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La Resistenza femminista russa contro la guerra: un’intervista

La guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina ha causato, tra le altre cose, la nascita di una nuova forza politica in Russia: la Resistenza Femminista contro la Guerra. In occasione della Giornata Internazionale della Donna, abbiamo intervistato la coordinatrice Lilija Veževatova per capirci di più su questo movimento che in questo primo anno di guerra ha saputo affermarsi nel panorama politico russo e internazionale. 
Lilija, potresti raccontare in breve ai nostri lettori cos’è la Resistenza Femminista contro la Guerra? Come e perché ha preso vita il movimento?

La Resistenza Femminista contro la Guerra è un movimento orizzontale sorto il giorno successivo all’invasione su larga scala della Russia in Ucraina che riunisce le femministe russe. Organizzazioni femministe e attiviste indipendenti si sono unite per coordinare le proteste contro la guerra. Il Manifesto della Resistenza Femminista contro la Guerra è stato pubblicato il 25 febbraio e, dall’inizio della guerra, il movimento è riuscito a condurre diverse importanti azioni di protesta e affermarsi come nuova forza politica.

Com’è organizzato il movimento? Come avviene la comunicazione tra i suoi membri? Come vengono prese le decisioni? Le attiviste del movimento si trovano principalmente in Russia o all’estero?

Siamo un movimento orizzontale. Con orizzontalità intendiamo il rifiuto di modelli di lavoro e cooperazione verticali e gerarchici. Orizzontalità non vuol dire, però, che per prendere anche la più modesta decisione c’è bisogno di una riunione e del consenso delle migliaia di attiviste della Resistenza Femminista contro la Guerra in giro per il mondo. Ogni organizzazione orizzontale si basa su una serie di valori e compiti comuni che, nel nostro caso, sono fissati nel Manifesto. Ciò ci consente di operare quotidianamente sulla base di questi valori senza concordare ogni azione con tutti i membri del movimento.

Per prendere decisioni importanti e discutere di grandi cambiamenti ci sono le videochiamate generali delle coordinatrici dei vari ambiti del movimento. Inoltre, esistono un bot anonimo su Telegram per il feedback, una chat anonima delle attiviste e le videochiamate generali per qualsiasi tipo di discussione, proposta e reclamo.

La Resistenza Femminista contro la Guerra è una rete orizzontale, i cui gruppi in ogni città sono autonomi. Per aprire un gruppo della Resistenza Femminista contro la Guerra è sufficiente condividere i punti ideologici del nostro Manifesto. Secondo i nostri dati, più di 45 gruppi femministi sono attivi in tutta la Russia, da Kaliningrad a Vladivostok, e le nostre attiviste lavorano in 28 paesi.

Il movimento in generale o le attiviste in particolare sono sottoposte a repressioni da parte delle autorità? Cosa fanno in concreto le autorità per complicare la vostra attività in Russia?

Sì, come tutti gli altri movimenti di protesta nella Russia contemporanea, il nostro movimento è soggetto a persecuzioni e repressione da parte delle autorità. Nel dicembre 2022 alla Resistenza Femminista contro la Guerra è stato assegnato lo status di “agente straniero”. Inserendo la Resistenza Femminista contro la Guerra nel registro degli “agenti stranieri”, il governo tenta di bloccare l’attività contro la guerra dei movimenti femministi. Le nostre attiviste e coordinatrici vengono regolarmente fermate, multate e arrestate. Con pretesti inventati le case vengono perquisite e i computer sequestrati. Cerchiamo di far uscire in tempo dalla Russia le attiviste che rischiano procedimenti penali e il carcere.

Dopo l’annuncio della mobilitazione, sono sorte in tutta la Russia proteste da parte delle madri e delle mogli dei mobilitati (sono diventati virali i casi in Cecenia e Buriazia), è stato creato il Consiglio delle mogli e delle madri. Quale ruolo, in generale, hanno giocato le donne nel movimento di resistenza alla guerra in questo primo anno di conflitto?

Il movimento contro la guerra in Russia sta prendendo forza e proprio le donne vi ricoprono un ruolo di primo piano. Migliaia di attiviste protestano contro la guerra e la dittatura: le donne diffondono giornali clandestini, organizzano picchetti e manifestazioni pacifiche. Ma già prima dell’invasione dell’Ucraina le attiviste scendevano regolarmente nelle principali piazze delle proprie città per manifestare contro la corruzione, la violenza domestica, il blocco dei media indipendenti e per difendere i prigionieri politici, nonostante fossero sottoposte alla repressione delle forze dell’ordine, alle offese dei cittadini e alla caccia alle streghe su Internet. 

