Come potrai immaginare, questo progetto ha dei costi, quindi puoi sostenerci economicamente con un bonifico alle coordinate che trovi qui di seguito. Ti garantiamo che i tuoi soldi verranno spesi solo per la crescita del progetto, per i costi tecnici e per la realizzazione di approfondimenti sempre più interessanti:
IBAN IT73P0548412500CC0561000940
Banca Civibank
Intestato a Meridiano 13
Puoi anche destinare il tuo 5x1000 a Meridiano 13 APS, inserendo il nostro codice fiscale nella tua dichiarazione dei redditi: 91102180931.
Così scriveva Vladimir Il’ič Ul’janov, meglio noto come Lenin, in una delle sue opere più celebri, Che fare? del 1902. Per il leader della Rivoluzione d’Ottobre, i rivoluzionari non devono mai perdere la capacità di immaginare un futuro diverso. Il sogno deve però avere un rapporto diretto con le concrete possibilità storiche. La relazione tra sogno e realtà è uno dei fili conduttori di W, romanzo di Igor Štiks edito da Mesogea (2024), nella traduzione di Serena Todesco. Un libro che vede protagonista il “sogno comunista” in tutto il suo portato politico, i suoi dubbi filosofici, le sue contraddizioni e ripensamenti, le sue vittorie e le cocenti sconfitte.
E in quanto portatore di una storia collettiva, W racconta anche degli aspetti più intimi e personali di chi una rivoluzione, reale o immaginaria, l’ha portata avanti o almeno ci ha creduto. Ne viene fuori una biografia non solo della rivoluzione in atto, sconfitta con la caduta del Muro ma non per questo eliminata dalla Storia, ma anche un profilo psicologico del militante e del suo agire politico.
Il romanzo è animato da quattro personaggi principali, che rappresentano due generazioni di militanti politici diverse per età ed esperienza.
Da un lato Valter e Vladimir, due amici fraterni che una notte decidono di fuggire dal campo in cui stavano svolgendo il servizio militare per dare inizio alla loro rivoluzione. Valter è un orfano di guerra nato a Sarajevo che deve il suo nome a Walter Štiks, partigiano jugoslavo che trovò Valter ancora neonato all’interno di un treno in cui erano ammassati centinaia di bambini morti. Vladimir è un ingestibile ribelle di Belgrado, anch’egli orfano e allergico a qualsiasi forma di autorità. Tra i due nasce subito la più classica delle amicizie: uno riflessivo e dedito allo studio, l’altro più pragmatico e incline all’azione.
L’unione delle lettere dei loro nomi forma proprio una doppia vu, che dà il titolo al libro e che diventa simbolo di una rinnovata lotta contro il sistema.
Anche la scelta dei nomi non sembra casuale. Walter ha infatti rappresentato l’alter ego di Josip Broz Tito durante la lotta partigiana. Se Tito era il comandante supremo, Walter rappresentava il partigiano, il volto umano della Resistenza. Vladimir richiama invece a Lenin, leader indiscusso della rivoluzione bolscevica. Con il tempo, le strade dei due prenderanno direzioni diverse.
Dopo aver compiuto insieme alcune azioni dimostrative contro ex fascisti e uomini degli apparati militari, Valter decide di abbandonare la lotta e di passare dall’altro lato della barricata, quella di un conservatorismo che vede il socialismo come un grande imbroglio. Vladimir, invece, si radicalizza sempre di più, aiutando compagni italiani a fuggire dalla scure della repressione o sostenendo la lotta zapatista in Chiapas a fianco del subcomandante Marcos.
La rottura tra i due amici ripercorre la frattura tra due diversi modi di affrontare la sconfitta: arrendersi e passare con il nemico o continuare ostinatamente nella propria lotta, imparando a leggere le contingenze storiche e ricalibrare la propria azione in base ai nuovi equilibri sociali e politici.
«Niente dei nostri piani andava bene. Sin dall’inizio. Chi siamo noi per dispensare giustizia così?» «Qualcuno dovrà pur farlo. Noi siamo le vittime della Storia. Cosa c’è, te lo sei scordato? Dobbiamo fare giustizia, per far sì che certe cose non si ripetano più» «Allora è per questo che abbiamo iniziato ad ammazzare?» «Tu sai bene che non era nostra intenzione uccidere. È successo perché a questo mondo si combatte così. In qualche altro forse è diverso» «È successo?!» urlò Walter. «No, si poteva evitare! Eravamo programmati per uccidere» «Quando si combatte è inevitabile, sì. Il sistema schiaccia le persone, ogni giorno, e tu piangi per quelli che lo sostengono» «Abbiamo sbagliato tutto» insisté Walter. «Mi pento di tutto».
Igor e Tessa, una nuova generazione di militanti
Gli altri due protagonisti del libro sono Igor e Tessa. Due giovani che esattamente come Valter e Vladimir rappresentano due modi diversi di intendere la militanza. Igor è uno studente bosniaco trasferitosi in Francia, partecipa attivamente alle mobilitazioni del 2016 e crede ancora in un altro mondo possibile senza dover passare dalla lotta armata. Tessa è figlia di brigatisti italiani, fa parte di un gruppo chiamato Fronte Solidale e può vantare un’esperienza sul campo a fianco delle YPG, le Unità di Protezione del Popolo curdo in Rojava.
