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Bulgara di nascita, italiana d’adozione, Kalina Muhova approda in Italia nel 2013, si diploma all’Accademia di Belle Arti di Bologna e inizia con successo la sua carriera nel mondo dell’illustrazione e del fumetto. Nel 2018 riceve la nomination al Gran Guinigi per il miglior fumetto dell’anno al Lucca Comics & Games con Sofia dell’Oceano (Tunué, 2018), realizzato insieme a Marco Nucci. Inaugura la sua prima mostra personale al Treviso Comic Book Festival e vince il premio Bartoli all’ARF! Festival come migliore promessa del fumetto italiano. Sempre nel 2018 viene selezionata per la Mostra Illustratori della Bologna Children’s Book Fair. All’interno dello stesso festival nel 2019 riceve una menzione speciale nella categoria BRAW Comics – Early Readers.
Nel 2019 esce la sua prima graphic novel, Diana sottosopra (Canicola) e nel 2020 pubblica Il balcone (Tunué), un silent book ispirato a una poesia di Atanas Dalčev, oltre ad autoprodurre la fanzine a fumetti Scusa, seguita un anno dopo dalle ristampe di Graziee Prego. A giugno 2023 per i tipi di MalEdizioni appare Fuori casa, raccolta di microstorie introspettive ed evocative illustrazioni, che alterna passaggi riflessivi a momenti divulgativi – due magnifiche tavole sul festival Surva di Pernik –, pagine ironiche ad altre cariche di domande scomode, universali, senza risposta. Altro pregio è l’indice in chiusura del volume, che racconta l’origine di ogni lavoro, e la traduzione in inglese dell’intero contenuto del libro. Un’opera breve e coloratissima, piena zeppo dei dettagli più disparati, buffi, stravaganti, attraversata da una sottile ma sagace ironia tutta balcanica. Abbiamo incontrato e intervistato l’autrice.
Il fumetto è un genere abbastanza di nicchia in Bulgaria, dove non viene considerato al pari della letteratura “classica”. In Italia invece c’è una lunga e grande tradizione legata a questo genere, che Hugo Pratt ha definito “letteratura disegnata”. Tu ti sei specializzata all’Accademia di Belle Arti di Bologna, e Fuori casa è il tuo quarto libro pubblicato. Come ti sei avvicinata al fumetto? E perché proprio in Italia?
Devo ammettere che il mio avvicinamento al fumetto è stato del tutto casuale. Dopo essermi diplomata presso il liceo artistico di Sofia, avevo una gran voglia di viaggiare e non volevo continuare i miei studi in Bulgaria, per tanti motivi, ma uno dei principali era che l’Accademia di Belle Arti di Sofia aveva delle idee piuttosto arretrate sull’arte. L’unica cosa che sapevo è che volevo continuare a “creare” e che dovevo trovare un nuovo posto dove farlo. Come prima tappa ho deciso di andare ad abitare da mia zia a Milano, dove potevo lavorare per lei e studiare l’italiano.
Dopo un po’ di mesi mi sentivo pronta ad affrontare degli studi in italiano e ho iniziato a guardarmi attorno per cercare un’Accademia dove iscrivermi. Ho partecipato a diversi open day e quella che mi ha colpito di più è stata l’Accademia di belle Arti a Bologna, dove ho fatto domanda per il corso più “esotico” della lista, cioè Fumetto e Illustrazione. Esotico perché, come hai accennato tu, non c’è una grande cultura della narrazione per immagini in Bulgaria, e studiare una cosa così nuova e strana mi attirava. Mi hanno presa. Non so per quale motivo, vista la mia ignoranza sull’argomento, ma sono molto contenta che l’abbiano fatto: mi ha completamente stravolto la vita (in senso positivo).
