Come potrai immaginare, questo progetto ha dei costi, quindi puoi sostenerci economicamente con un bonifico alle coordinate che trovi qui di seguito. Ti garantiamo che i tuoi soldi verranno spesi solo per la crescita del progetto, per i costi tecnici e per la realizzazione di approfondimenti sempre più interessanti:

  • IBAN IT73P0548412500CC0561000940
  • Banca Civibank
  • Intestato a Meridiano 13

Puoi anche destinare il tuo 5x1000 a Meridiano 13 APS, inserendo il nostro codice fiscale nella tua dichiarazione dei redditi: 91102180931.

Dona con PayPal

Le condanne per il genocidio di Srebrenica: da Miletić a Borovčanin

Secondo quanto riportato da Ivica Đikić in Metodo Srebrenica, oltre ottanta persone, tra politici e militari, sapevano con certezza o potevano dedurre che cosa stesse per accadere (e che cosa poi è effettivamente accaduto) nel luglio 1995, nell’enclave bosgnacca. Nonostante ad oggi sfuggano ancora alcuni elementi fondamentali, come le reali motivazioni che portarono all’uccisione di oltre 8mila persone, il Tribunale penale internazionale dell’Aja si è occupato di processare e condannare alcuni degli esponenti della fazione serbo-bosniaca, ristabilendo – seppur in minima parte – un senso di giustizia.

Sorvolando sui “grandi” nomi, su coloro quindi che per ruolo sono indubbiamente balzati all’onore delle cronache – Radovan Karadžić, Ratko Mladić e Ljubiša Beara, tanto per citarne alcuni -, è interessante invece capire quali sono state le condanne per il genocidio di Srebrenica inflitte agli esponenti del gruppo serbo-bosniaco che, comunque, hanno avuto un ruolo in quei giorni.

Zdravko Tolimir

Uno degli uomini più in alto in grado è sicuramente Zdravko Tolimir, maggior generale e capo del settore sicurezza e informazione del Comando supremo dell’esercito della Repubblica serba. Secondo Đikić, Tolimir “era l’ufficiale più importante e influente nella cerchia ristretta attorno a Mladić”, un uomo definito astuto e disponibile a eseguire qualsiasi compito. Nell’aprile del 2015, Tolimir è stato condannato in via definitiva all’ergastolo per il genocidio di Srebrenica. La sentenza del Tribunale penale internazionale dell’Aja ha di fatto confermato la decisione di primo grado, sostenendo però che il trasferimento dei musulmani a Žepa, altra zona protetta dalle Nazioni Unite, non costituiva un atto di genocidio.

Radivoje Miletić

Scendendo leggermente nella scala gerarchica, merita soffermarsi sul generale maggiore Radivoje Miletić, capo al Comando per gli affari operativo-istruttori. Secondo Đikić, Miletić,

anticipava gli aridi e scarsi pensieri di Mladić e Tolimir, articolando gli ordini ai vari corpi d’armata, e informava regolarmente i due a proposito di tutto quello che di importante avveniva sugli altri campi di battaglia.

Il generale maggiore è stato condannato nel 2015 a 18 anni di carcere (in primo grado aveva preso un anno in più per omicidio, persecuzione e atti disumani come crimini contro l’umanità) e nel 2024 è stata respinta la sua richiesta di rilascio anticipato dal Meccanismo residuale:

Sebbene Miletić abbia i requisiti per la liberazione anticipata, la richiesta deve essere negata, in ragione dell’alta gravità dei suoi crimini e la sua incapacità di dimostrare sufficienti segni di riabilitazione.

(Giudice Graciela Gatti Santana)

Pochi mesi dopo, scontata integralmente la pena, Miletić è stato rilasciato.

Vujadin Popović

Un altro nome è quello del tenente colonnello Vujadin Popović, capo del reparto di sicurezza del Corpo della Drina. Popović era finito sotto processo nell’agosto 2006 e la sentenza definitiva è arrivata solo nel 2015, decisione che lo ha condannato all’ergastolo per i fatti di Srebrenica. In quella sentenza, oltre alla condanna per il tenente colonnello, sono arrivate le decisioni definitive anche per Drago Nikolić e Vinko Pandurević.

Condanne per il genocidio di Srebrenica
Vinko Pandurević (Dipartimento della Difesa Usa)

Drago Nikolić e Vinko Pandurević

Per quanto riguarda Drago Nikolić, capo dell’organo di sicurezza della brigata di Zvornik, è stata confermata la pena a 35 anni di detenzione per crimini contro l’umanità, crimini di guerra e coinvolgimento nel genocidio. Mentre per Vinko Pandurević, comandante della brigata di Zvornik, la condanna è stata di 13 anni per crimini contro l’umanità, crimini di guerra e coinvolgimento nel genocidio.

