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L’Epopea slava di Alfons Mucha: alla scoperta dell’epica storica che lega i popoli dell’est

Lo scopo del mio lavoro non è mai stato quello di distruggere, ma sempre di creare, di costruire ponti, perché dobbiamo vivere nella speranza che l’umanità si congiunga, e meglio ci comprendiamo l’un l’altro, più facilmente questo accadrà. (Alfons Mucha)

Le stagioni, Le ore del giorno, La luna e le stelle: tutti conoscono le magiche e sensuali figure femminili di Alfons Mucha (Ivančice, Moravia 1860 – Praga, 1939). La delicatezza dei suoi ritratti senza tempo, immersi in un’onirica cornice art nouveau, continua, anche a distanza di oltre 70 anni dalla scomparsa dell’artista, a incantare appassionati d’arte e curiosi di tutto il mondo. Ma se le celebri locandine e grafiche pubblicitarie parigine, raffiguranti colorate fanciulle sovrappensiero, fanno ormai parte della cosiddetta cultura pop, pochi sanno invece che l’artista ceco decise di dedicare metà della sua monumentale carriera alla creazione di una vivace serie di dipinti sulle proprie origini, includendo non solo la sua patria, ovvero la Cechia, ma gettando uno sguardo più ampio sulla storia comune di tutti i popoli slavi.

Alfons Mucha
Alfons Mucha (Meridiano 13/Diana Mihaylova)

L’ambizioso progetto denominato Epopea slava (Slovanská Epopej) venne presentato da Mucha a Praga nel 1928 in occasione del decimo anniversario d’indipendenza della Cechia dal dominio austro-ungarico: il progetto include venti tele a cui l’artista lavorò per quasi vent’anni (1910-1928).
Lo scopo del ciclo pittorico era quello di documentare alcune tappe cruciali della storia degli slavi tra il III e il XX secolo, a partire dall’antico paganesimo, fino alla conversione al cristianesimo e alla divisione in diversi popoli, lingue e nazioni, con caratteristiche autonome.
Oggi sappiamo bene che tra i popoli che compongono la cosiddetta “Slavia”, ci sono notevoli – e talvolta quasi inconciliabili – differenze, eppure tra le nazioni della Slavia orientale, occidentale, e meridionale, Mucha volle vedere un unico filo conduttore, andando a scavare alle origini dell’antico passato comune.

Gli storici e i linguisti si sono a lungo interrogati sulla reale collocazione geografica della patria ancestrale degli slavi, e oggi i paesi e i popoli slavi sono moltissimi: ucraini, bielorussi, russi, polacchi, cechi, slovacchi, sorabi, ruteni, bulgari, serbi, croati, bosniaci, montenegrini, macedoni… Eppure, nonostante le moltissime differenze, rimane un tratto comune a tutti, ovvero la lingua di ceppo slavo.

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Un progetto per tutti i popoli slavi

La missione dell’Epopea non è completa. Voglio che annunci agli amici stranieri, e persino ai nemici, chi eravamo, chi siamo e chi speriamo di diventare. Possa la forza dello spirito slavo ottenere il loro rispetto, perché è dal rispetto che nasce l’amore. (dichiarazione di Mucha durante un’esibizione delle prime undici tele nel 1918)

Mucha ebbe una primordiale idea del progetto attorno al 1899, quando era alle prese con la costruzione del padiglione della Bosnia-Erzegovina, allora sotto amministrazione austro-ungarica, per l’imminente Esposizione Universale di Parigi del 1900. Da allora, egli fece diversi viaggi tra la sua patria, la regione della Moravia (in Cechia), la Russia, la Polonia, e soprattutto i Paesi dell’area balcanica, dove si recò perfino sul mistico Monte Athos, simbolo della cristianità ortodossa, allo scopo di documentarsi meglio e raccogliere fonti d’ispirazione.

Curioso fu il fatto che il ciclo pittorico venne finanziato da un personaggio che con i popoli slavi aveva ben poco a che fare: tra il 1904 e il 1909 Mucha si recò negli Stati Uniti dove incontrò il miliardario di Chicago Charles Richard Crane (1858–1939); quest’ultimo, fiducioso nelle idee dell’artista ceco, la sera di Natale del 1909 annunciò che gli avrebbe fatto da mecenate, permettendogli di realizzare definitivamente tutte le tele.

