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Una rete per il giornalismo di dati in Europa. Intervista a EDJNet

Con la crescita esponenziale del volume di dati disponibili su internet diventa sempre più necessario saperli interpretare, elaborare e renderli fruibili. Da questa esigenza è nata una branca del giornalismo che si è specializzata sull’analisi dei dati, il data journalism, pratica pressoché inutilizzata in Italia e che si è sviluppata in modalità e livelli diversi nei paesi del continente europeo, inclusa l’Europa centro-orientale.

Per saperne di più ne abbiamo parlato con Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa, che ha di recente fondato e coordina lo European Data Journalism Network (EDJNet), una rete di testate indipendenti che producono e promuovono la copertura di notizie a partire da dati relativi ad argomenti di interesse europeo, principalmente con un taglio sociale, in più lingue.

L’obiettivo che unisce la rete è – appunto – la promozione del giornalismo di dati (in Italia poco diffuso e tradotto anche come data journalism o data-giornalismo) in quanto approccio al giornalismo che si serve dell’applicazione di strumenti statistici, matematici nonché delle scienze sociali e comportamentali per produrre indagini e report.

giornalismo di dati edjnet

Nata nel 2017 con un finanziamento europeo, la rete di EDJNet si compone già di 31 membri registrati in 19 paesi europei, di cui 18 paesi membri dell’Ue e uno da un paese candidato, la Serbia.

Per saperne di più e per approfondire la modalità di lavoro del network siamo siamo andati ad intervistare Lorenzo Ferrari, coordinatore editoriale di EDJNet nonché redattore e ricercatore senior per OBCT.

Da cosa è nata la necessità di mettere in piedi EDJNet e quali obiettivi vi siete posti con questa rete?

L’idea del progetto di EDJNet è nata nel 2016 sulla scia della crescente diffusione o, meglio, esplorazione del giornalismo di dati come modo di fare giornalismo. È un approccio di cui ancora oggi si fa un uso limitato, soprattutto nei paesi dell’Europa orientale e mediterranea, ma che una decina di anni fa ha iniziato a svilupparsi parallelamente alla crescita del giornalismo digitale, in particolar modo negli Stati Uniti e Gran Bretagna, nonché in una certa misura anche in Francia e Germania.

Grazie al fatto che si presta bene a visualizzazioni interattive e al giornalismo online più in generale, il giornalismo di dati ha più facilità di circolazione. Inoltre il fatto di basarsi e partire da numeri e dati di fatto costituisce un solido punto di partenza comune. Talvolta i numeri coprono più paesi europei, cosa che consente di fare dei confronti transfrontalieri e dà spazio a nuovi spunti di riflessione. Ultimo ma non ultimo, le visualizzazioni di dati possono talvolta funzionare senza bisogno di una traduzione.

Per tutti questi motivi si tratta di un tipo di giornalismo che si presta facilmente al giornalismo transnazionale e alla circolazione di contenuti oltre confine, un aspetto che a noi di OBC Transeuropa sta molto a cuore e che, come rete, ci proponiamo di promuovere.

Quando abbiamo ideato EDJNet, il data-giornalismo in Italia era sostanzialmente assente ed era un approccio nuovo anche per le testate che hanno fondato la rete, tra cui la nostra. In questo senso la rete nasce come occasione per esplorare un approccio che richiede competenze tecniche e accortezze metodologiche che possono emergere più facilmente attraverso un confronto. Era quindi utile creare un ambiente in cui si potesse crescere insieme ad altri pari europei.

Aggiungo poi che il nostro obiettivo è quello di aumentare le competenze sia internamente al network che esternamente: quello che cerchiamo di fare è ciò che in gergo si chiama data literacy, ovvero portare l’attenzione dei lettori ai limiti del dato per fornire strumenti per comprenderlo meglio e aggiungere un pezzo di riflessione critica e consapevolezza sui numeri che circolano e su come questi vengono raccolti.

Oltre a una selezione di notizie, EDJNet mette a disposizione un ampio database di risorse, strumenti analitici e piattaforme online per la raccolta ed elaborazione dati, destinate a giornalisti ma anche al vasto pubblico.
La raccolta dati è un’attività estremamente complicata in mancanza di armonizzazione non solo tra paesi ma talvolta anche all’interno dei paesi stessi a livello regionale: in aggiunta alla difficoltà nel reperirli, esistono differenze nella periodicità della raccolta dei dati o addirittura unità di misura differenti. Quali sono le problematiche legate alla mancanza di dati comparabili che affrontate nel vostro lavoro transnazionale?

