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Isole Svalbard: territorio russo o norvegese?

Aurora boreale, orsi polari e paesaggi artici attraggono sempre più turisti alle isole Svalbard, situate a metà strada tra la Norvegia e il Polo Nord. Le condizioni climatiche favorevoli garantite dall’influenza delle acque relativamente calde della corrente del Golfo hanno permesso alle Svalbard di diventare le terre abitate più a nord del pianeta.

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Vista su un ghiacciaio delle isole Svalbard dal mare (YouTube)

Ogni anno centinaia di migliaia di turisti approdano via mare o via cielo nell’arcipelago per osservare le rare bellezze naturali e artificiali che ha da offrire. Infatti, il fascino delle isole Svalbard risiede anche nell’impronta lasciata dall’essere umano tra il passato cristallizzato delle cittadine fantasma sovietiche e la modernità delle infrastrutture turistiche norvegesi. Una menzione a parte merita lo Svalbard Global Seed Vault, la banca mondiale dei semi: un deposito sotterraneo di mille metri quadrati con più di 1,5 milioni di campioni, creato per preservare la biodiversità mondiale in scenari di crisi.

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La storia dell’arcipelago

Sin dalla loro scoperta, le isole Svalbard hanno suscitato l’interesse dei paesi limitrofi dapprima per la caccia alle balene e poi, a partire dal XIX secolo, per lo sfruttamento dei giacimenti di carbone. I crescenti interessi economici hanno dato vita a dispute territoriali tra Norvegia, Svezia e Russia in primis su quelle che all’epoca erano ancora chiamate isole Spitsbergen in onore dell’esploratore olandese Willem Barentsz, che nel 1596 approdò per primo nell’arcipelago. La contesa fu risolta nel 1920 con il Trattato delle isole Svalbard che riconosce la piena sovranità della Norvegia sull’arcipelago, garantendo però stessi diritti economici sulle risorse delle isole a tutti i paesi firmatari, Russia compresa.

Con l’entrata in vigore del trattato, la Norvegia cambiò il nome dell’arcipelago in isole Svalbard, mentre i russi ancora oggi usano il nome precedente all’accordo e, secondo fonti non confermate, si considerano i primi ad aver messo piede sull’arcipelago. Dal 1930 fino a oggi, solo aziende sovietiche prima, russe poi, e norvegesi hanno continuato le attività di estrazione carbonifera nelle Svalbard. I sovietici hanno contribuito alla costruzione e allo sviluppo di tre cittadine minerarie autosufficienti, due delle quali oggi sono abbandonate, e hanno anche tentato senza successo di convincere la Norvegia a ritrattare l’accordo, optando per una gestione comune delle isole tra i due paesi.

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Monumento all’ingresso di Pyramiden, una delle città fantasma sovietiche nelle isole Svalbard (YouTube)

Verso la fine degli anni Ottanta le isole erano abitate da circa 2.500 di cittadini sovietici e circa un migliaio di norvegesi. In seguito alla caduta dell’Unione sovietica, sebbene la presenza russa sia costantemente diminuita negli anni, gli interessi russi nelle Svalbard sono rimasti bene o male invariati e i rapporti tra Mosca e Oslo hanno addirittura vissuto un periodo di distensione. Tuttavia, l’invasione russa dell’Ucraina ha invertito questa tendenza.

L’incidente russo-norvegese del 2022

La stampa internazionale ha rivolto la sua attenzione alle isole Svalbard l’anno scorso a causa di una controversia tra Russia e Norvegia sorta sullo sfondo della guerra in Ucraina. La tensione tra i due paesi è cresciuta quando Oslo, in ottemperanza alle sanzioni economiche rivolte contro Mosca che vietano l’ingresso di automezzi pesanti russi in Norvegia, ha iniziato a bloccare le navi cargo con i rifornimenti diretti a Barentsburg, l’insediamento russo sull’isola di Spitsbergen, la più grande dell’arcipelago.

