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Per parlare di calcio albanese abbiamo deciso di intervistare Andi Kasmi, fondatore e animatore del progetto Pjesa e Tretë (che suona più o meno come “Terzo tempo”), che conta più di 20mila follower su Facebook e quasi 10mila su Instagram (oltre a YouTube, X e TikTok). Sulle sue pagine Andi parla di calcio a 360 gradi con un focus sempre attento e mirato sul calcio albanese. Dopo averlo conosciuto di persona a Tirana, abbiamo pensato che fosse la persona giusta per aiutarci a capire meglio lo stato del pallone nel suo paese.
Andi Kasmi, per prima cosa parliamo del tuo progetto, come nasce e che cosa vuole fare nel panorama dell’informazione sportiva albanese?
Grazie per l’invito a questa conversazione. Mi fa molto piacere che venga da un progetto italiano, considerando che la lingua italiana e lo stile italiano di scrittura fanno parte del mio percorso formativo. Anche il progetto Pjesa e Tretë è nato durante il periodo in cui ero studente nel Bel paese. Era il 2013, studiavo a Milano, leggevo molta letteratura sportiva e, essendo fisicamente distante dall’Albania, ho deciso di scrivere da qualche parte per rimanere in contatto con gli amici, condividere la passione per il calcio, ma anche per mettere alla prova me stesso scrivendo il più possibile.
All’inizio, adattavo in lingua albanese materiali con curiosità sul calcio nel mondo; poi, crescendo gradualmente, ho iniziato i viaggi alla ricerca di albanesi che giocavano a calcio intorno a me; cercavo di seguire il più possibile i derby negli stadi e ho finito per scrivere anche la tesi di laurea sull’argomento.
Partizani contro Tirana fa parte di me in modo inscindibile.
Il progetto è cresciuto e ha assunto diverse forme nel corso del tempo. Oggi si contano documentari, reportage, interviste, conversazioni in formato podcast, commenti di partite e viaggi, sempre con l’obiettivo di seguire e scrivere del calcio albanese. È una passione personale e la considero come una sorta di giornalismo sportivo dove metto i soldi di tasca mia.
Parliamo di calcio albanese e soprattutto di calcio in Albania. A che punto siamo? Ovvero, la nazionale ha fatto passi da gigante, mentre i club ancora faticano ad affermarsi a livello europeo (partecipazioni alle fasi a gironi ecc). Puoi raccontare ai nostri lettori lo stato di salute del calcio in Albania?
Il calcio in Albania presenta delle infrastrutture migliorate rispetto a quando ero bambino. Gli stadi sono in fase di modernizzazione o vengono costruiti ex novo, e gli spazi risultano più gradevoli alla vista. La nazionale è un argomento che merita una discussione a parte, dato che si basa principalmente sui figli degli albanesi della diaspora, con pochissimo contributo dal prodotto locale.
I club incontrano difficoltà nell’avviare e nel seguire un progetto a lungo termine, e la gestione caotica delle operazioni non permette di dare continuità alle strategie vincenti. In questo modo, dopo lo Skënderbeu di Coriza, nessun altro club è riuscito a raggiungere più la fase a gironi di una competizione europea.
Oggi, l’economia dei club si fonda sulla vendita di calciatori molto giovani. Basta qualche mese di buon calcio e un giovane desidera trasferirsi in un campionato straniero. Le squadre non riescono a mantenere una formazione solida per un lungo periodo. Spesso, è vero che i giovani fanno un passo avanti in qualità, ma troppo in fretta, e dopo pochi mesi ritornano nel nostro campionato.
Se sul campo non arrivano grandi affermazioni, sugli spalti si vede invece un movimento in salute, che ben figura e che sta crescendo. Sei d’accordo con questa lettura?