Innanzitutto va detto che EDJNet non si occupa di giornalismo investigativo e non tocca temi che possiamo definire delicati: avendo un focus diverso, non ci serviamo di dati sensibili o confidenziali (come invece può accedere ad esempio nel caso di rapporti di spese o di dati legati alla corruzione). Ci sono comunque dei casi in cui incontriamo difficoltà nel reperire i dati. Sicuramente per la nostra attività è molto utile il lavoro di armonizzazione e assemblaggio di dati nazionali promosso dall’Unione Europea e le sue agenzie, come ad esempio la raccolta e pubblicazione di dati ambientali dell’Agenzia Europea dell’ambiente, o la stessa Eurostat, nonché gli studi tematici transnazionali del Parlamento europeo. Tuttavia il limite è appunto quello dei confini dei paesi membri: ad esempio nel caso dei Balcani occidentali la raccolta dati è più difficoltosa ed è abbastanza raro che alcuni dati siano liberamente disponibili, pur con qualche eccezione legata a un buon livello di digitalizzazione, come nel caso del Kosovo.

Un’altra problematica è legata al fatto che molti dei lavori che abbiamo intrapreso toccano temi su cui l’Unione Europea non ha competenza diretta, come ad esempio la giustizia, pertanto non ci sono molti numeri disponibili a livello europeo. Un altro lavoro che abbiamo fatto è quello relativo al Covid nelle carceri in Europa, nonché quello sui femminicidi: in questi casi, oltre alla difficoltà di reperire il dato, c’è anche molto sommerso.

Infine, una volta reperiti i dati, la difficoltà sta anche nell’elaborazione. A volte ci troviamo a costruire l’insieme dei dati, raccogliendoli a livello nazionale e unendoli, ma non sempre le definizioni sono omogenee o i periodi di raccolta dati spesso divergono, perciò è necessario fare un lavoro molto complesso per analizzare i numeri e contemporaneamente cercare di non appiattire le differenze che ci consentono di spiegare parte della storia.

Estratto dalla mappa interattiva sul cambiamento climatico in Europa (fonte: EDJNet)
Che impatto sta avendo il progetto nelle capacità dei partner? Avete notato dei miglioramenti da quando avete iniziato?

Per quello che riguarda OBC Transeuropa, da quando c’è EDJNet sicuramente ci sono stati dei vantaggi in termini di nuove competenze. Adesso siamo in grado di maneggiare meglio il data-giornalismo e abbiamo prodotto dei lavori relativamente avanzati che hanno ottenuto una certa visibilità. In termini relazionali i vantaggi sono sicuramente legati al fatto che abbiamo potuto stabilire dei contatti con realtà importanti che si occupano del giornalismo in Europa o lo finanziano, che altrimenti avremmo raggiunto con più difficoltà.

Riguardo agli altri partner, alcuni sono entrati nella rete quando erano appena nati e grazie a EDJNet si sono consolidati: poter contare sui due anni di sostegno finanziato garantito dal progetto può essere molto importante per le testate minori. Inoltre per alcuni partner essere parte del network ha dato una spinta al data journalism nel paese: molte delle nostre testate sono piccole e indipendenti e quindi più fragili, perciò hanno un ritorno anche in termini di visibilità e autorevolezza nel vedere i loro contenuti fatti circolare in più lingue ed essere promossi in rete. Tutto questo sicuramente aiuta nel dialogo con gli interlocutori istituzionali, con gli sponsor ma anche con il pubblico in generale.

Mappa dei partner del network di EDJNet (fonte: EDJNet)
EDJNet è in crescita: il network si è allargato soprattutto verso l’Europa centro-orientale ed è interessante la presenza di un partner extra-Ue, come quello serbo. Tuttavia alcune aree del continente rimangono scoperte, come ad esempio i paesi Baltici. Significa che in determinate parti dell’Europa il data-giornalismo è ancora in fase di sviluppo?

Il nostro partner serbo, il Centro per il giornalismo investigativo (CINS), si è unito al network di recente, nell’estate 2022. Con questo ingresso speriamo che sia il primo passo per aprire ad altri membri da paesi non membri dell’Ue. In realtà il motivo per cui finora abbiamo avuto soprattutto paesi membri è principalmente pratico, ovvero il fatto che i grant europei di nostro interesse fino a poco tempo fa fossero accessibili solo a testate registrate nei paesi membri. Ora questo l’ostacolo burocratico non c’è più e la partecipazione è aperta anche ai paesi in pre-adesione.