I due, contro il loro volere e non senza difficoltà, si trovano a dover ricostruire la storia di Valter e Vladimir, delle rivoluzioni sconfitte o mancate in Europa, dei fallimenti del socialismo reale. Tra intrighi di potere, servizi segreti e colpi di scena, il loro soggiorno in un’isola croata si trasforma in una spy story di tutto rispetto.
«Appartieni a una formazione di sinistra» «Ci chiamiamo Fronte solidale. Non è un segreto» «Ti piace scontrarti con la polizia» «A volte alla violenza bisogna rispondere» «Con la violenza?» «Domande del genere le può fare solo uno che considera vero attivismo le proprie trombonate accademiche, gli sproloqui teorici e la ricerca scientifica. Per lui la questione della violenza richiede una risposta complessa. Nel mondo reale le cose sono un pochino meno complesse» «Ti sei guardata le mie lezioni. Sono lusingato» «Per me violenza è la realtà del manganello. Sulla mia schiena o su quella degli altri. Per non parlare di violenze molto più brutali. […] Quando lotti per la tua vita, quando un intero popolo lotta per resistere e vede quella resistenza come democrazia ed emancipazione sociale, è qualcosa di completamente diverso di quello che fate a Parigi, con le vostre “nottate in piedi”. Quella che dico io è guerra autentica, non un carnevale. […] Da quella prospettiva, la tua domanda sulla violenza fa solo ridere»
L’internazionalismo come orizzonte
Un libro che parla di rivoluzioni non poteva che avere un’ambientazione frammentata, in cui i luoghi sono quelli dello scontro politico, dove il neoliberismo e il suo apparato militare vengono messi in discussione. E così il lettore si ritrova catapultato nell’Italia degli anni Settanta, nella Spagna franchista, nella Grecia dei Colonnelli, nel Chiapas della rivoluzione zapatista, nella Siria in lotta contro l’Isis e, ovviamente, nella Jugoslavia socialista.
Luoghi e periodi diversi tra loro, accomunati da una spinta rinnovatrice capace di mettere in crisi i modelli sociali esistenti. Internazionalista è quindi anche la lotta dei protagonisti: sul piano delle idee per Valter e Igor, su quello dell’azione diretta per Vladimir e Tessa.
«Quindi, nella battaglia delle idee, serve un regolamento di conti con chi incarna determinati ideali, con le persone che sposano certe visioni, se ho capito bene, e non ha più senso vedersela con i rappresentanti del sistema stesso?» «Proprio così»
È odio mosso d’amore
Altro tema centrale del libro è l’amore. Tra due compagni, tra chi ha in testa gli stessi sogni, le stesse speranze, le stesse illusioni. L’amore libero della rivoluzione sessuale, che mette in discussione istituzioni come la famiglia. L’amore per la libertà, capace di mettere a rischio la propria vita e di sacrificare gli interessi personali per quelli della collettività. Un amore capace di alimentare odio, verso le ingiustizie, i soprusi, le violenze del sistema.
Amore e odio si intrecciano nel romanzo esattamente come nel mondo reale. Un’amicizia che si trasforma in conflitto aperto, lo scetticismo iniziale in attrazione e passione. Persino il rapporto tra agenti di polizia e quelli che vengono considerati “terroristi” gioca con le stesse regole come dimostrato dall’ammirazione del poliziotto Sansouci nei confronti di Vladimir.
«Sići ćemo u bezdane nemi» le disse in serbo. «Prego?» «Scenderemo nel gorgo muti» «Non capisco» «Le piace la poesia?». Non riusciva a credere alle sue stesse parole «Si, qualche volta» «Cesare Pavese» «Ah, Pavese, certo» rise lei «Perché ride?» «Non pensavo che il nostro contatto, del quale ho sentito varie storie, si sarebbe messo a recitare poesie» «Neanche io avrei potuto prevedere. Sono ancora scioccato» «Che le è successo?» chiese lei, accattivante «I suoi occhi» «Lei sta cercando di sedurmi citando una poesia che Pavese ha scritto alla donna che ha ripudiato il suo amore e poi se n’è tornata al suo paese? Dicono che si sia ucciso per lei»«Constance Dowling. Se guardo lei, capisco quello che Pavese aveva in mente». Continuò a osservarla con occhi penetranti.
Il romanzo W di Igor Štiks non è solo una intricata storia di rivoluzioni, lotta incessante tra istituzioni e sovversivi, tra due visioni diverse di concepire il mondo e le relazioni umane. W è un viaggio tra le riflessioni che hanno accompagnato tutto il Novecento, tra i dubbi di chi sceglie di dedicare la propria vita alla lotta contro lo stato di cose presenti. W è una storia d’amore, fatta di incrollabile fiducia e tradimenti. Il suo ritmo incalzante stimola costantemente la curiosità del lettore, i continui colpi di scena impediscono di immaginare un’unica e certa traiettoria narrativa. Esattamente come la lotta per la rivoluzione.
W di Igor Štiks, traduzione di Serena Todesco, Mesogea, 2025
Dottore di ricerca in Studi internazionali e giornalista, ha collaborato con diverse testate tra cui East Journal e Nena News Agency occupandosi di attualità nell’area balcanica. Coautore dei libri “Capire i Balcani Occidentali” e “Capire la Rotta Balcanica”, editi da Bottega Errante Editore. Vice-presidente di Meridiano 13 APS.