Mucha decise di partire per gli Stati Uniti quando era ormai all’apice della sua fama. Anche se la sua carriera era al massimo sviluppo, egli sentiva il bisogno di abbandonare Parigi, dove lavorava a grafiche e locandine pubblicitarie art nouveau, per dedicarsi a un “lavoro più importante”. Prima di partire, nella primavera del 1904, scrisse alla sua famiglia in Moravia:

Immagino che sarete molto sorpresi della mia decisione di venire in America, e forse perfino sbalorditi, ma la verità è che mi preparavo a partire già da un po’ di tempo. Mi è ormai chiaro che non avrei mai avuto il tempo di fare le cose che avrei voluto, se non me ne fossi andato dalla routine parigina. Sarei sempre stato legato agli editori e ai loro capricci… In America non mi aspetto di trovare ricchezza, conforto o fama, ma l’opportunità di fare del lavoro più utile.

I dipinti dell’Epopea slava di Alfons Mucha

I dipinti dell’Epopea slava indagano alcune cruciali tappe della storia slava in ordine cronologico, traendo anche ispirazione dai miti, dalle leggende e soprattutto dal folklore. Oltre ai personaggi storici raffigurati, ci sono infatti anche divinità del paganesimo slavo, ninfe e fanciulle che indossano colorati abiti tipici, arricchiti da ricami e intrecci floreali.

Tutte le tele del progetto vennero donate alla città di Praga nel 1928, con l’idea di collocarle in una esibizione permanente dedicatavi; tuttavia, nel marzo del 1939 Mucha venne fermato e interrogato dalla Gestapo, in quanto esponente della intelligencija e della vita pubblica ceca, e con l’inizio della Seconda guerra mondiale le tele vennero imballate e nascoste nel castello di Moravský Krumlov (non lontano da Ivančice, luogo di nascita dell’artista), al fine di prevenirne il sequestro da parte dei nazisti. Mucha venne presto rilasciato dalla Gestapo, ma affranto e impotente, morì di polmonite pochi mesi dopo il rilascio, il 14 luglio 1939.

Oggi i 20 dipinti sono stati ricollocati in un museo presso il castello Moravský Krumlov e sono finalmente riuniti insieme in un’immersiva e maestosa mostra. Uno sguardo sulle tele e gli avvenimenti a essi collegati:

La celebrazione di Svantovit (Wikipedia)

1. Gli slavi nella loro Terra Natale (1912) raffigurante un campo slavo in Europa centro-orientale, in una notte luminosa;

2. La celebrazione di Svantovit (1912) inteso come dio pagano dell’abbondanza e della guerra, Svantovit è incluso in particolare nel pantheon slavo dei polabi (popolazione slava occidentale oggi estinta);

3. L’introduzione della Liturgia Slava (1912) il dipinto raffigura l’adozione del cristianesimo e la celebrazione della messa in lingua slava;

4.. L’incoronazione del bulgaro zar Simeon (1923) dedicato sovrano del I Impero bulgaro (823-927 d.C.), fu uno dei più potenti regnanti slavi dell’area balcanica nel X secolo;

L’incoronazione del bulgaro zar Simeon (Wikipedia)

5. Il Re Ottokar II di Boemia (1924) definito anche “Re di ferro e Re d’oro”, apparteneva alla dinastia di Přemyslid che governò le regioni di Boemia e Moravia tra IX e XIII secolo;

6. L’incoronazione dello zar serbo Stefan Dušan come Imperatore d’oriente (1926) dedicato al glorioso evento del 1346;

7. Jan Milíč di Kroměříž (1916) raffigura il prete cattolico ceco Jan Milíč, protagonista della Riforma religiosa della Boemia nel 1372;

8. Il maestro Jan Hus predica nella cappella di Betlemme (1916): Jan Hus fu un importante filosofo e teologo ceco, che nel XIV secolo ideò una cruciale riforma religiosa nel Regno di Boemia;

9. L’incontro a Křížky (1916): il dipinto ritrae Koranda, un radicale monaco che nel 1419, dopo la morte di Jan Hus, invitò i suoi seguaci a non perdere la fede e ricordare i suoi insegnamenti; l’incontro tra i fedeli e Koranda avvenne nella località di Křížky (Cechia del sud);

L’incoronazione dello zar serbo Stefan Dušan come Imperatore d’Oriente (Wikipedia)

10. Dopo la battaglia di Grunwald (1924): la battaglia avvenne nel 1410 tra i cavalieri teutonici e lo stato Polacco-Lituano del XV secolo;

11. Dopo la battaglia del Colle Vitkov (1923): il dipinto si riferisce allo scontro tra gli ussiti di Jan Žižka, gruppo di protestanti cechi, e Sigismondo di Lussemburgo, Imperatore del Sacro Romano Impero;

12. Petr Chelčický a Vodňany (1923) ritrae il pensatore cristiano Petr Chelčický nella Boemia del XV secolo;

13. Il Re ussita Poděbrad (1923) raffigura il sedicesimo Re di Boemia, che governò la regione nel XV secolo;

14. La difesa di Szigetvár di Nikola Zrinski contro i turchi (1914), sanguinaria battaglia tra l’esercito del generale croato-ungherese Nikola Zrinski e l’Impero ottomano, per il controllo della città di Szigetvár;