Poco dopo però, a seguito della richiesta di rilascio anticipato di quest’ultimo e delle sue scuse per i crimini commessi, è uscito dal carcere. Nel 2021, Pandurević ha ricevuto a Belgrado, provocando molto scalpore, una medaglia commemorativa per aver partecipato “alla difesa contro l’aggressione della Nato contro la Repubblica federale di Jugoslavia” dal capo di Stato maggiore delle forze armate serbe, il generale Milan Mojsilović.

Sredoje e Milan Lukić

Una menzione particolare la meritano i cugini Sredoje e Milan Lukić, quest’ultimo era il maggiore a capo del reparto di intervento della brigata di Višegrad che, secondo Đikić, sapeva (o poteva trarre facilmente da solo le conclusioni) quello che sarebbe successo a Srebrenica. Tra i tanti atti criminali, i due si sono resi protagonisti dell’uccisione di sette bosgnacchi (i cui cadaveri furono gettati nella Drina) e nella combustione di cinquantacinque persone, tra cui una neonata di soli tre giorni.

Nel 2009 sono stati condannati in primo grado a trent’anni (Sredoje) e all’ergastolo (Milan) per omicidio, persecuzione e altri crimini contro l’umanità. I giudici nella sentenza li definirono “assassini brutali e insensibili”. In secondo grado, la condanna viene confermata a Milan, mentre quella di Sredoje si riduce di tre anni.

Sui crimini efferati compiuti dai due cugini Lukić, originari dell’area sud-est della Bosnia Erzegovina, si potrebbe dire molto, facendo un lungo elenco. Per dare un’idea quantomeno su Milan, è possibile riprendere le parole di Carla Del Ponte in La Caccia, edito da Feltrinelli nel 2008:

L’8 agosto 2005 festeggiamo un altro arresto. Milan Lukić, uno dei più famigerati killer della guerra bosniaca, un ricercato al cui dossier il mio ufficio ha appositamente assegnato il nome in codice di ‘Lucifero’, è stato messo sotto custodia […]. Secondo testimoni oculari che conoscono Lukić fin da bambino, aveva anche preso parte agli eccidi di Srebrenica.

(Carla Del Ponte, La Caccia)

Una vittima di quest’ultimo, una madre, spiega alla Del Ponte che Lukić le era entrato in casa

violentandola alla presenza dei suoi due figli, di nove e dodici anni; racconta come Lukić l’avesse poi portata nella cucina ordinandole di scegliere un coltello affilato; quindi, racconta come, sotto i suoi occhi, Lukić lo abbia usato per sgozzare i due bambini.

Ljubomir Borovčanin

Chiudiamo con Ljubomir Borovčanin, vicecomandante della brigata speciale di polizia del ministero degli Affari interni della Repubblica serba. Quest’ultimo era stato condannato in primo grado (non presentò alcun appello) nel 2010 a diciassette anni per favoreggiamento dello sterminio, omicidio, persecuzione e trasferimento forzato nelle aree di Srebrenica e Žepa.

Secondo i giudici, Borovčanin il 13 luglio 1995 si trovava nel magazzino di Kravica, dove erano detenuti oltre mille bosgnacchi. In quell’occasione vide un autobus colmo di cadaveri e non prese “le misure necessarie e ragionevoli per punire i suoi subordinati”. Dopo aver scontato la sua pena in Danimarca, ha suscitato molto clamore la sua elezione all’unanimità come presidente del Consiglio di amministrazione della Federazione di tiro a segno della Republika srpska, nel marzo del 2023.


A questo elenco mancano i destini dei rappresentanti Onu, in primo luogo quello del generale Philippe Morillon, rappresentanti Onu che per molti versi hanno proseguito la loro vita dopo Srebrenica con delle carriere ideali…

Condividi l'articolo!
Lorenzo Mantiglioni
Lorenzo Mantiglioni

Giornalista e dottore in Giurisprudenza, attualmente cura l’ufficio stampa del Comune di Capalbio e collabora il progetto divulgativo Frammenti di Storia. Nel 2019 è stato selezionato per partecipare, in Bosnia ed Erzegovina, all’International Summer School Rethinking the culture of tolerance, organizzata dai tre atenei di Sarajevo, Sarajevo Est e Milano-Bicocca. Autore del libro Stante così le cose, edito da Edizioni Creativa.