Fuori casa è una raccolta di storie molto personali, intime e a tratti anche dolorose. Nell’ultima pagina scrivi che alcune illustrazioni “sono state realizzate in momenti di disperazione”. Qual è il motore della tua creatività, la tua fonte di ispirazione? Per te è più difficile creare su commissione o disegnare “a caso”, come riporti nell’ultima pagina?
Per me scrivere è una specie di autoterapia, perché è una cosa che mi ha sempre aiutato a capire e superare certi momenti di crisi. Da quando il disegno è entrato nel mio vocabolario narrativo, ho iniziato a mischiare le due cose, e da lì escono le ultime cose su cui ho lavorato. A volte sono storie dolorose, a volte sono solo buffe e basta, ma comunque cerco argomenti che mi hanno colpito e che volevo approfondire in qualche modo. Altre volte, quando ho bisogno di distrazioni o perché mi sono stufata del lavoro che sto facendo, disegno solo per divertimento.
Riguardo l’ultima domanda faccio fatica a risponderti, perché la questione per me è diversa. Col tempo ho capito che per prendermi bene con il disegno, ho bisogno di una storia. Potrebbe essere mia, ma anche di qualcun altro. Se riesco a entrare nel testo e immaginarmelo visivamente, tutte le storie diventano in qualche modo mie e mi diverto a illustrarle. Ovviamente, la soddisfazione del progetto finale è maggiore se il progetto è pensato e realizzato solo da me, ma a volte ci sono delle collaborazioni molto stimolanti.
Quali artisti e quali opere – italiane, bulgare, internazionali – ti hanno ispirata e tuttora ti ispirano?
Ce ne sono diversi, e cambiano a base del periodo. I primi anni all’Accademia di Bologna ero ossessionata dai lavori di Shaun Tan e Isabelle Arsenault, e grazie a loro (e non solo!) ho capito che con il fumetto puoi fare un po’ di tutto. Un po’ di anni fa ho scoperto I hate you – you just don’t know it yet di Nadine Redlich, e quello è stato un altro momento EUREKA per il mio lavoro.
In Fuori casa ci sono due episodi che hanno un’ambientazione dichiaratamente bulgara: Sofia d’inverno e Kukeri. Qual è il tuo rapporto con il tuo paese d’origine? Cosa provi nel raccontarlo al pubblico italiano?
Quando ti trasferisci in un altro paese, all’inizio ti è tutto diverso, buffo, difficile, finché non ti abitui e tutto questo non diventa la tua nuova normalità. Quando succede, purtroppo vuol dire che sei cambiata pure tu e tornare nel tuo paese di origine è altrettanto alienante. Vedi tutto con occhi diversi e ti rendi conto che le cose che prima ti sembravano normali non lo sono per niente. All’inizio trovavo questa sensazione orribile, perché mi toglieva tutto il senso di appartenenza, di casa, di cultura condivisa e mi faceva sentire un alieno inadeguato in ogni posto che andavo. Adesso, dopo quasi dieci anni in Italia, credo di aver imparato a convivere con questa sensazione e ogni tanto mi piace sfruttarla. In fondo, essere alieni non poi è così male: vedi le cose da un altro angolo e penso che questo sia molto utile per chi di mestiere fa storie.
Poi, mi piace inserire la Bulgaria nelle mie storie, perché è un posto assurdo che poche persone conoscono, ma che secondo me va esplorato. Non pensavo che sarebbe successo, ma da quando sono partita noto di più le stranezze che abbiamo noi, bulgari (o comunque persone dell’est), e ne sono sempre più affascinata. Penso che sia la fascinazione che mi spinge ad approfondire certi aspetti del mio paese di origine, come anche la speranza di trovare altre persone pazze a cui interessano.
Sempre in Kukeri troviamo una bellissima e coloratissima spiegazione del festival surva di Pernik e dei kukeri, appunto. Nel 2020 hai pubblicato il silent book Il balcone, ispirato a una poesia di Atanas Dalčev. Secondo te c’è curiosità e/o interesse da parte degli italiani nei confronti della cultura bulgara? L’illustrazione può essere un modo per divulgarla e popolarizzarla?