Sono parzialmente d’accordo. Penso che il culmine degli stadi albanesi sia stato tra il 2009 e il 2016. Non tanto per la partecipazione, quanto per quello che hanno fatto vedere le tifoserie organizzate secondo lo stile ultras. Il derby acceso di Tirana rappresentava il modello che poi si estendeva anche nelle altre regioni dell’Albania. Un forte antagonismo negli spalti si percepiva negli scontri tra Lushnja e Apolonia; Scutari si impegnava di tanto in tanto; inoltre, per un certo periodo, anche con un buon sostegno, influenzato dai risultati, ci sono state realtà come Coriza e Kukës. Più semplici tifosi che gruppi ultras, ma comunque c’era interesse.
Una delle ferite attuali dell’Albania è lo spopolamento del paese. Molti giovani partono appena ne hanno l’occasione, e di conseguenza gli spalti si riempiono di poche persone.
Parliamo della diaspora. A tuo avviso il calcio, il tifo e l’appartenenza a una squadra sono stati negli ultimi anni un motore di identità della diaspora, o la nazionale rimane l’unico aspetto in grado di mobilitare le masse di albanesi lontani da casa?
La diaspora albanese si motiva molto solo quando gioca la nazionale di Albania e si manifesta con un forte afflusso di tifosi, considerando che vi sono anche albanesi provenienti dal Kosovo, dalla Macedonia del Nord e dal Montenegro. Le immagini spettacolari degli Europei 2016 o 2024 sono state il sogno di ogni tifoso albanese appassionato di calcio. Si desidera che la nazionale partecipi ai grandi tornei e che i tifosi, vestiti con i colori rosso e nero, siano il più numerosi possibile.
Per quanto riguarda i club, pochissimi tifosi si mobilitano per prendere un volo e tornare in Albania per assistere alle partite della squadra del cuore. Questo avviene solo in occasioni speciali, come quando si gioca un derby decisivo o quando in palio c’è un trofeo.
Ti chiederei una considerazione anche sul successo delle squadre albanesi fuori dall’Albania (Montenegro, Macedonia del Nord), che stanno andando piuttosto bene. Pensiamo al Dečić/Deçiqi, allo Shkëndija, allo Shkupi o allo Struga Trim-Lum.
In Albania siamo felici per ogni club che rappresenta gli albanesi e che gioca con dignità nel campionato di appartenenza. Ancora di più quando il successo si riflette anche nelle competizioni europee. Come nel caso dello Shkëndija di Tetovo, che si veste di rosso e nero e ha assicurato la qualificazione alla fase a gironi della Conference League dopo molte stagioni di impegno e investimenti significativi. Lo Shkëndija dispone anche di un tifo organizzato, gli ultras, che sono sicuro si presenteranno con dignità in Europa.
Deçiqi, Shkupi e Struga hanno vinto trofei e hanno partecipato alle qualificazioni dei tornei continentali, e auguro loro di continuare a fare bene e di portare gioia alla comunità che rappresentano. Non manchiamo di gioire anche per i club del campionato kosovaro, come il Drita, che questa stagione manterranno alto l’onore del calcio albanese giocando anch’essi in Conference League.
Infine ti chiedo di segnalarci alcuni nomi di giocatori albanesi da tenere sott’occhio nei prossimi tempi.
Mi concentro principalmente sul campionato locale, poiché è anche il torneo che seguo con maggiore attenzione. I giovani calciatori che mi sembrano pronti a fare bene e che potrebbero presto ottenere un contratto in una lega più forte sono Tedi Malaj (Partizani), Klevi Qefalija (Dinamo) e il portiere Aron Jukaj (Vllaznia). Il campionato albanese è appena iniziato e spero che questa mini lista possa diventare il più lunga possibile, affinché i tifosi albanesi possano godersi una competizione sportiva quanto più bella.
Autore dei libri “Questo è il mio posto” e “Curva Est” - di cui anima l’omonima pagina Facebook - (Urbone Publishing), "Predrag difende Sarajevo" (Garrincha edizioni) e "Balkan Football Club" (Bottega Errante Edizioni), e dei podcast “Lokomotiv” e “Conference Call”. Fra le sue collaborazioni passate e presenti SportPeople, L’Ultimo Uomo, QuattroTreTre e Linea Mediana. Da settembre 2019 a dicembre 2021 ha coordinato la redazione sportiva di East Journal.