15. La stampa della Bibbia di Kralice a Ivančice (1914): la tela riguarda uno degli avvenimenti più importanti per lo sviluppo del ceco: la Bibbia di Kralice fu il primo volume tradotto e stampato interamente in lingua ceca, pubblicata nel 1564;

16. Gli ultimi giorni di Jan Amos Komenský [Comenius] a Nardeen (1918): Jan Amos Komenský fu un importante filosofo e teologo protestante della Moravia del XVII secolo;

Il giuramento di Omladina sotto l’albero di tiglio slavo (Wikipedia)

17. Il Sacro Monte Anthos (1926): il monte Athos è da sempre simbolo e cuore spirituale dell’ortodossia, fondamentale per gli slavi orientali e meridionali; situato in Grecia, nella regione della Macedonia, esso è sede di oltre 20 monasteri risalenti almeno al IX secolo;

18. Il giuramento di Omladina sotto l’albero di tiglio slavo (1926): il tiglio veniva considerato come albero sacro nel paganesimo slavo, in particolare da alcune tribù polacche, ceche e slovacche; il dipinto raffigura uno storico giuramento proprio sotto ai rami di un grosso tiglio, tra un gruppo di ribelli cechi, che si battevano per la libertà politica e intellettuale dei giovani lavoratori sotto l’amministrazione austro ungarica;

L’abolizione della servitù della gleba in Russia (Wikipedia)

19. L’abolizione della servitù della gleba in Russia (1914) ritrae l’evento più importante del 1861 tra i confini dell’Impero russo: in quell’anno i contadini russi furono finalmente liberati dalla millenaria schiavitù cui erano sottoposti dalla classe nobiliare;

20. Apoteosi degli slavi (1926): uno dei quadri più maestosi dell’intero ciclo pittorico, raffigura l’insieme di tutti i popoli slavi, che celebrano, muniti di verdeggianti ramoscelli e le rispettive bandiere nazionali, la loro comune storia e appartenenza.

Apoteosi degli slavi (Wikipedia)

Non solo locandine

Con quest’ultima tela a chiusura del progetto, Mucha volle lanciare un messaggio universale di fratellanza, e sebbene oggi possa apparire difficile riuscire a comprendere e seguire questo invito, esso emana una tenue promessa di pace e distensione delle controversie.

Oggi l’artista ceco è in effetti più famoso e immediatamente associato alle grafiche parigine art nouveau, eppure il ciclo pittorico dell’Epopea slava fu in realtà per lui il “lavoro più importante della sua vita” cui dedicò moltissime energie e con cui si distinse per originalità all’interno del panorama artistico ceco degli anni Venti e Trenta.

Dopo la morte di Mucha, e in particolare con l’evolversi della situazione politica della Cecoslovacchia, il Partito comunista cecoslovacco, soprattutto in seguito al colpo di Stato del ’48, iniziò a giudicare il lavoro di Mucha come “decadente” e “borghese”, poiché non in linea con i canoni del realismo socialista che stava contemporaneamente affermandosi in Unione sovietica, sotto diretta promozione del Pcus. Tuttavia, dopo gli anni Duemila le tele dell’Epopea slava sono state riscoperte e sono divenute protagoniste di ben due mostre, tra cui una a Praga nel 2012 e un’altra permanente nel 2016, quando hanno trovato la loro definitiva collocazione nel castello di Moravský Krumlov.

La riscoperta dell’Epopea slava può creare oggi un’occasione per dar seguito al suo originario obiettivo: la fratellanza tra i popoli da lui immaginata è uno stimolo alla comprensione reciproca, nel rispetto delle tradizioni e delle origini di ciascuno.

La luce risplende negli animi di tutte le persone, con i suoi chiari ideali e i suoi brucianti avvisi…


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Diana Mihaylova
Diana Mihaylova

Bulgara di nascita, ma milanese d’adozione, è una mediatrice culturale, blogger e studiosa che si occupa di Russia, Bulgaria e più in generale dei Paesi Est europei. Dopo la laurea in Mediazione Linguistica e Culturale presso l’Università degli Studi di Milano e alcune esperienze di studio all’estero tra Mosca, San Pietroburgo e Plovdiv, ha scritto per Il Tascabile, Pangea News e MowMag. È ideatrice del canale Instagram @ilmaestroemargherita_ dedicato alla promozione della letteratura e della cultura russa, con l'intento di approfondire la "Cultura" in senso ampio, contro ogni forma di pregiudizio e cancel culture. Collabora inoltre con il canale Instagram @perestroika.it che si propone di presentare e promuovere il cinema russo in lingua italiana.