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Il Monumento agli eroi dell’Armata rossa a Vienna (Meridiano 13/Aleksej Tilman)
Chi ha visto il film Il terzo uomo (1949) ricorderà il contesto in cui si svolge: siamo nella Vienna dell’immediato dopoguerra, occupata dalle forze alleate e, come Berlino, divisa in quattro settori: americano, britannico, francese e sovietico.
Contrariamente a quanto avvenuto in Germania e nella capitale tedesca, i vincitori della Seconda guerra mondiale trovarono un accordo in tempi abbastanza rapidi per riunire Vienna e l’Austria. Nel 1955 le truppe alleate lasciarono il paese che si era impegnato con una Dichiarazione di neutralità a non ospitare né truppe Nato né quelle del patto di Varsavia.
La svolta del 1955 avrebbe avuto conseguenze di lungo termine sulla politica estera austriaca che si percepiscono anche al giorno d’oggi.
Pur essendo fin da subito integrata economicamente con l’Europa occidentale, l’Austria sarebbe entrata nell’Unione Europea solo nel 1995, dopo la fine della Guerra Fredda, e non è un membro della Nato. Inoltre, in virtù del suo stato di neutralità permanente, il paese, Vienna in particolare, divenne, e continua a essere, un centro per l’attività spionistica prima sovietica e poi russa in Europa.
Tre tappe nella “Vienna sovietica”
Tralasciando le vicende politiche austriache andiamo a scoprire la “Vienna sovietica”, ovvero tre luoghi dove l’occupazione di parte della città da parte dell’esercito sovietico del periodo 1945-1955 è ancora visibile nel paesaggio urbano.
La prima tappa non può che essere il centralissimo Monumento agli eroi dell’Armata rossa (Heldendenkmal der Roten Armee). Venne costruito nel 1945 da prigionieri di guerra austriaci e tedeschi e si trova sulla Schwarzenbergplatz, una piazza situata tra il Ring e il complesso del Belvedere.
Il Monumento agli eroi dell’Armata rossa e la fontana adiacente. Tra il 1946 e il 1956 Schwarzenbergplatz su cui si trova il complesso venne ribattezzata Stalinplatz, Piazza Stalin (Meridiano 13/Aleksej Tilman)
L’opera è dedicata ai circa 17mila soldati sovietici caduti durante la battaglia per la conquista della città. Essa iniziò il 2 aprile 1945 con un attacco dell’Armata Rossa da sud-est e si concluse il 17 aprile con la ritirata dell’esercito nazista attraverso l’unico ponte sul Danubio ancora in piedi dopo i bombardamenti e i combattimenti di quelle settimane (ci torniamo).
Il memoriale include un colonnato semicircolare ed è dominato da una statua di un soldato sovietico con un mitra PPSh-41 sul petto, situata in cima a un piedistallo. Il soldato indossa un elmo dorato e tiene una bandiera e l’emblema dell’Unione Sovietica, anch’essi dorati.
L’arco porta in caratteri in rilievo la scritta in russo: “Gloria eterna agli eroi dell’Armata Rossa caduti nelle battaglie contro le forze tedesco-fasciste per la libertà e l’indipendenza dei popoli d’Europa!”.
Sul lato frontale del pilastro che regge la statua del soldato, si legge a caratteri dorati il testo dell’ordine firmato da Iosif Stalin in cui l’allora leader dell’Unione Sovietica si congratula con le truppe per la conquista della città. Su quello opposto, si trova una strofa di una poesia di Sergej Michalkov (riportata sotto come esempio della carica retorica presente in tutto il monumento). Ai due lati figura la seconda strofa dell’inno sovietico e una citazione dal discorso di Stalin sulla Piazza Rossa il 9 maggio 1945.
Guardiani! Avete onestamente servito la Patria
Dalle mura di Stalingrado, siete venuti a Vienna, Per la felicità del popolo avete dato la vita Lontani dalla terra natia sovietica.
Gloria a voi – coraggiosi Guerrieri russi! L’immortalità sorge su di voi. Valorosamente caduti Dormite tranquilli Il popolo non vi dimenticherà mai!
