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Tradurre dal ceco: intervista a Laura Angeloni

Toscana di nascita, romana d’adozione, Laura Angeloni si è laureata in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università La Sapienza. Dal 2004 è traduttrice letteraria dal ceco, regalando al pubblico italiano autori e autrici come Jáchym Topol, Kateřina Tučková, Bohumil Hrabal, Tereza Boučková, Bianca Bellová per le case editrici Einaudi, Atmosphere, Keller e soprattutto Miraggi Edizioni.

Tra le opere da lei tradotte dal ceco ricordiamo La fatica dei materiali di Marek Šindelka (Keller, 2022), Romanzo senti/mentale di Bianca Bellová (Miraggi Edizioni, 2021) e Artisti e animali del Circo socialista di Jáchym Topol (Einaudi, 2011).
Cosa ti ha portato a scegliere il ceco?

Ho sempre saputo che avrei voluto studiare lingue, così come ho sempre saputo che avrei voluto fare la traduttrice, è proprio un mio pallino dai tempi del liceo. L’inglese lo parlavo già abbastanza bene e mi sono voluta spingere a studiare qualcosa di più particolare, così all’università ho iniziato russo.

Poi oltre al russo bisognava scegliere un’altra lingua slava, e proprio quell’anno avevo preso parte a un’esperienza di lavoro in Repubblica ceca, ero andata a Praga e me n’ero innamorata. Perciò ho scelto il ceco. Pian piano ho cambiato il piano di studi e mi sono laureata in ceco invece che in russo. Quindi direi per passione.

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Come ti sei avvicinata alla traduzione?

Mi sono sempre piaciute le lingue, appunto, e anche scrivere. E la traduzione era il lavoro ideale per me perché univa le due cose. Questo dal punto di vista teorico. Dal punto di vista pratico diciamo che è una storia molto più travagliata, perché non è molto semplice avvicinarsi al mondo della traduzione. Da appena laureata ho iniziato a mandare curriculum, ma non sapevo proprio come funzionava.

Ho fatto altri lavori, cercando nel frattempo di mantenere vivo il contatto sia con il ceco che con la letteratura. Finché un giorno sono andata a una presentazione di una casa editrice molto giovane, molto nuova, piccola. Avevo questo libro di Jáchym Topol che mi piaceva e l’ho proposto. Erano circa cinque anni che provavo a tradurre senza riuscirci e quindi sono partita con quest’avventura, un po’ a rischio. Poi però la traduzione è andata bene e da lì mi hanno chiamata da Einaudi e ho cominciato a lavorare, dopo quel primo incarico quasi non pagato e difficilissimo…

Qual è stato il primo impatto con la Repubblica ceca?

Per l’appunto quel campo di lavoro con il servizio civile internazionale, a Náměšť nad Oslavou, un paesino moravo. Eravamo un gruppo di ragazzi provenienti da tutto il mondo. Dovevamo sistemare il parco intorno al castello. Il responsabile era un ceco e il primo giorno di lavoro, alle dieci di mattina, annunciò la prima pausa e ci portò tutti in birreria. Una birra alle dieci di mattina era per me un modo nuovo e parecchio strano di fare colazione, ma ebbi modo di far subito conoscenza con l’hospoda, per i cechi una vera e propria istituzione. Dopo quel campo di lavoro di due settimane andammo tutti insieme a Praga e lì divampò la mia passione.

Laura Angeloni ceco Marek Sindelka
Parlaci della tua parola preferita in ceco

Potrebbe apparire un eccesso di romanticismo, ma la parola láska, amore, non ha un suono bellissimo? Mi piace poi che faccia da radice a tutta una serie di termini legati: laskat “accarezzare”, laskavost “cortesia”, laskavý “gentile”… 

La parola secondo te più difficile e/o impossibile da tradurre dal ceco è…

Ci sono tutta una serie di parole, essendo il ceco una lingua molto ricca. Mi viene in mente il verbo onomatopeico čvachtat (camminare nell’acqua, o nel fango, e il suono che produce), che in una parola sola evoca non solo l’azione di muoversi, o camminare, ma anche quel tipico rumore dei “passi sul bagnato”). In italiano non esiste un verbo corrispondente e bisogna sempre cercare, a seconda anche della frase, il modo migliore di renderlo. Per una strana beffa del destino in tutti i romanzi che traduco il protagonista si ritrova a un certo punto a camminare, cadere, strisciare nel fango o nell’acqua, e riportarlo sulla terraferma mi richiede sempre qualche acrobazia linguistica.