L’indignazione della Russia per questo blocco definito “inaccettabile” dal Ministero degli esteri non si è fatta attendere. Konstantin Kosačev, presidente della Commissione esteri del Consiglio della Federazione, ha denunciato, in un messaggio su Telegram, la violazione da parte delle autorità norvegesi del trattato del 1920 e la volontà norvegese di lasciare i minatori russi senza approvvigionamenti in violazione ai diritti umani. Alla fine, per lo stupore di tanti, la disputa è stata risolta diplomaticamente. Le 20 tonnellate di beni tra rifornimenti alimentari e pezzi di ricambio sono state trasbordate su navi norvegesi che le hanno consegnate ai minatori russi. In futuro, però, l’aumento dell’attrito tra Russia e Nato, di cui la Norvegia è membro, potrebbe vanificare gli sforzi diplomatici.

Gli interessi securitari russi e la parata artica della vittoria

Con il Mar Baltico che in seguito all’ingresso nell’Alleanza atlantica della Finlandia, ratificato il 4 aprile scorso, e della Svezia quando la Turchia darà il via libera, diventerà un “lago interno della Nato”, gli interessi securitari della Russia nelle isole Svalbard stanno aumentando: in un eventuale scenario di crisi, il mare di Barents, in cui si trova l’arcipelago, diventerebbe la privilegiata via d’accesso russa agli oceani mondiali. Una testimonianza simbolica di questa tendenza sembrerebbe venire da un evento ampiamente ripreso dai mass media russi: la parata della vittoria nella Grande guerra patriottica – così come viene chiamata in Russia la Seconda guerra mondiale – più a nord del mondo.

Il 9 maggio scorso, giorno in cui in Russia si ricorda la capitolazione della Germania nazista, lungo l’unica e innevata strada di Barentsburg hanno sfilato una cinquantina di auto, motoslitte e veicoli speciali sventolando i vessilli sovietici della Vittoria sul nazismo e bandiere russe. A guidare il corteo, l’auto diplomatica del console generale russo alle isole Svalbard. In cielo, un elicottero ad accompagnare la colonna in marcia. Guardando il video dell’evento si fa fatica a credere che il corteo abbia avuto luogo su territorio norvegese, per di più durante l’invasione russa dell’Ucraina, di cui la Norvegia è alleata.

Parata del 9 maggio 2023 a Barentsburg, insediamento russo nelle isole Svalbard (YouTube)

Diversificazione: turismo e ricerca

Visti i crescenti interessi russi nelle Svalbard e la crisi dell’industria mineraria, la Russia è costretta a diversificare le attività che le consentono di essere stabilmente presente nell’arcipelago. Recentemente, il Ministero per lo sviluppo dell’estremo oriente russo e dell’artico ha comunicato una riduzione della produzione annuale di carbone da parte dell’azienda statale Trust Arktikugol da 120mila a 40mila tonnellate entro il 2032, in linea con la politica aziendale di sostituzione dell’energia proveniente dal carbone con tecnologie green.

In futuro, l’azienda si concentrerà sull’ulteriore sviluppo di un’industria turistica indipendente negli insediamenti russi. Questa volontà è legata alla decisione dello Svalbard Tourism Council di escludere la Trust Arktikugol dall’organizzazione turistica in seguito all’invasione russa dell’Ucraina e alle violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani da parte della Russia. L’azienda statale russa vuole anche investire in ricerca e sviluppo e ha comunicato di voler installare una stazione internazionale di ricerca artica nelle Svalbard insieme ai partner dei paesi Brics, consentendo l’ingresso nell’arcipelago in primo luogo alla Cina, i cui interessi nell’Artico sono ormai più che evidenti.

In futuro, molto probabilmente, continueremo a sentire parlare sempre di più delle isole Svalbard non soltanto per le sue bellezze che attraggono turisti da tutto il mondo, ma anche perché l’arcipelago sta diventando una pedina sempre più importante nella corsa per assicurarsi la navigabilità dell’Artico tra le maggiori potenze mondiali.  


Foto di copertina: fotogramma tratto da questo video

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Armando Spigno
Armando Spigno