Dopo il 24 febbraio 2022, le donne non solo sono diventate il volto delle proteste contro la guerra, ma anche la principale forza motrice per risolvere tutti gli altri problemi legati alla guerra. Le donne aiutano gli ucraini che la Russia ha privato di una casa; aiutano gli uomini che non vogliono uccidere e morire; aiutano gli avvocati che sono stati definiti nemici dalle autorità. Dopo il 24 febbraio, per molte donne russe tutto ciò è diventato molto più importante della carriera e della vita privata. 

Nel discorso all’Assemblea Federale che si è tenuta il 23 febbraio 2023, Putin ha nuovamente sottolineato che la famiglia è l’unione tra uomo e donna e che nella società russa fondata sui valori tradizionali ortodossi non c’è posto per il “Satanismo occidentale”. Potresti commentare le parole del presidente? Qual è, invece, la vostra posizione riguardo al tema della famiglia?

La guerra, l’amplificazione della retorica tradizionalista che l’accompagna e ora anche la mobilitazione costituiscono una seria minaccia ai diritti, alla sicurezza personale e al benessere economico delle donne russe. Le ingenti somme di denaro che vengono spese ogni giorno per le operazioni di guerra potrebbero essere investite nel benessere delle donne e dei bambini. Ma invece di nuovi asili, ospedali e scuole, otteniamo solo infiniti e vuoti discorsi in televisione sui nostri “successi” e sulla nostra “grandezza”.

Il governo, a quanto pare, non si preoccupa per niente di tutelare i valori della famiglia quando si parla di ingrossare le file dell’esercito. Gli uomini vengono portati via senza considerare che hanno figli minorenni a carico. In molte regioni le famiglie hanno dovuto equipaggiare i mobilitati per la morte autonomamente, comprando a proprie spese tutto, finanche i giubbotti antiproiettile. Chi si occuperà delle famiglie che hanno perso l’unica fonte di sostentamento? Tutte queste sofferenze gravano ancora una volta sulle spalle delle donne. Molti degli uomini sopravvissuti sono malati e inabili al lavoro e sempre alle donne, per mancanza di supporto statale, spetta il compito di prendersi cura di loro.  

I problemi economici e la crisi sociale porteranno inevitabilmente all’aumento della violenza domestica. Gli uomini, sopraffatti dalla povertà e dall’instabilità del futuro, sfogheranno i propri problemi sulle donne e i figli. Inoltre, gli uomini che tornano alla vita civile, di solito si portano dietro gravi traumi psicologici legati alla guerra, i quali si traducono spesso in aggressioni incontrollate contro i propri cari. 

Il 5 dicembre 2022 Putin ha firmato una nuova legge sul divieto della propaganda LGBT+. Il vostro movimento come ha accolto la promulgazione di questa legge? La guerra ha accelerato la crescita della disuguaglianza di genere in Russia?

Il governo attuale equipara la lotta contro la comunità LGBT alla difesa della sovranità della Russia. Ancora prima della promulgazione della legge, il parlamento ha tenuto dei dibattiti sul divieto della “propaganda gay” in cui si è discussa “l’etica sodomitica dell’uomo nuovo”. Il “peccato” in questione, dalle tribune parlamentari, è stato definito non un affare privato, ma un problema statale. “Dall’etica del paese in guerra dipende la nostra futura vittoria comune”, ha affermato in quell’occasione un rappresentante della Chiesa Ortodossa Russa.

Le persone che non nascondono il proprio “orientamento sessuale non tradizionale” vengono perseguitate in Russia allo stesso modi degli attivisti civili e dei politici d’opposizione. Dall’inizio della guerra in Ucraina, molti hanno abbandonato la Russia, ma la maggior parte non ha questa possibilità.

Cosa significa oggi essere un rappresentante della comunità LGBT+ in Russia durante la guerra? Quali misure preventive bisogna ulteriormente adottare nella vita quotidiana?

Dopo la promulgazione di questa legge abbiamo raccomandato ai nostri sostenitori e alle nostre sostenitrici di prendere la situazione molto sul serio. La legge non contiene una precisa definizione della “propaganda gay” e dei suoi criteri e ciò vuol dire che la probabilità che le persecuzioni riguardino la più ampia fetta di persone possibile è molto alta.

