioso fu la Coppa dei Balcani del 1970. Era un allenatore moderno per l’epoca, molto amato dai calciatori. Nel 1960 andò a specializzarsi presso l’Istituto di Educazione Fisica e Sport in Bulgaria, a Sofia, cosa che i bulgari non dimenticarono, visto che recentemente hanno organizzato un evento per ricordarlo nella loro ambasciata a Tirana. 

Loro Borici
Boriçi da allenatore (foto Albanian Post)

Parallelamente al Partizani, allenò anche la Nazionale albanese, dove mostrò al mondo le capacità del più grande giocatore della storia della terra delle aquile, Panajot Pano. L’attaccante ricordò come Loro andasse di stanza in stanza la sera prima delle partite per calmare tutti i giocatori. “Era diventato un rito per noi e non ci addormentavamo se prima non era passato a trovarci”. Centra anche un risultato storico, uno 0-0 contro la Germania dell’Ovest, che sarà fatale per i tedeschi che non riusciranno a qualificarsi per l’Europeo del 1968, unico appuntamento internazionale mancato della loro storia.

Nonostante i grandi successi raggiunti, un tratto costante della personalità di Boriçi fu la grande umiltà, che si traduceva naturalmente nell’amore smisurato che la gente gli tributava. Chi ha vissuto quell’epoca ricorda Loro che mangiava il gelato per strada, senza timore, circondato da bambini, ovunque, in qualsiasi città dell’Albania.

Loro Boriçi va a insegnare calcio in Cina

La terza grande sfida della sua carriera avvenne negli anni Settanta. In quella fase storica, l’Albania aveva voltato le spalle all’Unione sovietica a causa della destalinizzazione voluta da Mosca dopo la morte del georgiano. L’ultimo alleato di Tirana era la Repubblica Popolare Cinese. Come riportato nel libro Storia del calcio cinese di Marco Bagozzi ed Andrea Bisceglia, edito da Bradipo Libri

Nell’estate del 1972 la Federata Shqiptare e Futbollit (la Federazione calcistica albanese), su richiesta delle autorità cinesi, invia in Asia il miglior talento locale: si tratta di Loro Boriçi […] Nei tre anni in cui è rimasto in Cina, Boriçi ha girato tutte le province, ha allenato la nazionale e ha fatto varie selezioni oltre a formare diverse squadre durante i campionati nazionali e minori. Il suo ruolo in Cina è tutt’ora considerato al massimo livello come uno dei “fondatori del calcio cinese”. Per il suo impegno Boriçi non richiese alcun stipendio e lavorò da volontario, salvo chiedere una fornitura giornaliera di sigarette, come unico “rimborso spese”.

Nel 1984, all’età 61 anni, Boriçi scoprì di non stare bene. La malattia progredì velocemente. Gli venne concesso il raro privilegio di recarsi in Italia per provare disperatamente delle cure, ma fu tutto inutile. Lasciò questo mondo il 25 aprile dello stesso anno. Non si sa se le autorità albanesi gli permisero di essere seppellito con una croce sulla bara, come invece aveva richiesto. Le fonti non sono molto chiare, ma sembra che all’ultimo momento il suo funerale pubblico venne annullato dalle autorità del tempo. Da Scutari però erano arrivati diversi pullman che volevano rendere omaggio al grande Boriçi. Inizialmente le forze dell’ordine cercarono di impedire questa manifestazione non prevista, ma la risposta fu che Loro non poteva andarsene senza l’abbraccio della sua città. A turno tutti i presenti girarono intorno alla bara per un estremo saluto allo scomparso. Nel 1990 il comune di Scutari gli dedicò il nuovo stadio, che tuttora porta il suo nome, mentre a Tirana è intitolata alla sua memoria la Scuola nazionale di calcio. 

Foto copertina di Albanian Post

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Gianni Galleri
Gianni Galleri

Autore dei libri “Questo è il mio posto” e “Curva Est” - di cui anima l’omonima pagina Facebook - (Urbone Publishing), "Predrag difende Sarajevo" (Garrincha edizioni) e "Balkan Football Club (Bottega Errante Edizioni), e dei podcast “Lokomotiv” e “Conference Call”. Fra le sue collaborazioni passate e presenti SportPeople, L’Ultimo Uomo, QuattroTreTre e Linea Mediana. Da settembre 2019 a dicembre 2021 ha coordinato la redazione sportiva di East Journal.