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Il fascino del brutalismo: intervista a Zupagrafika

Brute, rozzo, non rifinito, o come lo chiamava Le Corbusier, béton brut. Da questo concetto nasce il brutalismo, movimento architettonico formatosi negli anni Cinquanta del Novecento. Gli edifici brutalisti appaiono rustici e privi di fronzoli, dando la precedenza alla funzionalità dell’edificio stesso e alle esigenze di chi lo vive.

Zuppa grafica

Zupa, zuppa, e grafika, grafica. Zupagrafika è una casa editrice e uno studio di design indipendente fondato da Martyna Sobecka e David Navarro nel 2012 a Poznań, in Polonia. L’obiettivo è quello di celebrare l’architettura, il design e la fotografia modernista in modo unico e divertente.

Debuttano con Blokoshka (2014), che riprende il concetto di matrioska, ma in chiave architettonica e modernista. Dopo la Seconda guerra mondiale, le principali città europee sentivano l’esigenza di fornire al proprio popolo nuovi nuclei abitativi nel modo più veloce, efficiente ed economico possibile. Blokoshka si presenta quindi come omaggio ai “quartieri addormentati” di Mosca, ai Plattenblau di Berlino Est, alle case di grandi dimensioni di Varsavia e ai panelák (termine colloquiale per “prefabbricato”) di Praga. Da qui, Sobecka e Navarro si dedicano completamente alla rappresentazione degli edifici brutalisti, dei loro abitanti, della loro linea architettonica.

Zupagrafika brutalismo
David Navarro e Martyna Sobecka, © Culture.pl

Chiacchiere con Zupagrafika

Il vostro lavoro si concentra principalmente su scenari cittadini brutalisti, dal Blocco orientale fino alla Gran Bretagna, la Francia, la Germania e l’Italia. Cosa ci potete dire della genesi di Zupagrafika? C’è un significato nascosto dietro il vostro nome?

In spagnolo esiste un gioco di parole, sopa de letras, che ha ispirato il nome di Zupagrafika. All’inizio, in quanto studio di graphic design, volevamo occuparci di tipografia basandoci su progetti come workshop di lettering e calligrafia, o la progettazione di pannelli prefabbricati ispirati a una delle proprietà immobiliari di Poznań, in Polonia.

Quando avete deciso di dar vita a questo progetto, e perché? Siete stati ispirati da qualcosa in particolare, o è un qualcosa a cui avete sempre pensato?

All’inizio degli anni 2000, David Navarro era un graphic designer freelance in Spagna. La sua passione per il graphic design polacco della seconda metà del secolo scorso e per la Scuola Polacca dei Manifesti lo hanno portato a creare lo studio di Zupagrafika in Polonia con Martyna Sobecka.

Abbiamo cominciato come studio di design specializzato nell’editoria e nella grafica applicata all’architettura. Nel frattempo, abbiamo cominciato a creare e a pubblicare dei libri illustrati interattivi sulla Polonia modernista del dopoguerra in risposta alla rapida scomparsa di questa tipologia di architettura, che è stata o demolita o restaurata in modo superficiale. Il nostro progetto era il nostro modo di conservare quegli edifici nella loro forma originale. Abbiamo poi lanciato degli altri progetti simili con altre nazioni protagoniste.

Da quando abbiamo dato vita a Zupagrafika nel 2012, stiamo viaggiando, fotografando e illustrando l’architettura brutalista e modernista del dopo guerra, sia nell’ex blocco orientale che nell’Europa occidentale. La documentazione di quei quartieri ed edifici che abbiamo visitato nell’ultimo decennio ha costituito la principale ispirazione per i libri che creiamo e pubblichiamo. Le nostre pubblicazioni includono la fotografia, l’illustrazione e la creazione di modellini in cartone.

Zupagrafika
© Zupagrafika

Il fascino del brutalismo

Cosa vi affascina in particolar modo dell’architettura brutalista?

L’architettura dell’epoca socialista, o meglio della Rpp (Repubblica popolare di Polonia), è ancora presente nella vita di tutti i giorni. Le città in Polonia sono circondate da enormi complessi abitativi prefabbricati, che sono la casa di centinaia di migliaia di abitanti ancora oggi. Martyna è nata a metà degli anni Ottanta e, come molte altre persone di questa generazione, è cresciuta in una Wielka Płyta, che in italiano significa “blocco di appartamenti prefabbricati”. Si possono vedere molti esempi diversi di costruzioni prefabbricate nei nostri libri. Ammiriamo la loro composizione e il loro design, e anche i loro architetti, perché li concepiamo come oggetti d’arte.