Lo spero! Secondo me c’è un po’ più interesse. Anche solo guardando le reazioni delle persone che mi conoscono per la prima volta, noto una differenza. Se quando sono arrivata la prima domanda dopo aver detto che sono bulgara era: “Ma dov’è la Bulgaria? Vicino a … (qui un paese a caso sbagliato)?” adesso va più per: “Bellissima, ci sono stato … (periodo a scelta)” e questo mi risparmia la lezioncina sulla geografia dei Balcani. Poi, vedo che c’è interesse anche a livello culturale – basti pensare a un festival come Baba Jaga fest a Roma, una vera e propria indagine sul fumetto e l’illustrazione dell’Est.
Il tuo stile è dettagliatissimo, fresco, molto realista e a tratti anche grottesco. Quanto tempo ci hai messo per svilupparlo e affinarlo? Quali sono le tue tecniche preferite?
Disegno da quando riesco a tenere una matita in mano, quindi è difficile dire quando ho imparato a disegnare come disegno adesso. L’insegnamento al liceo artistico di Sofia, per quanto è stato accademico, duro, arretrato, di sicuro mi ha aiutato ad imparare a disegnare “per bene” – semplicemente non era permesso fare altrimenti. Da quando me ne sono andata da quella scuola, ho cercato in ogni modo di allontanarmi da questo “accademismo” che mi sembra piuttosto inutile, ora come ora. Quando disegno adesso, penso a cosa direbbero i miei vecchi insegnanti: più mi disprezzano nella mia testa, più sono contenta.
Per quanto riguarda la tecnica, non credo di averne una preferita, mi annoio facilmente e ho bisogno di cambiare molto spesso. Disegnare per me è un lavoro, ma è anche gioco, e se voglio tenere viva questa sensazione di leggerezza devo fare anche degli esperimenti, sbagli, scoperte. Purtroppo questo non è sempre possibile quando hai dei clienti che si aspettano da te sempre la stessa cosa, ma va bene così. Uso il mio tempo libero per giocare con le nuove tecniche. Credo che l’unica cosa che è rimasta sempre vicina nella mia pratica creativa sia la matita – mi sembra che quando ce l’ho in mano ragiono meglio e, di conseguenza, lavoro meglio.
Consigliaci un’opera – film, libro, brano musicale, poesia, illustrazione – bulgara secondo te da non perdere!
Come libro da leggere assolutamente, consiglio Cronorifugio di Georgi Gospodinov – cattura perfettamente l’animo melanconico e buffo dei bulgari e sottolinea tutti i difetti e pregi che abbiamo.
Come illustratore, vi consiglio di esplorare le opere di Lyuben Zidarov – un maestro dell’illustrazione in Bulgaria – il suo segno è sempre molto fresco e divertente.
Come musica, consiglio l’ascolto di Oratnitza, che è un gruppo che mescola pezzi bulgari folklorici con musica elettronica. Il risultato è veramente figo, ve lo assicuro! Come film consiglio di vedere Women do Cry, che mi è piaciuto molto perché parla dei rapporti difficili in famiglia e dell’esoterismo tipico della Bulgaria.
Traduttrice, interprete e scout letterario. S'interessa di storia e cultura est-europea, in particolar modo bulgara. Ha vissuto e studiato in Russia (Arcangelo), Croazia (Zagabria) e soprattutto Bulgaria, specializzandosi all'Università di Sofia “San Clemente di Ocrida”. Tra le collaborazioni passate e presenti East Journal, Est/ranei, le riviste bulgare Literaturen Vestnik e Toest, e l'Istituto Italiano di Cultura di Sofia. Nel 2023 è stata finalista del premio Peroto per la migliore traduzione dal bulgaro in lingua straniera e nel 2024 vincitrice del premio Polski Kot.