In alcuni paesi, soprattutto nei Balcani, il data-giornalismo è quasi inesistente e ci sono poche testate che lo adottano come approccio, e ovviamente ci sono pochi giornalisti formati per farlo: far parte della rete può aiutare a sviluppare competenze interne soprattutto per paesi dove il giornalismo di dati è poco sviluppato e dove non esistono eventi nazionali o iniziative che creino comunità.

Sicuramente la difficile reperibilità dei dati in questi paesi aggiungerebbe un livello di complessità per i nostri reportage transnazionali, ma è vero che nel nostro network ogni testata decide liberamente su quali progetti attivarsi, quindi si è liberi di scegliere quelli ritenuti rilevanti o fattibili per la singola testata, o magari scegliere lavori che possono basarsi su dati tratti da Wikidata o altre fonti aperte su scala mondiale.

Nel caso di Estonia, Lettonia e Lituania, la questione è differente: il livello di digitalizzazione è molto alto e c’è una certa abbondanza in termini di reperibilità di dati, ma si tratta di paesi dove il legame tra giornalismo di dati e giornalismo investigativo è molto forte. In generale nei paesi Baltici sono in pochi a fare giornalismo di dati sui temi di cui si occupa EDJNet: questo perché spesso chi se ne serve ha una forte attenzione per la dimensione investigativa, ad esempio per monitorare la disinformazione russa.

Un esempio di elaborazione e visualizzazione dati sul tema della salute mentale:
Nel vostro lavoro avete avuto modo di incontrare dei pattern geografici nel data journalism? Ci sono delle problematiche comuni ai paesi dell’Europa centro-orientale?

Per quello che riguarda il data-giornalismo in Europa centro-orientale, il nostro network si è espanso verso est negli ultimi 1-2 anni e alcuni partner sono piuttosto nuovi, come ad esempio uno dei partner polacchi e il partner ceco Deník Referendum, inoltre si è appena aggiunto un partner slovacco, Dennik N. Lavoriamo da più tempo con BiQdata che è la sezione dati della Gazeta Wyborcza (uno dei principali giornali polacchi, ndr) e un partner ungherese, HVG.

In generale si può dire che, con la sola eccezione della Polonia, il data giornalismo in Europa orientale è ancora in fase iniziale, sono in pochi ad occuparsene e ci sono pochi strumenti per far scambiare idee alla comunità. Certo è vero che non si tratta di una specificità dell’Europa orientale, anzi: la situazione è simile anche in Italia. In generale il panorama è abbastanza vario, tendenzialmente in Europa settentrionale e occidentale il giornalismo di dati è più esplorato e consolidato, mentre in Europa meridionale e orientale è meno diffuso, con qualche eccezione come in Grecia e Spagna dove ci sono professionisti che fanno lavori di alto livello.

Avete appena lanciato il podcast Uncharted Europe, composto da più puntate, ciascuna su un tema chiave delle vostre ricerche. Come nasce il podcast e come avete scelto i temi?

Questa prima serie del nostro podcast avrà 11 episodi, ciascuno dei quali è dedicato a un’inchiesta che abbiamo pubblicato negli ultimi mesi o anni, con l’obiettivo di raccontare come abbiamo lavorato. I temi toccati sono diritti civili, sanità, inquinamento e molto altro, ed è liberamente disponibile sul nostro sito e sulle principali piattaforme.

Il podcast nasce principalmente con lo spirito del raccontare il backstage: al di là del pubblicare l’esito delle nostre analisi, ci è sembrato importante nonché interessante raccontare il processo che ha portato al risultato finale. Questo consente anche di dare più strumenti di comprensione spiegando i dati, nell’ottica della data literacy di cui parlavamo prima.

Da questo punto di vista, il podcast è un formato molto efficace che consente di esplorare il tema al di fuori delle pubblicazioni analitiche.

Il podcast Uncharted Europe è liberamente disponibile in lingua inglese su tutte le piattaforme ed è condotto da Giovanni Vale, che per noi ha già scritto degli stati scomparsi dell’odierna Croazia.
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Giulia Pilia
Giulia Pilia

Laureata in Scienze Politiche (Studi sull’Est Europa) e in Governance locale all’Università di Bologna, ha studiato e lavorato in Lituania, Slovenia e Ucraina, dove si è occupata di sicurezza e reti energetiche, comunità locali e IDP. Lavora nel campo dell’integrazione europea, sviluppo locale e osservazione elettorale.