Un esempio di edificio Wielka Płyta in Polonia. La tecnologia wielkopłytowa deriva da quella Plattenblau tedesca e con questo termine ci si riferisce a edifici costruiti con pannelli prefabbricati

Concepiamo gli edifici brutalisti e modernisti dei nostri libri come gli antieroi dell’architettura moderna. In particolar modo, le proprietà immobiliari potrebbero talvolta essere viste come grandi blocchi di mattone tutti uguali, ma in realtà c’è una ricca varietà nei loro design e nella pianificazione urbana. Molte di quelle strutture riflettono i sogni e gli ideali di un’epoca controversa. Noi cerchiamo di raffigurarli per aiutarci a capire ulteriormente l’Europa del dopoguerra dell’est (e oltre), i suoi sogni, le sue utopie, i suoi fallimenti e i suoi successi.

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“Casa dolce casa”

Nel vostro libro The Tenants (2022) figurano i ritratti e interviste degli abitanti e dei proprietari delle costruzioni brutaliste. Queste persone sono consapevoli di vivere in case in cui a volte alcune comodità possono mancare, ma comunque non potrebbero considerare nulla di diverso come casa propria. C’è qualche esperienza o qualche racconto che vi ha colpito in particolare?

Dopo aver finito ogni libro che contenesse dei modellini di carta, siamo stati felicissimi quando abbiamo fotografato i modellini finiti sul luogo, direttamente di fronte all’edificio che rappresentano. Abbiamo chiesto agli abitanti se potessimo scattare loro delle foto con i modelli delle loro case in mano. Abbiamo ascoltato con attenzione le loro storie e i loro aneddoti riguardo alle comunità di cui hanno fatto parte, e i loro pensieri su quegli edifici e sulle condizioni di vita che offrivano.

© Zupagrafika, The Tenants

Inoltre, The Tenants celebra il decimo anniversario di Zupagrafika e contiene più di 40 edifici situati in 37 diverse città dell’ex blocco orientale e dell’ex Jugoslavia.

Le citazioni nel libro sono tutte molto interessanti e ogni testimonianza è unica. Ciononostante, una ci ha davvero colpiti da tanto era insolita, ed è quella di Tatjana da Pļavnieki (Riga), che nel parlarci del suo distretto ci ha detto:

Ho vissuto qui per 30 anni. Ho lavorato in una fabbrica che produceva quei pannelli e alla fine si può dire che mi sono costruita una casa da sola.

Durante il viaggio che è culminato con la pubblicazione di questo libro, abbiamo imparato moltissimo dalle persone le cui vite di tutti i giorni ruotano attorno ai “quartieri dormitorio”. È stato molto interessante scoprire quanto condivisa fosse la loro opinione riguardo agli edifici che abitano. Dall’ex Germania Est, fino alla Siberia, lungo tutto il Kazakhstan fino ai Paesi Baltici, tutti gli abitanti hanno elogiato i grandi spazi verdi e aperti, le aree giochi per bambini e il trasporto pubblico, mentre frequentemente si sono lamentati delle condizioni degli edifici, come dello scarso isolamento termico e della loro manutenzione.

Non solo blocco orientale

I vostri libri non si concentrano solamente sul blocco orientale: Paris Brut (2016), Brutal London (2016), Brutal Britain (2018) e adesso Brutalia (2023) sull’Italia. Per quanto riguarda la cultura, la società e la politica, avete notato delle differenze nel ruolo dell’architettura in Europa rispetto al blocco orientale?

C’è un preconcetto comune riguardante l’architettura modernista del dopoguerra e brutalista. A una prima occhiata, i blocchi di appartamenti sembrano tutti identici ovunque tu vada, da Mosca a Berlino Est. Ma se si guarda più da vicino, si notano che anche queste tipologie standardizzate hanno la propria unicità in ogni nazione. Anzi, la maggior parte dei complessi abitativi progettati per essere copiati e incollati in tutto il blocco orientale sono stati modificati e adattati ai bisogni di ogni regione, città e Stato. C’è una grossa differenza in queste strutture architettoniche di questo periodo di tempo, da un lato i grandi progetti enormi, concreti nati nell’ex Unione Sovietica. Basti guardare alle forme che rimandano allo spazio, create proprio dall’acciaio e dal mattone.