Già durante la discussione del progetto di legge si è manifestata la retorica militarista: la propaganda LGBT è stata definita il nucleo della guerra ibrida e spirituale che “l’Occidente collettivo” ha dichiarato alla Russia. A detta di uno dei deputati, proprio nel rifiuto dei valori tradizionali della famiglia va cercata il primo fronte di questa guerra, la linea del fronte. Gli insuccessi sul campo in Ucraina vengono collegati al degrado morale; la vittoria sulla “sodomia” porterebbe, invece, alla vittoria. Nella discussione della legge spesso sono stati menzionati “l’estremismo”, “il sovvertimento dell’ordine costituzionale” e le richieste di perseguitare la simbologia LGBT, delineando chiaramente le prospettive di inasprimento delle future repressioni contro la comunità LGBT.

Quali significative azioni di protesta avete organizzato in questo primo anno di esistenza del movimento?

In più di un anno di esistenza, gli attivisti e le attiviste della Resistenza Femminista contro la Guerra hanno organizzato decine di azioni: dalle marce al femminile all’inizio della guerra fino alle performance partigiane quando le manifestazioni contro la guerra in Russia sono diventate impossibili.

Uno dei compiti principali è il sovvertimento dell’assedio informativo in cui si sono ritrovati i russi a causa della censura di guerra. I gruppi del movimento situati in Russia agiscono in base ai propri protocolli di sicurezza e manifestano anonimamente: diffondono volantini su come evitare la mobilitazione e distribuiscono la Ženskaja Pravda (“La verità femminile”), il giornale del movimento, nonché organizzano attività partigiane.

Uno dei principali compiti dei gruppi esteri è quello di svolgere iniziative che non possono avere luogo in Russia per motivi di sicurezza. Le attiviste all’estero, però, non solo manifestano pubblicamente a nome della comunità emigrata in un determinato paese, ma sono gli araldi del movimento russo contro la guerra.

Un altro compito è la creazione e lo sviluppo della comunità contro la guerra all’interno della Russia. Abbiamo dato vita a gruppi volti all’incremento dell’autocoscienza contro la guerra, il cui obiettivo è unire persone con idee contrarie alla guerra che non possono esprimere liberamente la propria posizione. Inoltre, è stato creato un sistema di supporto psicologico: gli psicologi-volontari della Resistenza Femminista contro la Guerra in un anno hanno ricevuto più di 1000 richieste di aiuto.

Un lavoro a parte viene portato avanti su Internet. Creiamo contenuti virali: per esempio, bigliettini di auguri con frasi contro la guerra che diffondiamo sui social. Inoltre, tramite i social e i bot di Telegram diffondiamo importanti istruzioni per evitare la mobilitazione e i contatti degli avvocati.

Recentemente il media indipendente “DOXA” ha pubblicato la notizia che la Resistenza Femminista contro la Guerra si è unita alla piattaforma online di Aleksej Naval’nyj. Credi che questa piattaforma possa diventare un aggregatore di diversi movimenti di protesta che si oppongono alla guerra e al regime putiniano?

Sì, gli uffici di Naval’nyj già da un po’ di tempo usano con successo una piattaforma più sicura su TOR per mettere in contatto i coordinatori con i volontari sparsi per tutta la Russia. Poco tempo fa hanno proposto ad altri movimenti d’opposizione di aprire i propri gruppi sulla loro piattaforma. Noi siamo stati i primi ad accettare la loro proposta. Ora anche le nostre attiviste in Russia possono restare in contatto e coordinare il proprio lavoro tramite la piattaforma.  

Quale valutazione dai al movimento in questo primo anno di esistenza e quali prospettive vedi per il futuro?

In questo anno il nostro movimento si è affermato come nuova forza politica in Russia e ha svolto un lavoro enorme. La resistenza è diventata per molti di noi il principale senso della propria vita. Finché sulle città ucraine voleranno i missili russi, finché donne, uomini, bambini e anziani moriranno in Ucraina per mano dei soldati russi, noi non ci possiamo fermare. Ovviamente, i movimenti contro la guerra non mettono fine alle guerre, ma facciamo di tutto affinché la fine di questo incubo si avvicini.

Foto di copertina: Holod Media

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Armando Spigno
Armando Spigno