Raccontaci della tua prima opera tradotta dal ceco

La mia prima opera è stato questo libro di Topol che avevo letto in originale. Non so come mi sia venuto in mente di tradurlo, perché è un libro davvero complesso. S’intitola Lavoro notturno (Noční práce), uscito per questa casa editrice che si chiamava Azimut. Un libro molto criptico, con una lingua molto complessa, e io mi sono imbarcata in questa cosa molto inconsapevolmente, perché l’avevo letto e capito… Però poi renderlo in italiano è un’altra cosa! Penso di averci messo anche più di un anno, sono abbastanza perfezionista e rileggo, rileggo, rileggo. Credo alla fine di esserci riuscita, la cosa mi ha soddisfatto e ho continuato a tradurre questo autore, ne sono molto contenta.

Qual è il tuo rapporto con gli autori che scrivono in ceco?

In genere ho dei rapporti molto buoni con gli autori che traduco. Solo una volta mi è capitato di tradurre un autore morto, Bohumil Hrabal, per il resto ho tradotto tutti autori viventi. Ovviamente con qualcuno c’è solo qualche scambio di mail, con altri invece, tipo Bianca Bellová, c’è proprio un rapporto di amicizia profonda. È molto bello poter capire ciò che scrive attraverso di lei e ritrovare lei in ciò che scrive.

Per me è molto importante il rapporto con l’autore. Tanti traduttori dicono che quasi non lo interpellano. Di solito io interpello, e molto: all’inizio avevo quasi paura di passare per stupida o incompetente, col tempo però mi sono resa conto che questa cosa viene apprezzata tantissimo, e anzi chi scrive si stupisce quando chi traduce non fa domande. Instilla in loro un sospetto di scarsa cura e disinteresse. Secondo me è normale che emergano degli interrogativi, non tanto sulla lingua ma sul significato, sull’intenzione.

Laura Angeloni ceco Bianca Bellova
Che genere traduci più spesso e/o quale genere ti interessa di più?

Possiamo dire che la letteratura ceca è un unico genere, molto profondo e intimistico, che è poi la letteratura che amo. Tutte opere in cui la lingua ha un ruolo fondamentale, e quindi sicuramente più difficili, richiedono maggior fatica da parte del traduttore, che si sente anche più responsabile rispetto al tradurre un thriller dove la cosa importante è la trama. Quando invece lo scopo è ricreare una poeticità molto forte, una sonorità, un ritmo, lì trovo ciò che mi piace, quella sfida e quella creatività che bisogna un po’ mettere nella traduzione.

Il nome di un’autrice o un autore che vorresti portare in Italia e/o che avresti voluto portare in Italia 

Posso dire di essere riuscita a portare tutti gli autori che avrei voluto. Sono abbastanza appagata, perché tutto quello che ho tradotto l’ho proposto io. Mi dà grande soddisfazione quando i lettori lo apprezzano e sono anche contenta di aver trovato una casa editrice come Miraggi Edizioni che accoglie ogni mia proposta con molto entusiasmo.

Perché dedicarsi alle cosiddette lingue “minori”? Vantaggi e svantaggi

Il vantaggio è la scarsa concorrenza, perciò forse da un certo punto di vista hai più possibilità di lavorare. Gli svantaggi sono però tantissimi: è difficile proporre autori da queste lingue se non hai un editore di fiducia che ti ascolta, poiché non essendo libri per i quali si prevede un grosso numero di copie vendute non è semplice convincere, anche se si tratta di libri belli. Questo porta un po’ anche a una certa frustrazione.

A me dispiace molto che gli autori da me tradotti siano così poco conosciuti, che la risposta mediatica alle volte sia superficiale. Anche il già citato Topol, ad esempio, è considerato un classico contemporaneo a livello europeo, ma il successo che ha riscosso in Italia è molto limitato, nonostante vanti una pubblicazione in Einaudi.

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Giorgia Spadoni
Giorgia Spadoni

Traduttrice, interprete e scout letterario. S'interessa di storia e cultura est-europea, in particolar modo bulgara. Ha vissuto e studiato in Russia (Arcangelo), Croazia (Zagabria) e soprattutto Bulgaria, specializzandosi all'Università statale di Sofia. Tra le collaborazioni passate e presenti: East Journal, Est/ranei, le riviste bulgare Literaturen Vestnik e Toest, e l'Istituto Italiano di Cultura di Sofia. Nel 2023 è stata finalista del premio Peroto per la migliore traduzione dal bulgaro in lingua straniera e nel 2024 vincitrice del premio Polski Kot.