Ancora più diverse sono le strutture nel Regno Unito, in Francia o in Italia. Lo stile modernista fondato da Le Corbusier veniva utilizzato nell’Europa occidentale già negli anni Trenta, ma dopo la Seconda guerra mondiale cominciò a diffondersi ampiamente per gli stessi motivi di chi invece viveva oltre la cortina di ferro. Le idee moderniste di una vita collettiva e del design minimalista e funzionale erano perfettamente adatti ai bisogni comunitari e si rivelarono il miglior rimedio di tutti i governi europei che avevano bisogno di fornire alle masse appartamenti economici in breve tempo.

C’è una città che vi è piaciuto particolarmente fotografare?

Ci piace ogni città e ogni paese in cui lavoriamo. Comunque, non fotografiamo solo grandi centri cittadini. Infatti, alcuni progetti come The Tenants, Monotowns or Soviet Playgrounds, in cui sono rappresentate piccoli paesi o addirittura villaggi in cui edifici con pannelli prefabbricati e di stile industriale modernista sono molto presenti. Forse queste sono persino le scoperte più emozionanti, quando troviamo edifici molto interessanti o parchi giochi “nel mezzo del nulla”…

Influenza brutalista

L’architettura è una grande parte della vita di tutti quanti e lo stile brutalista ha indubbiamente avuto un impatto sul mindset di chi ha vissuto e vive in spazi di questo tipo. E non solo l’architettura, ma anche i manifesti e i poster degli anni Cinquanta e Ottanta. Che effetti ritenete abbia avuto questo tipo di arte sulla società dell’epoca?

Durante il dopoguerra, in Polonia (all’epoca la Repubblica della Gente Polacca) i graphic designers godevano di grande libertà creativa. Potevano utilizzare ogni forma espressiva, le più sofisticate, ma anche minimaliste e altamente astratte, creando così poster per le masse che sono diventati dei veri e propri oggetti d’arte e che hanno guadagnato un valore storico immenso come Scuola Polacca dei Manifesti. Tutto ciò è stato possibile grazie al fatto che i cinema e i teatri erano sempre pieni di spettatori in un’epoca dove il repertorio scarseggiava, e per questo motivo i manifesti non giocavano un ruolo davvero cruciale nel promuovere gli spettacoli. Abbiamo recentemente pubblicato un libro che vuole essere un omaggio agli artisti dei manifesti polacchi dell’epoca, Słup: The Polish Poster Column. Il libro permette al lettore di imparare di più riguardo alla storia della Scuola Polacca dei Manifesti e di assemblare il proprio paragrafo pubblicitario utilizzando dei mini poster, di cui sono presenti anche delle versioni più grandi che è possibile incorniciare e appendere al muro.

© Zupagrafika

Infanzia socialista

Oltre a grossi complessi abitativi siete soliti immortalare anche aree giochi, come in Soviet Playgrounds (2022), che senza dubbio ha avuto un forte impatto sui piccoli e giovani adulti dell’epoca. Qual è il vostro pensiero a riguardo?

Soviet Playgrounds rappresenta uno spaccato della realtà sovietica. Molti oggetti raffigurati in questo libro riprendono il tema della corsa allo spazio dell’epoca della Guerra Fredda. Era l’era in cui ogni bambino voleva essere come Jurij Gagarin, il primo uomo nello spazio, e così i governi locali avevano dato vita a una produzione massiva di scivoli a forma di razzo, cosicché ogni bambino potesse sentirsi un cosmonauta. Ovviamente questa modalità di crescere la nuova generazione di cittadini sovietici era un’importante componente tipica dell’ideologia comunista, tale per cui i bambini venivano incoraggiati a coltivare uno spirito collettivo di patriottismo.