Sergej Michalkov
Il testo dell’ordine di Stalin (Meridiano 13/Aleksej Tilman)
Il luogo, per la sua centralità, non può che essere molto politicizzato, soprattutto per il fatto che il mito della vittoria è diventato una parte fondamentale del discorso propagandistico nella Russia di Vladimir Putin. Nel 2007, proprio il presidente russo visitò il monumento ringraziando l’Austria per averlo restaurato, operazione i cui costi furono fonte di polemiche sulla stampa locale viennese.
Da quando Mosca ha iniziato la sua guerra di aggressione all’Ucraina nel 2014, il monumento è stato vandalizzato diverse volte, cosa che suscita sempre la puntuale reazione rabbiosa della rappresentanza diplomatica russa a Vienna.
Nel 2022, a pochi giorni di distanza dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina su larga scala, l’intero muro retrostante l’arco venne dipinto con i colori della bandiera ucraina. Pur essendo poco graditi a i russi, i colori sono rimasti in quanto il muro è nel territorio dell’adiacente Palazzo Schwarzenberg, proprietà della famiglia omonima. Anzi, dopo la morte di Aleksej Naval’nyi nel febbraio 2024, sul muro è comparso un dipinto del politico di opposizione.
Il ritratto di Navanl’nyi sul muro dipinto con i colori della bandiera ucraina (Meridiano 13/Aleksej Tilman)
Anche le annuali cerimonie organizzate dall’ambasciata russa presso il monumento in occasione del 9 maggio, il giorno della vittoria (den’ pobedy) in cui in Russia si celebra la fine della Seconda guerra mondiale, sono diventate momenti per esprimere il dissenso verso l’aggressione di Mosca. Nel 2022 attivisti ucraini si radunarono su Schwarzenbergplatz cantando slogan quali: “La Russia è uno stato terrorista” e vennero tenuti a distanza dai russi dalla polizia austriaca. Quest’anno le cerimonie per celebrare l’ottantesimo anniversario della vittoria sono già iniziate con un concerto sulla piazza il 30 aprile. Il 9 maggio sicuramente le controversie non mancheranno.
Il secondo luogo simbolo della “Vienna sovietica” si trova a circa sette chilometri più a est, nel cimitero centrale di Vienna (Zentralfriedhof). L’enorme camposanto, nel quale per altro si svolge una delle scene de Il terzo uomo, oltre a ospitare tombe di personaggi illustri quali Ludwig van Beethoven, contiene una vasta sezione sovietica. In essa riposano 2.624 soldati sovietici caduti durante l’offensiva di Vienna.
(Meridiano 13/Aleksej Tilman)
L’area è ben tenuta e frequentata in quanto l’ambasciata russa organizza ogni aprile eventi per celebrare la conclusione della battaglia per la città. Interessante, come sempre, notare la commistione di elementi del periodo sovietico, stelle, falci e martello e via dicendo, ai crocifissi apparsi in epoca più recente.
Il terzo e ultimo luogo della Vienna sovietica è quello dove ebbe fine la battaglia del 1945, ovvero il Reichsbrücke, uno dei ponti che congiunge le due sponde del Danubio.
Fino al 1976 qui sorgeva un altro ponte, l’unico della città sopravvissuto alla Seconda guerra mondiale grazie all’arrivo tempestivo dell’esercito sovietico che impedì ai tedeschi di farlo saltare una volta ritiratisi. Non a caso per un periodo venne denominato Ponte dell’Armata Rossa (figurando anche ne Il terzo uomo).
A ricordare quegli eventi, una placca risalente al 1945 con i ringraziamenti in russo e in tedesco ai soldati sovietici firmata da “i cittadini di Vienna”.
La targa ai piedi del ponte (Meridiano 13/Aleksej Tilman)
Nato a Milano, attualmente abita a Vienna, dopo aver vissuto ad Astana, Bruxelles e Tbilisi, lavorando per l’Osce e il Parlamento Europeo. Ha risieduto due anni nella capitale della Georgia, specializzandosi sulle dinamiche politiche e sociali dell’area caucasica all’Università Ivane Javakhishvili. Oltre che per Meridiano 13, scrive e ha scritto della regione per Valigia Blu, New Eastern Europe, East Journal e altre testate.