© Zupagrafika

Soviet Playgrounds è una testimonianza fotografica dei parchi giochi situati negli ex stati sovietici, come l’Ucraina, la Lituana, la Lettonia, l’Estonia, la Russia, la Belarus’, il Kazakhstan, il Tagikistan e l’Uzbekistan. Attraverso cinque capitoli contenenti più di 150 fotografie, questo libro documenta la produzione massiva e al tempo stesso diversificata di aree giochi installate in spazi comuni di complessi abitativi socialisti, come gli scivoli a forma di razzo e le scalette a forma di pianeta Terra, navicelle spaziali e di vari animali, o le giostre a tema cosmico e oggetti particolarmente bizzarri che al giorno d’oggi non rispetterebbero nemmeno le norme di sicurezza. Da Riga a Dushanbe, da Kyiv a Vladivostok, i bambini sognavano di diventare cosmonauti e si divertivano a giocare su giostre che richiamavano lo spazio e che si erano moltiplicate nel periodo della Guerra Fredda. Mentre alcuni sono ancora in uso, altri invece stanno lentamente scomparendo per fare spazio a strutture più moderne o, più recentemente, alcuni stati distrutti durante l’invasione russa in Ucraina, diventando così solo un pallido ricordo dell’infanzia sovietica.

La concretezza dei modellini di carta

Un gran numero dei vostri libri (Blok Wschodni (2014), Brutal London (2016), Brutal Britain (2018), Panelki (2019), Brutal Poland (2020), Brutal East II (2021) e anche il recente Brutalia (2023) e molti altri) dà ai lettori la possibilità di divertirsi costruendo il proprio edificio brutalista. Questo permette loro di conoscere ancora meglio la loro architettura e di farne concretamente esperienza. Com’è nata l’idea dei modellini in carta e che tipo di messaggio volete trasmettere?

Più che un messaggio da trasmettere, i nostri libri vogliono offrire un modo di cerare un archivio o una documentazione di quello che vediamo nel mondo. Abbiamo cominciato a creare e a pubblicare libri interattivi sull’architettura modernista della Polonia del dopoguerra in risposta al fatto che questo tipo di architettura stava sparendo, dal momento che questi edifici venivano demoliti oppure restaurati in modo superficiale. Questo voleva essere il nostro modo per conservare questi edifici nella loro forma originale. Abbiamo elaborato uno stile illustrativo molto dettagliato per rappresentare le facciate originali degli edifici, così come erano state costruite, ma che raffigurasse anche tutte le loro particolarità date dal trascorrere del tempo e dall’intervento umano, come le antenne TV, le tende alle finestre, i graffiti o macchie di sporco.

© Zupagrafika

Tecnicismi e progetti futuri

C’è un progetto di Zupagrafika che preferite agli altri e che ritenete abbia espresso lo spirito del vostro progetto al meglio?

Ogni nuovo progetto e ogni libro è per noi molto speciale, e non abbiamo una preferenza.

Parlando della vostra attrezzatura, avete una lente preferita o una tecnica (apertura, profondità di campo o grandangolo) che secondo voi vi aiuta a raffigurare meglio l’atmosfera brutalista?

Ci piace viaggiare relativamente leggeri, con una fotocamera DSLR e due lenti, una 15-35 e una 24-70. Dipende dal soggetto, ma di solito scattiamo con aperture fra f-8 e f-10 e cerchiamo di evitare la luce diretta del sole, dal momento che crea tonalità e contrasti che non fanno parte del nostro stile.

Ultimo, ma non meno importante. Siamo grandi fan del vostro lavoro, e per questo siamo curiosi riguardo ai vostri progetti futuri. Ci sono altri libri in cantiere a breve? Ci potete dare qualche anticipazione?

Noi continuiamo a esplorare l’architettura modernista del dopoguerra da ogni angolo, viaggiando e facendo fotografie in ogni angolo del mondo. La nostra prossima pubblicazione di quest’anno vedrà protagonista l’architettura di Hong Kong.

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Risposte di David Navarro e Martyna Sobecka (Zupagrafika)

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Laura Cogo
Laura Cogo

Laureata in Lingue e letterature straniere a Milano con le tesi “Immagini gastronomiche nelle Anime Morte di N. V. Gogol’” e “Le dimensioni dell’individualismo e del collettivismo nella quotidianità in Russia e in Italia”, Laura Cogo è attualmente docente di lingua e letteratura. Collabora con Russia in Translation e Ilnevosomostro.